domenica 20 ottobre 2013

Alexandr Sokurov


La voce solitaria dell'uomo (Odinokiy golos cheloveka) (1978, diffuso nel 1987)
The Degraded (Razzhalovannyy) (1980) cortometraggio
Mournful Unconcern (Skorbnoye beschuvstviye) (1983, diffuso nel 1987 per problemi di censura)
Impero (Ampir) (1987) cortometraggio
I giorni dell'eclisse (Dni zatmeniya) (1988)
Salva e custodisci (Spasi i sokhrani) (1989)
The Second Circle (Krug vtoroy) (1990)
The Stone (Kamen) (1992)
Whispering Pages (Tikhiye stranitsy) (1993)
Madre e figlio (Mat i syn) (1997)
Moloch (Molokh) (1999)
Taurus (Telets) (2000)
Arca russa (Russkiy kovcheg) (2002)
Padre e figlio (Otets i syn) (2003)
Il Sole (Solntse) (2005)
Alexandra (Aleksandra) (2007)
Faust (2011) - 4/5

Sokurov (1951), russo, laureato in storia e filosofia, si è in seguito diplomato alla scuola del cinema di Mosca. Ha realizzato alcuni documentari per la tv prima di dedicarsi al cinema. E' celebre per la sua quadrilogia sul potere e per il film in piano-sequenza Arca Russa. Attualmente si parla di un suo possibile adattamento per lo schermo della Commedia dantesca.

-Faust
Russia 2011 - epico/mitologico - 134min.

Il dottor Faust vuole di più: fama, potere, conoscenza, una giovane e bellissima donna. Mauritius può dargli ciò che desidera (almeno in parte).

Sokurov conclude la sua tetralogia sul potere con un personaggio letterario, a-storico: qui si parla insomma in termini meno specifici ma più generali di che cosa caratterizzi gli uomini di potere, o bramosi di potere. E' una specie di compendio delle bestialità umane che hanno portato alle nefandezze europee del novecento. pur essendo infatti non incentrato su un personaggio realmente esistito, è forse un po' meno universale come pubblico di riferimento; la mia sensazione è che sia quantomai diretto al pubblico europeo. Preso un personaggio chiave della cultura tedesca Sokurov lo spoglia della maggior parte dei contenuti letterari nelle loro varie versioni, e ne fa un protagonista mitico di un racconto di epica europea, levando il discorso religioso (lo stesso Mefistofele, pur essendo un essere soprannaturale e mostruoso, cambia nome in Mauritius); il setting mittleuropeo (girato in Repubblica Ceca con finale in Islanda) di stampo ottocentesco è in realtà un paesaggio astratto che simboleggia l'Europa in senso generale, infatti nessun riferimento geografico viene dato, e la panoramica a volo d'uccello su un paesaggio più fantastico che realistico ricorda le visioni dantesche, il film-tableau vivant I colori della passione di Lech Majewski e di conseguenza le pitture del fiammingo Pieter Bruegel.

Faust è uno scienziato che non si sa esattamente cosa faccia a parte dissezionare cadaveri; già nella prima scena se ne definisce la personalità, nel dialogo con il suo assistente cui dice di aver cercato l'aniam dell'uomo all'interno del corpo ma di aver trovato solo viscere - altro esempio di come questo raccconto non riguardi affatto il trascendente ma sia tutto focalizzato sull'immanenza delle passioni umane. Passioni che consumano l'uomo, sempre alla ricerca di un modo per soddisfarle (Faust ha sempre fame) e che portano inveitabilmente degli attriti tra le persone, le costringono in gabbie di desiderie volontà di potenza che li fa cozzare l'uno contro l'altro (Sokurov ha realizzato una pellicola assolutamente claustrofobica, girando in 4:3 immagini polverose e cupe in cui masse di uomini e donne affollano spazi ristretti e quasi si camminano l'uno sull'altro).
Come sempre accade per i film del regista russo, non va visto se non si è in vena.
Il finale è di una potenza espressiva e drammaturgica che ha pochi rivali: vale da solo la visione.

Voto: 4/5

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