tag:blogger.com,1999:blog-41688307690481417262023-11-15T18:41:32.750+01:00RDF: Recensioni Di FilmQuesto blog ospita recensioni di film di ogni genere ed epoca. Ogni regista ha una scheda dedicata, con l'indicazione della sua filmografia, seguita dalle recensioni dei singoli film.
I film qui recensiti sono solo una parte di tutti quelli che ho visto. In basso troverete gli indici di film e registi.
Per gli ultimi aggiornamenti consultate la sezione News nella colonna di destra. Le F.A.Q. sono poco più sotto.
Film recensiti: 900Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comBlogger435125tag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-65905898871806843322015-02-07T16:20:00.000+01:002015-02-07T16:20:14.962+01:00Piero Cannizzaro-Ossigeno (2012) - 2,5/5<br />
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Cannizzaro è un documentarista giramondo italiano.<br />
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-Ossigeno<br />
Italia 2012 - documentario - 57min.<br />
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Agrippino Costa (ladro d'arte, lavoratore occasionale, brigatista, galeotto, poeta, pittore) si racconta di fronte alla telecamera del regista.<br />Si tratta di un documentario in forma di intervista dalla forma estremamente semplice: lunghi piani sequenza occupati sempre dal primo o primissimo piano di Agrippino Costa che si rivolge al regista (e ogni tanto direttamente a noi, guardando in macchina) raccontandogli la sua vita. La qualità del video è infima e l'asse è sempre inclinata. Fra una sequenza e l'altra ci sono brevissime inquadrature di intermezzo di paesaggi indefinitivi con effetto blur e accenni musicali. La camera è a mano, e l'unico movimento che fa è a inquadrare un piede malconcio di Costa, mentre racconta di come l'ha quasi perso per amputazione a seguito di un ferimento durante un tentativo di evasione. Finito il film, dietro ai titoli di coda che scorrono si vedono immagini serene di Costa che passeggia e gioca con i famigliari in un parco.<br />Le scelte stilistiche ben si adattano ad un'intervista che non ha bisogno di abbellimenti tecnici: basta il racconto di Costa, la sua vita rocambolesca che evoca sensazioni provate durante la lettura di romanzi d'avventura. Pone vari interrogativi etici sull'uso della violenza in carcere, sul fascismo delle istituzioni, l'uso della tortura verso i prigionieri più o meno consentito dagli organi competenti, le contraddizioni delle lotte armate brigatiste che raccoglievano nelle loro fila criminali e sbandati, l'assoluta anarchia del personaggio di Costa, spinto, nemmeno lui sa dove, da un'ansia di vivere talmente intensamente da non anteporre la ragione all'atto, con la conseguenza che per gran parte della sua vita si è trovato chiuso in gabbia. Le contraddizioni del personaggio, a tratti detestabile a tratti affascinante, emergono dai suoi racconti: a volte sembra scarsamente consapevole della gravità dei crimini commessi, altre volte sembra avere una capacità di interpretazione del reale ed un'introspezione propria dei grandi artisti, e la sensibilità non violenta di un uomo finalmente redento dall'amore per una donna: nella moglie pare aver trovato quell'ossigeno del titolo, evocato in un bel racconto conclusivo.<br />Ossigeno è un documento interessante che si impone come attuale proprio in questo periodo di forte discussione attorno al problema atavico dell'indegna gestione delle carceri nel nostro paese: ci riguarda tutti.<br /><br />Voto: 2,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-36921322415656190242015-02-07T16:15:00.001+01:002015-02-07T16:15:30.870+01:00Mike Leonard-Dream Theater Live at Luna Park (2013) - 3/5<br />
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Mike Leonard è un regista di videoclip cui è stata affidata la regia del film-concerto dei Dream Theater nel 2013.<br />
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-Dream Theater Live at Luna Park<br />
USA 2013 - musicale - 160min.<br />
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Registrazione dei due concerti dei Dream Theater al Luna Park di Buenos Aires il 19 e 20 agosto 2012, nel corso del tour a supporto dell'album A Dramatic Turn of Events.<br />Per chi si occupa solitamente di recensire film, trovarsi a scrivere di quello che è in effetti un concerto pensato per essere distribuito in DVD e passato come evento speciale in alcune sale cinematografiche solo per un giorno risulta un po' ostico: come approcciare la recensione di un prodotto palesemente non pensato per il grande schermo (con conseguenze di sgranature dell'immagine, scarsa profondità e definizione dei neri, assenza di un progetto filmico compiuto, come nel caso dell'esperimento di Metallica Through The Never)? Cosa si può dire se non consigliare il concerto ai fan della band e limitarsi ad un commento puramente musicale?<br />Anche perchè, bisogna dire, questo film-concerto non ha una grande regia, almeno rispetto ad altri concerti famosi pubblicati in dvd (recentemente ad esempio mi è capitato di vedere Secret Worlds di Peter Gabriel, che a fronte di un minor numero di telecamere offriva uno spettacolo visivamente suggestivo grazie ad una regia perfetta...ed erano gli anni '90!). Non è il caso di Mike Leonard, che si limita a muovere i mezzi a disposizione secondo le più routinarie abitudini dei concerti live, persino con qualche discutibile scelta di montaggio (a volte la camera stacca da un musicista che sta facendo un assolo su altri particolari non interessanti in quel momento).<br />Insomma di fronte ad un lavoro medio dal punto di vista tecnico, è necessario che la qualità della performance musicale sia eccezionale per mantenere viva l'attenzione del pubblico: ebbene, i numerosi appalusi che in sala hanno scandito gli intermezzi tra un brano e l'altro dimostrano che la progressive metal band americano-canadese ha fatto centro in questo senso. Per chi non conosce il background della band (e io come sempre in questi casi evito di fare un riassuntino della storia del gruppo, che chiunque si può leggere in modo approfondito su Wikipedia) basti dire che il tour immortalato e l'album ad esso collegato sono stati un banco di prova importante per la band, orfana del loro batterista fondatore Mike Portnoy, sostituito dal drummer Mike Mangini a seguito di un ciclo di audizioni documentate con un film a puntate pubblicato sul canale Youtube del gruppo (operazione, a quanto mi risulta, mai accaduta nella storia). La perdita di Portnoy scatenò le reazioni più contrastanti tra i fan, indecisi tra il sollievo (di chi non sopportava la vena eccessivamente heavy del batterista, evidente negli ultimi lavori in studio del gruppo) e la paura (di chi non credeva che i Dream Theater avessero più senso di esistere senza uno dei loro membri storici).<br />Il risultato di questo rimpasto del team è invece stato sorprendente: A Dramatic Turn of Events è stato salutato come un ritorno al sound più melodico e spiccatamente prog della band, e Mangini è sembrato adattarsi talmente velocemente al resto dei DT da non far rimpiangere le qualità del Mike precedente. Forse è proprio Mangini la star del concerto: il suo breve ma del tutto folle assolo di batteria a circa metà scaletta (salutato dal pubblico in sala con un'ovazione) è il momento clou delle quasi tre ore di musica che la band ci spara nelle orecchie con un mix di potenza sonora, perfezione tecnica quasi fastidiosa nella sua infallibilità, ed ampia disponibilità a spaziare nel loro repertorio ormai quasi trentennale: da abili registi sonori, sanno esattamente come inanellare i loro brani uno dopo laltro in una successione equilibrata tra scariche heavy, intermezzi acustici, sinfonie progressive ed assoli virtuosistici. La tracklist spazia dal primo all'ultimo album, tralasciando qualche episodio recente (niente da Black Clouds & Silver Linings e Train of Thought, solo un recupero da Systematic Chaos), mentre ampio spazio si dà ovviamente a A Dramatic Turn of Events, suonato quasi nella sua interezza.<br />Il risultato è uno show musicalmente spettacolare con l'intera band in ottima forma, un gradito antipasto per il tour che inizierà l'anno prossimo in supporto all'ultimo album uscito questo settembre e che vedrà il gruppo esibirsi come sempre anche in Italia. Io il biglietto per la data milanese già ce l'ho!<br />I Dream Theater sono: James LaBrie (voce), John Petrucci (chitarra), John Miyung (basso), Jordan Rudess (tastiere) e Mike Mangini (batteria).<br />
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Voto: 3/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-1775221327638084212015-02-07T16:02:00.001+01:002015-02-07T16:03:19.383+01:00Jan Švankmajer-<a href="#Trick">The Last Trick</a> (1964) (corto) - 2,5/5<br />
-<a href="#Dimensioni">Dimensioni di dialogo</a> (Možnosti dialogu) (1982) - 4/5<br />
-<a href="#Down">Down to the Cellar</a> (Do pivnice) (1983) (corto) - 3/5 <br />
-<a href="#Qualcosa">Qualcosa di Alice</a> (<i>Neco z Alenky</i>) (1987) - 3,5/5<br />
-Faust (<i>Lekce Faust</i>) (1994)<br />
-I cospiratori del piacere (<i>Spiklenci slasti</i>) (1996)<br />
-Little Otik <i>(Otesánek) </i>(2000) <br />
-Lunacy (Šílení) (2005)<br />
-Surviving Life (Theory and Practice) [Prezít svuj zivot (teorie a praxe)] (2010)<br />
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Jan Švankmajer è uno dei più importanti sperimentatori nelc ampo del cinema d'animazione. Rifuggendo il disegno ed abbracciando la tradizione dell'animazione di marionette e burattini tipico della Repubblica Ceca, ha confezionato alcuni dei più mirabil iesempi di questo particolare tipo di cinema. Dopo aver studiato all'accademia di belle arti di Praga, esordisce nel 1964 con il corto The Last Trick. Prolifico autore di corti, ha realizzato anche 5 lungometraggi.<br />
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-<a name="Trick">The Last Trick</a><br />
Repubblica Ceca 1964 - animazione/comico - 11min.<br />
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Uno spettacolo di magia, due prestigiatori che si esibiscono a turno davanti ad un pubblico invisibile, fino alla rissosa gag finale. Tutti gli stilemi del regista sono già presenti: assenza di commento musicale, suono ambiguamente intra ed extradiegetico, aniamzione a passo uno e non, atmosfere oniriche e elggermente inquietanti. Surreale e coraggioso nel perseguire una strada ben diversa rispetto all'animazioen in disegno animato.<br />
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Voto: 2,5/5<br />
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-<a name="Dimensioni">Dimensioni di dialogo</a><br />
Repubblica ceca 1982 - animazione/sperimentale - 11min.<br />
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Forse il suo capolavoro. Un trittico permeato di pessimismo nei cofronti dell'umanità; tre dialoghi impossibili, ridotti a lotta bestiale e cannibalica tra simulacri di volti. Nel prim osegmento, profili umanoidi (omaggio alla maschera di Arcimboldo) si sbranano a vicenda fino alla creazione del consenso uniforme, ovvero del vuoto di pensiero. Nel secondo, tutto in plastilina, un uomo ed una donna si amano e si odiano fino a consumarsi. Nel terzo ed ultimo due individui dialogano prima in maneira conciliante, poi sempre più caotica e distruttiva: ne usciranno annientati.<br />
Tecnica del passo uno ai massimi livelli, colonna sonora ossessiva e disturbante, sconcertante oscillazione tra disperazione da incubo e ironia grottesca.<br />
Capolavoro dell'animazione.<br />
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Voto: 4/5<br />
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-<a name="Down">Down to the Cellar</a><br />
Repubblica Ceca 1983 - animazione/fiabesco - 15min.<br />
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Un anticpio di ciò che sarà il film su Alice: una ragazzina deve scendere in cantina a prendere delle patate: sarà una discesa nel delirio, nel profondo dell'inconscio. Il passo uno ed altri trucchi squisitamente analogici da cinema delle origini concorrono a rendere impalpabile l'attraversamento del confine tra realtà e sogno. manca il guizzo brillante, ma le atmosfere tipiche dell'autore permangono. Il misto di animazione e live action è anch'esso un anticipo di quanto si vedrà nei suoi lungometraggi.<br />
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Voto: 3/5<br />
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-<a name="Qualcosa">Qualcosa di Alice</a><br />
Repubblica Ceca 1987 - fantastico - 93min.<br />
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Ovvero Crrol secondo Jan Švankmajer; rifiutando la versione fiabesca di Disney, il regista ambisce a restituire quella che secondo lui è l'intenzione originale dello scrittore, ovvero la messinscena di un sogno: onirismo e psicanalisi invece di una rassicurante fairy tale. Girato interamente in studio, con un mix irresistibile di stop motion, live action e pixillation, è l'opera summa di un autore che non ha mai smesso di sperimentare. La cadenza lenta dettata dal discorso indiretto riportato da Alice, che rompe il flusso della narrazione, getta ulteriore ambiguità sulla natura del profilmico: stiamo assistendo al sogno di Alice o ad una fantasia consapevole che ci narra in prima persona? Impossibile sciogliere il mistero, necessario abbandonarvisi per entrare nella dimensione di sospensione voluta dall'autore, in cui ogni riferimento spazio-temporale viene meno e ciò che conta è solo il presente della visione, con le inquietudini e le meraviglie che la rustica messinscena propone.<br />
Imperdibile.<br />
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Voto: 3,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-20510227988676365182014-09-01T17:35:00.000+02:002014-09-01T17:35:09.690+02:00Nimród AntalBohóclövészet (1994)<br />Biztosítás (1998)<br />Kontroll (2003)<br />Vacancy (2007)<br />Blindato (Armored) (2009)<br />Predators (2010)<br />Metallica 3D Through the Never (2013) - 3,5/5<br />
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Antal (1973), americano di origine ungherese, ha lavorato per un po' in Ungheria prima di stabilirsi a Los Angeles.<br />
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-Metallica 3D Through the Never<br />
USA 2013 - musicale/docufiction - 92min.<br />
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Durante un concerto dei Metallica, Trip (<b>Dave Dehaan</b>), membro tuttofare della troupe, viene inviato a recuperare una misteriosa borsa indispensabile per il concerto. Mentre nell'arena i quattro di Frisco scatenano il pubblico a colpi di sciabolate heavy metal, il ragazzo si aggira sbalordito in una metropoli notturna e deserta in cui sembra avvenire una specie di apocalisse.<br />I Metallica non hanno bisogno di presentazioni; per chi sta leggendo queste righe sicuramente riepilogare la storia della band sarebbe infatti superfluo. Ai curiosi capitati qui per caso basti invece sapere che sono la più importante band heavy metal americana. L'idea di questo film-concerto è di combinare la consueta energia che il gruppo esibisce nei numerosissimi concerti ed elevarla con il supporto tecnico di un palco fantasmagorico progettato da Mark Fisher (1947-2013, a lui è dedicato il film) - che ha progettato i palchi dei più imponenti concerti rock della storia, dal tour di The Wall dei Pink Floyd al 360° Tour degli U2 - ripreso da 24 telecamere IMAX 3D. A far da contrappunto alla spettacolare esibizione della band Antal ha imbastito una frammentaria narrazione sul personaggio di Trip che si aggira nella città prossima alla distruzione, con un gioco di rimandi per cui ciò che accade dentro l'arena influenza l'esterno e viceversa.<br />
<br />Dico subito che chi si aspetta una narrazione compiuta dalla storia di Trip ha sbagliato film: nella miglior tradizione dei nomi parlanti la vicenda del ragazzo è un viaggio interiore nelle emozioni e nel mondo iconico delle canzoni dei Metallica, cui si rimanda con un montaggio analogico che tiene conto dei testi per elaborare le immagini. Il viaggio di Trip è un viaggio "Through The Never", in una Never-Land oscura e violenta in cui ognuno di noi può trovarsi a vivere in qualche momento della propria vita, e di cui la musica dei Metallica costituisce una valvola di sfogo, un'esperienza catartica nella miglior tradizione delle espressioni artistiche di stampo teatrale: nella folla che si dimena al pulsare del basso elettrico e della batteria martellante si riconosce l'orgia dionisiaco-cannibalesca dei rituali greci, la caduta in trance delle ancestrali civiltà africane, la necessità di esorcizzare le paure ataviche dell'uomo di morte e solitudine nella partecipazione ad un forsennato rituale collettivo.<br />Non voglio rivelare troppo della scaletta, che comunque si può trovare comodamente in Rete per chi volesse pregustarsela: ovviamente durando il film 92 minuti non c'è tempo per una regolare setlist di un concerto da due ore; la scelta è ricaduta su pezzi celebri, ma che spaziano comunque dal primo all'ultimo album (esclusi Load e St. Anger); è una scaletta eccellente anche se forse per l'occasione si sarebbe potuto pensare di ripescare qualche brano meno noto o poco suonato dal vivo rispolverandolo (personalmente adoro The Outlaw Torn dall'album Load, ad esempio, e sono convinto che sarebbe stato assai azzeccato in un progetto di questo tipo). Per quanto riguarda il fronte della recitazione, a parte il ruolo di Dave Dehaan che è muto per tutto il film e non è che lasci molto spazio per il personaggio, fa piacere vedere le doti "attoriali" dei membri della band (anche qui non voglio svelare troppo ma diciamo che oltre a suonare i Metallica hanno anche dovuto in una certa misura "interpretare" un ruolo).<br />Il consiglio di visione, oltre a tutti i fan della band o del genere musicale, dev'essere esteso anche a chi piace vedere sperimentazioni e contaminazioni sullo schermo: oltre al film-concerto, ci sono parentesi horror, escursioni surreali ed un impianto narrativo che mischia realtà ad immaginazione come fosse un mockumentary. Il risultato è molto originale e davvero meritevole di visione per gli appassionati di linguaggio filmico. Sebbene altri cineasti si siano cimentati nella ripresa di concerti o documentari musicali (come <b>Martin Scorsese</b> in <b>Shine a Light</b> e<b> L'ultimo valzer</b>, <b>Joe Berlinger </b>e <b>Bruce Sinofsky </b>con<b> Some Kind of Monster </b>sugli stessi Metallica, <b>Phil Joanu</b> con <b>U2: Rattle and Hum </b>o il nostrano<b> Luigi Faccini </b>con <b>Banco Live 1981</b>) Antal è forse il primo che tenta una fusione così ardita tra narrazione e musica. Un esperimento che merita attenzione, da vedere alle massime condizioni possibili (IMAX e 3D).<br />Alla fine vi fischieranno le orecchie.<br />
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Voto: 3,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-23192104205744462732014-08-27T11:50:00.000+02:002014-08-27T11:50:38.426+02:00Nomad [aka: The Warrior]regia di Sergej Vladimirovič Bodrov & Ivan Passer - Kazakhstan/Russia 2005 - storico/epico - 112min.<br />
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drammatizzazione della vita di Ablai Khan (Kuno Becker), eroe nazionale kazako che contribuì all'unificazione del paese e alla resistenza contro l'invasione degli zungari (tribù mongola) nel XVIII secolo.<br />
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Ora anche il Kazakhstan ha la sua epica storica trasposta in pellicola, dopo le recenti incursioni storiche di John Woo e Zhang Yimou o i passati capolavori in costume di Akira Kurosawa, per restare in ambito asiatico. A noi europei mediterranei spesso i paesi dell'Asia centrale paiono distanti e senza storia: ci ricordiamo l'avanzata di Alessandro Magno, l'impero di Gengis Kahn (sì, ma in che secolo precisamente? e quali erano i suoi confini? Io per primo non saprei rispondere con esattezza), il viaggio di Marco Polo, poi il vuoto assoluto per qualche secolo, l'inglobamento nell'URSS e l'indipendenza dei vari stati che finiscono in "stan" nei primi anni '90. Insomma ci sono probabilmente più note storia e cultura dell'estremo oriente (Cina e Giappone) che quelle di Uzbekistan, Tajikistan o, in questo caso, Kazakhstan (o Kazakistan). Per capire la situazione di partenza del film nei primi del '700 basti sapere che nei secoli la disgregazione dell'impero mongolo portò prima alla nascita del Khanato Kazako - ma dopo qualche secolo si verificò sostanzialmente un vuoto di potere nella grande area del Kazakhstan, all'epoca abitato da varie tribù non coese - e che il territorio era ambito da più parti, russi ad ovest (che ne avevano ben donde: frequenti erano infatti le razzie delle tribù kazake nei territori russi confinanti) e tribù mongole ad est, in particolare l'impero nomade degli zungari.<br />
Il film è stato girato in due versioni, una in lingua kazaka e una (qui recensita) in lingua inglese, con regie diverse. La versione anglofona, candidata all'Oscar per Miglior Film Straniero nel 2007, è diretta da Sergej Vladimirovič Bodrov (regista e sceneggiatore già alla prova con Mongol, biopic proprio su Gengis Khan con Tadanobu Asano) e Ivan Passer, regista e sceneggiatore (ha scritto dei film per Milos Forman, che figura qui come produttore esecutivo). Non è difficile rintracciare rimandi ai kolossal americani più recenti: Il Signore Degli Anelli (per i paesaggi mozzafiato e la figura del mentore saggio che richiama Gandalf), Troy e Le Crociate (per l'ambientazione orientaleggiante e l'epica dell'assedio), Il gladiatore (per i combattimenti nellì'arena) e gli altri maestri asiatici citati a inizio recensione. Ma ci sono anche richiami di altro tipo, ad esempio in qualche momento mi ha richiamato alla mente Michele Strogoff o addirittura episodi biblici come la strage degli innocenti nei racconti evangelici. Insomma si tratta di uno zibaldone avvneturoso in cui, fra qualche stereotipo e un piacevole reparto scenografico-costumistico, ci si può fare un minimo di cultura storica ed al contempo godersi un buon prodotto d'intrattenimento. Ciò per cui in particolare raccomando di vedere il film sono i paesaggi, forse i veri protagonisti: lande pianeggianti deserte, laghi cristallini, monti ascetici, conferiscono un'aura sacra ai territori filmati, una bellezza naturale raramente apparsa sullo schermo, un paesaggio spoglio, mistico, mentale seppur molto fisico, mitico. una landa senza punti di riferimento, abitata da tribù nomadi e quindi priva di città vere e proprie (eccettuata la fangosa cittadina di Turkistan, protagonista di una lunga scena d'assedio); proprio il movimento è la caratteristica principale del film: tutti si muovono a cavallo, coprono distanze incalcolabili, le tende dei generali e dei capi tribù sono mobili e trainate da cavalli o schiavi, la regia filma spesso campi lunghi con figure umane che percorrono l'orizzonte: c'è insomma una tensione all'atto, una brama di azione che si sfoga nelle battaglie e nel sangue (la violenza grafica è in realtà abbastanza contenuta se si considera che si parla di guerra).<br />
Consigliato a chi preferisce i racconti per immagini più che per parole. Agli altri invece potrebbero non andar giù i dialoghi monotoni, il plot che procede per luoghi comuni del genere, le musiche enfatiche. Anche la mancanza di un budget non proprio adeguato si sente a tratti, specie nei limiti che il film stesso si pone.<br />
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Voto: 3/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-70245066067166768132014-08-22T16:36:00.002+02:002014-08-22T16:39:23.343+02:00Adam WingardHome Sick (2007)<br />
Pop Skull (2007)<br />
A Horrible Way to Die (2010)<br />
What Fun We Were Having (2011)<br />
V/H/S (2012) episodio Tape 56 - <a href="http://recensionidifilm.blogspot.it/2012/12/vhs.html">leggi qui la recensione</a><br />
V/H/S/2 (2013) segmento Phase I Clinical Trials<br />
You're Next (2013) - 2,5/5<br />
The Guest (2014)<br />
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Wingard (1982) è un regista americano specializzato in horror.<br />
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-You're Next<br />
USA 2013 - horror/thriller - 94min.<br />
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Una famiglia si riunisce per festeggiare l'anniversario di nozze dei genitori: oltre a mamma e papà ci sono i numerosi figli/e con rispettivi/e consorti. I figli non vanno molto d'accordo tra loro e vivono ognuno la propria vita: questa dovrebbe essere l'occasione giusta per rinsaldare i legami famigliari. La famiglia si riunisce in una grande magione di campagna appena acquistata dai genitori. Mentre i rapporti reciproci non impiegano molto a farsi di nuovo tesi come un tempo, la prima cena in famiglia viene interrotta dall'assalto di alcuni misteriosi killer mascherati che sembrano intenzionati a massacrare l'intero nucleo famigliare.<br />
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Arriva l'ennesimo home invasion, firmato da Adam Wingard, che aveva diretto uno degli episodi dell'orribile V/H/S. In questo film Wingard sfoggia una solida competenza registica, azzeccando i tempi della suspence e scegliendo con accortezza cosa inquadrare: dettagli in apparenza di poco conto, indugi inquietanti su stanze vuote quando i personaggi escono dall'inquadratura, oltre al tipico repertorio di particolari splatter. Anche la sceneggiatura se la cava con dignità, almeno nella prima parte di introduzione dei personaggi, che sembra preludere ad un approfondimento psicologico inusuale per questo tipo di produzioni. Aspettativa delusa una volta entrati nel vivo dell'azione, che non lesina comuni sviluppi narrativi (il gruppo si sfalda per esili ragioni, la gente inizia ad andarsene in giro da sola come se in casa non ci fossero assasini spietati armati di tutto punto eccetera). Non manca comunque qualche colpo di scena riuscito, sebbene i più smaliziati potrebbero riuscire a prevederli da qualche piccolo indizio quà e là.<br />
Uno dei problemi principali del film è che non suscita molta inquietudine. Le prime fasi di attacco dei killer sono efficaci e di indubbio stampo horror; da metà film in poi, però, quando la ragazza di uno dei fratelli si scopre essere una specie di Lara Croft, il film prende una deriva quasi action che fa scemare la tensione accumulata e si trasforma un kammerspiel d'azione violenta, con tanto di trovate gore che strizzano l'occhio alle semiserie produzioni di Sam Raimi o Wes Craven e strappano qualche sorriso compiaciuto. Certo non è facile essere originali in un filone del thriller/horror che ha radici molto ben radicate nella storia del cinema (a partire da film seminali quali il capolavoro di Charles Laughton, La morte corre sul fiume, o ancora prima L'ombra del dubbio di Alfred Hitchcock), però si sarebbe potuta trovare una ragione meno banale per giustificare la carneficina di quella, piuttosto scontata, che viene rivelata verso il finale del film.<br />
A livello tecnico invece You're Next fa bella figura, sia grazie alla fotografia ben definita (è girato con telecamere Red) che permette un'ottima resa anche negli esterni bui, sia grazie ad montaggio accorto che spesso lavora per contrasto tra immagini e colonna sonora (Riz Ortolani docet).<br />
Si tratta di un horror senza infamia e senza lode, un prodotto medio che crea aspettative nella prima parte per poi non soddisfarle appieno nella seconda.<br />
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Voto: 2,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-30654556486384213242014-08-21T12:18:00.001+02:002014-08-21T12:18:44.074+02:00Alberto Antonio DandoloStrade di casa (2009)<br />
The Cuban Wives (2012) - 2,5/5<br />
Aeterna (2012) episodio Benedictus<br />
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Dandolo è un documentarista italiano, laureatosi in cinema all'università Roma Tre.<br />
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-The Cuban Wives<br />
Italia 2012 - documentario - 55min.<br />
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Il documentario espone un problema giudiziario poco conosciuto in Europa, motivo di attrito tra Cuba e Stati Uniti: nel 1998 cinque agenti segreti cubani operanti a Miami sotto falsa identità col compito di infiltrarsi in organizzazioni paramilitari anti-cubane, furono arrestati con vari capi di imputazione di matrice cospiratoria, e condannati a pene che oscillano tra i 77 anni di detenzione e l'ergastolo. Una commissione delle Nazioni Unite ha dichiarato che i cinque hanno subito un processo iniquo. Il regista ha intervistato i famigliari di alcuni di essi, in particolare due mogli che non hanno mai ottenuto il visto da parte degli USA per poter andare a trovare i propri cari reclusi.<br /><br />
Il documentarista Alberto Antonio Dandolo realizza un film antropocentrico nella migliore tradizione Herzog-iana. Lasciando parlare i protagonisti senza usare un commento proprio, la tesi del film è chiara: i 5 sono stati condannati ingiustamente. La pellicola vuole illustrare il problema agli spettatori ed invogliarli a prendere posizione in merito: tramite il sito Internet del film è infatti possibile firmare una petizione da inviare al presidente Obama ed intraprendere altre attività di supporto alla causa delle mogli cubane. Il regista filma i famigliari dei carcerati nelle loro abitazioni, li ritrae impegnati nelle faccende casalinghe e quotidiane, si concede qualche panoramica de L'Avana, si sofferma su dettagli umani (mani, volti) e sul contesto urbano in situazioni diurne e notturne; il risultato è di far sembrare Cuba un'isola idilliaca, una sorta di paradiso perduto per i cinque detenuti, che possono conservare solo nel ricordo i volti ed i luoghi cari (solo a tre di essi è concessa, una volta l'anno, la visita dei famigliari). Il regista mostra anche le attività di comunicazione e solidarietà cui le mogli partecipano, con l'appoggio dei media e della popolazione, nonchè dei cubani espatriati residenti nell'area urbana di Miami.<br />Oltre ai famigliari, il regista intervista alcune personalità che forniscono punti di vista diversi sul caso giudiziario (tutti concordanti sull'ingiustizia del medesimo): Josè Pertierra (rappresentante del governo venezuelano), Ricardo Alacron (presidente dell'assemblea nazionale del Potere Popolare di Cuba), Gloria La Riva (direttrice della commissione delle Nazioni Unite "Free the Cuban Five"), Frei Betto (scrittore, teologo e politologo cubano), Wayne Smith (secondo comandante in capo della U.S. Interests Section a L'Avana tra il '79 e l'82). Queste interviste sono tutte a camera fissa con sfondo nero, opposte al caleidoscopio di colori cui la fotografia ad alto contrasto ricorre bombardando lo spettatore durante le riprese della città.<br />Il documentario, dagli intenti nobili, ha però un grave difetto: la carenza informativa. Tradotto: lo spettatore che guarda il film non conoscendo il caso ed aspettandsi giustamente che il film colmi la sua lacuna, ne rimarrà in parte deluso; la pellicola dà per scontata la conoscenza pregressa della materia giuridica, cui accenna solo per sommi capi e comunque in un modo approssimativo che rende impossibile farsi un'idea propria se non si conosce già il caso. In questo modo il documentario rende impossibile l'empatia totale con le donne protagoniste: semplicemente non si hanno abbastanza informazioni per poter giudicare autonomamente, cosicchè lo spettatore debba in sostanza "fidarsi" di quanto sente, e quanto sente è solo una campana: nessun rappresentante giuridico degli Stati Uniti viene interpellato, nessun parere opposto viene messo in campo. Non è questione di "fair play": il regista avrebbe potuto intervistare l'altra parte in tono polemico, magari sottolineandone le eventuali contraddizioni; invece non prende nemmeno in considerazione l'idea, preferendo "sprecare" parte del poco tempo a disposizione (il film dura meno di un'ora) a riprendere gente che canta e balla per la strada, attività quotidiane che avvengono nella capitale, insomma ritrarre la "cuban way of life" che sinceramente non è di alcun interesse data la materia trattata.<br />Anche in questo caso il sito ufficiale del film (http://www.thecubanwives.com) diventa una tappa obbligatoria per lo spettatore che voglia conoscere maggiori dettagli sulla vicenda; il punto è: quanta percentuale spettatoriale avrà tempo e voglia di farlo? Non sarebbe stato meglio occuparsene nel film?<br />The Cuban Wives è un tentativo sincero e lodevole di fare informazione su un caso pressochè snobbato dai media generalisti, peccato però che il suo contenuto informativo sia piuttosto carente.<br /><br />
Voto: 2,5/5 Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-21122140527897442842014-08-21T12:02:00.001+02:002014-08-21T12:02:34.435+02:00Luchino ViscontiOssessione (1943)<br />
La terra trema (1948)<br />
Bellissima (1951)<br />
Siamo donne (1953)<br />
Senso (1954)<br />
Le notti bianche (1957)<br />
Rocco e i suoi fratelli (1960)<br />
Boccaccio '70 (1962) - episodio Il lavoro<br />
Il Gattopardo (1963)<br />
Vaghe stelle dell'Orsa (1965)<br />
Le streghe (1967) - episodio La strega bruciata viva<br />
Lo straniero (1967)<br />
La caduta degli Dei (1969)<br />
Morte a Venezia (1971)<br />
Ludwig (1972)<br />
Gruppo di famiglia in un interno (1974) - 4/5<br />
L'innocente (1976)<br />
<br />
Visconti (1906-1976) è stato uno dei più importanti registi italiani. Al suo film Ossessione si deve la nascita del neorealismo. Noto per i suoi film di ricostruzione storica, con grandiose scene di massa e fastose messinscene, ha realizzato anche capolavori più intimi come Gruppo di famiglia in un interno. Uomo ricchissimo e coltissimo, si circondava di collaboratori abituali (De Santis alla fotografia, Mannimo alla direzione musciale) ed ebbe alcuni attori feticcio, primo fra tutti l'amante Helmut Berger.<br />
<br />
-Gruppo di famiglia in un interno.<br />
Italia 1974 - drammatico - 125min.<br />
<br />
(questa recensione è più che altro un'analisi musicale, data la sua natura di lavoro universitario)<br />
<br />
<style type="text/css">P { margin-bottom: 0.21cm; }</style>Un anziano professore di scienze americano ma di madre italiana, passa la sua vecchiaia in solitudine nel suo palazzo romano circondato da libri e quadri antichi, sprezzante nei confronti del mondo moderno; finchè una famiglia di nobiltà decadente riesce a strappargli l'affitto dell'appartamento di sopra, che lui voleva adibire a magazzino o biblioteca. Così il professore si troverà suo malgrado invischiato negli affari di questa disastrata famiglia, composta dalla marchesa Brumonti, il suo giovane amante Konrad, sua figlia Lietta ed il fidanzato di lei, Stefano (gli ultimi tre costituiscono un menage a trois all'insaputa della marchesa). Il marito della marchesa invece non compare mai, ma nel finale si scopre che ha tentato un golpe fascista non riuscito, poiché è stato venduto proprio da Konrad che si scopre essere una spia. Il giorno seguente a questa rivelazione Konrad viene trovato morto, non si sa se per un incidente domestico o per un assassinio. La famiglia lascia il palazzo ed il professore torna alla sua solitudine, ormai prossimo al trapasso. <br />
<br /><br />Le musiche sono di Franco Mannino, che si serve di musiche di Mozart, in particolare l'aria “Vorrei spiegarVi, oh Dio” e frammenti della Sinfonia Concertante K 364. <br /><br />Il film si apre con un forte rumore di esplosione su schermo nero; subito dopo iniziano i titoli di testa accompagnati Dall'adagio del concerto per violoncello, dalla sinfonia concertante K 364 di Mozart; si tratta di un malinconico brano per violino, violoncello e orchestra, in cui quest'ultima accompagna gli assoli degli archi. L'immagine resta fissa per molto tempo sul nastro di elettrocardiogramma, di cui alla fine scopriremo l'importanza. <br /><br />Nei minuti successivi a parte i dialoghi predomina il riecheggiare dei passi nelle grandi stanze del palazzo; i passi hanno una valenza importante nel film: oltre a simboleggiare la solitudine del vecchio indicheranno l'approssimarsi della sua morte nel finale. <br /><br />A 9.10 inizia Risveglio sentimentale, un brano lento e romantico per violino (altrove sarà riproposto per pianoforte; fa un po' da leitmotiv del film), corrispondente al primo ingresso degli “intrusi” nella vita del professore, che finirà inevitabilmente per essere legato a loro. Dopo qualche istante di silenzio viene ripreso a 12.00 in corrispondenza dell'ingresso in campo di Konrad. <br /><br />A 17.03 si sentono dei forti colpi diegetici (anche se fuori campo) provenienti dal piano superiore, causati dai lavori in corso; potrebbero richiamare il colpo iniziale, ma si scoprirà dopo che quello è il botto dell'esplosione finale. <br /><br />A 17.39 inizia Rimpianti, un pezzo d'archi che inizia con un pizzicato e poi si apre in una melodia romantica; il brano si interrompe in corrispondenza del gesto del vecchio che passa una mano sulla parete. Dopo una pausa Viene ripreso a 20.08, durante il confronto verbale tra il vecchio e Konrad. <br /><br />A 24.31 inizia l'aria Vorrei spiegarvi, oh Dio!, composta da Mozart nel 1783; è una musica diegetica (Konrad fa partire il vinile). Si tratta di una cosiddetta “aria di baule” cioè quelle arie composte posteriormente per essere inserite in un'opera antecedente; in questo caso trattasi di un pezzo scritto per essere inserito nell'opera Il curioso indiscreto (1777) di Pasquale Anfossi, basata sul Don Quixote. L'aria è inserita alla fine dell'Atto I, scena 6, ed è la confessione di un amore impossibile: Clorinda, sposata ad un marchese, confessa il proprio amore ad un conte, anch'egli sposato. Perciò pur esternando i propri sentimenti gli intima di andarsene e di troncare la loro frequentazione. Il testo incarna il misto di attrazione e repulsione che legherà il vecchio alla famiglia nel corso del film. E' infatti il primo momento in cui il vecchio inizia ad essere affascinato da Konrad e la sua passione per l'arte. <br /><br />A 30.14 c'è una breve ripresa di Risveglio sentimentale, suonato col piano, mentre la marchesa confessa che Konrad sia il suo amante; poi viene ripreso ancora, con i violini, a 31.04, durante un dialogo tra Lietta e la madre. Riparte poi a 34.45 mentre il vecchio e Konrad gli fa vedere la foto del quadro di cui avevano parlato: trasmette nuovamente il suo fascino. <br /><br />A 38.46 il professore è infastidito dal campanello che suona con insistenza. Durante la scena c'è anche una battuta importante dell'inserviente/cuoca che dice che il professore non sopporta i rumori, nemmeno sentirla camminare per casa; altro indizio sull'importanza del rumore dei passi. <br /><br />A 40.31 c'è di nuovo la ripresa di Risveglio sentimentale, dopo che il professore vede il rapporto tormentato tra la marchesa e Konrad. Subito dopo torna in cucina dove ci sono gli altri membri della famiglia e si instaura una sorta di quadretto famigliare attorno al tavolo. Poi c'è una pausa e poi riprende a 43.10 con un cambio di scena che porta ad un'altra tavola, imbandita per la cena. Però stavolta il professore finirà per mangiare da solo perchè non arriva nessuno. <br /><br />A 46.00 circa inizia un altro rumore molesto, cioè il pappagallo che non si capisce cosa dica. <br /><br />A 49.00 il professore sente dei passi nell'appartamento di sopra: ora sono dei criminali, più tardi sarà la morte. <br /><br />A 52.24 inizia Vibrazioni, una leggera variazione sul tema principale di cui ogni tanto riprende la melodia; è un altro pezzo per archi che accompagna il dialogo tra il professore e Konrad dopo che è stato pestato, e che non vuole che si chiami la polizia. Dopo un'interruzione in cui il professore esce dalla stanza, riprende quando i due riprendono a parlare. <br /><br />Nei minuti successivi ci sono nuovamente rumori fastidiosi: il pappagallo, il telefono, il campanello, voci rumorose dai piani superiori, che sembrano assediare il professore, che li ascolta chiuso in una stanza in penombra. Queste voci si fondono con quelle della scena successiva, un flashback del prof che si ricorda l'incontro con la madre. <br /><br />A 1.01.23 inizia una musica di accompagnamento della scena del flashback, una melodia nostalgica per archi che sembra rimpiangere il momento passato. <br /><br />A 1.03.07 c'è una brevissima ripresa del tema principale suonato col piano mentre il professore porta la colazione a Konrad. A 1.06.47 viene invece suonato dagli archi durante un dialogo tra il professore e Konrad che parla del suo passato idealista che ora ha abbandonato. Konrad gli dice che sentiva il professore camminare nell'altra stanza. <br /><br />A 1.07.58 inizia Abbandoni, una tetra melodia per archi che commenta una scena in cui il professore a letto ricorda/sogna la moglie (da cui ha divorziato), in due immagini contrapposte (felice in abito da sposa e piangente ai bordi del letto). La musica pian piano fa fade out mentre è transizionata da una musica diegetica che proviene dall'altra stanza. <br /><br />A 1.09.10 inizia a sentirsi la musica in questione, Testarda Io, brano pop di Iva Zanicchi, che accompagna l'orgia tra Konrad, Lietta e Stefano. Prima di andare a vedere di che si tratta il professore spegne il giradischi, dal che scopriamo che anche la musica precedente era diegetica. Il testo parla dell'amore della donna per un uomo anche se la loro storia è finita e del dolore e rabbia che questo sentimento le causa. Insomma un testo sui casini sentimentali che ben si sposa con le immagini. <br /><br />A 1.16.19 c'è una ripresa brevissima del tema principale suonato stavolta da un oboe, che chiude la scena sovramenzionata. <br /><br />A 1.23.49 inizia Desiderare, canzone pop di Caterina Caselli, una musica diegetica sentita dal professore proveniente dal piano superiore. Il testo parla di una donna che soffre di solitudine e desidera avere una persona vicina; il testo si sposa bene con la condizione del professore. Può considerarsi un indizio fisiognomico. <br /><br />A 1.38.52 durante il monologo di Konrad (descrive il senso di euforia provato la prima volta che entrava nel letto di una nobildonna) c'è un ripresa del tema principale, suonato col piano. <br /><br />A 1.43.17 il tema viene ripreso dagli archi, all'uscita di Konrad. In quest'occasione il professore prende la parola e racconta la storia (letta in un libro) della morte che passeggia nell'appartamento di sopra. <br /><br />A 1.48.10 si sente l'esplosione di inizio film; il professore avverte che viene da sopra: trova Konrad morto (ucciso?). Il tema principale entra a 1.48.50 mentre il corpo esanime di Konrad viene adagiato sul divano e il professore si dispera. Continua anche nella scena seguente, l'ultima, dove si riprende il nastro dell'elettrocardiogramma iniziale, e si scopre che appartiene al professore, sentitosi male dopo l'incidente e ora costretto a letto. La famiglia si accomiata da lui che, ormai solo, sente i passi dal piano di sopra: la morte sta venendo a prenderlo. Sul suo fermo immagine finisce il film. <br /><br />A 1.52.58, con l'inizio dei titoli di coda, inizia un altro frammento musicale Dall'adagio del concerto per violoncello, in tonalità più grave rispetto a quello di apertura. <br /><br /><br />Voto: 4/5 <br /> Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-60756412668978645322014-08-21T11:36:00.000+02:002014-08-21T11:36:55.352+02:00Jacques DemyLola - Donna di vita (1961)<br />
La baie des anges (1962)<br />
Les Parapluies de Cherbourg (1964) - 3,5/5<br />
Josephine (1967)<br />
L'amante perduta (Model Shop) (1969)<br />
La favolosa storia di Pelle d'Asino (1970)<br />
Niente di grave, suo marito è incinto (1973)<br />
Lady Oscar (1979)<br />
<br />
Demy (1931-1990) è un soventemente dimenticato genio del cinema francese. Marito di Agnès Varda, condivise con gli altri autori della nouvelle vague l'entusiasmo per un modo nuovo di fare cinema. Nel suo caso specifico, si tratta di un cinema di apparente levità, sovente mischiato al musical o alla fiaba, ma non per questo poco profondo o interessante. Il suo capolavoro è Les Parapluies de Cherbourg.<br />
<br />
-Les Parapluies de Cherbourg<br />
Francia 1964 - musical/sentimentale - 91min.<br />
<br />
(questa recensione è più che altro un'analisi musicale, data la sua natura di lavoro universitario)<br />
<br />
<style type="text/css">P { margin-bottom: 0.21cm; }</style>
<br />
<br /><br />Prima parte: Nel 1957 a Cherbourg in Normandia, Geneviève, sedicenne figlia della proprietaria di un negozio di ombrelli, è felicemente innamorata del meccanico ventenne Guy con cui progetta di sposarsi, non curandosi dell'interessamento del mercante di gioielli Roland. Di lì a breve però Guy è chiamato alla leva militare per andare a combattere in Algeria. La notte prima di partire i due fanno l'amore e lei rimarrà incinta. Seconda parte: nel 1958 Geneviève è sola ed incinta, come confesserà alla madre sgomenta. Guy scrive sempre meno e lei si deprime sempre più. La difficile situazione economica in cui versa il negozio, prossimo alla chiusura, ed il timore di rimanere ragazza madre, spingono Geneviève ad accettare la proposta di Roland, ufficialmente formulata durante una cena a casa delle due donne. Terza parte: nel marzo 1959 Guy fa ritorno a Cherbourg; raggiunge la casa in cui abitava con la zia malata, accudita da una ragazza orfana di nome Madeleine che è sempre stata segretamente innamorata di Guy. Il giovane scopre che il negozio di ombrelli ha chiuso, che Geneviève si è sposata e che la famiglia si è trasferita. Riprende il suo vecchio lavoro ma l'atmosfera del luogo gli impediscono di effettuarlo a dovere così si licenzia. Alla fine, morta la zia, si convince a dimenticare la ragazza e a sposare Madeleine, con la quale ha un figlio ed apre in città una stazione di rifornimento. L'epilogo è nel dicembre 1963: alla stazione di servizio di ferma un'ignara Geneviève, che nel frattempo ha avuto e cresciuto la figlia che aveva avuto con Guy; i due si reincontrano e si scambiano qualche freddo convenevole prima di salutarsi per sempre.<br /><br /><br />Il film, musicato da Michel Legrand, è una commedia musicale completamente cantata nella forma del recitativo accompagnato, in cui l'orchestra accompagna la performance canora che segue comunque un ritmo simile alla parlata quotidiana. Il contenuto del testo si rispecchia nello stile della musica d'accompagnamento. Gli attori sono stati doppiati da cantanti professionisti. La musica è il quasi unico elemento sonoro del film, a parte qualche tenue rumore d'ambiente come i passi sul ciottolato bagnato delle strade del paesino e qualche attutito rumore di traffico: l'attenzione è tutta per la musica ed il cantato.<br /><br /><br />Da notare che la colonna sonora pubblicata su CD non contiene tutta la musica del film, ma solo alcuni brani, escludendo quindi le scene di raccordo che presentano dialoghi minimi e brevi motivi melodici: ciò fa supporre che Legrand abbia prima composto le singole canzoni, ed in seguito abbia musicato le scene di raccordo tra di essere per creare un flusso sonoro continuo.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />Il film si apre con i titoli di testa ed il tema di apertura che è anche il malinconico leitmotiv del film, qui senza il testo cantato.<br /><br /><br />A 2.39 inizia Scene du Garage, un allegro motivo in stile jazz che accompagna l'esuberanza caratteriale di Guy.<br /><br /><br />A 5.20 inizia Devant le Magasin, un tema romantico e sdolcinato per violino che rappresenta l'amore tra i due giovani. Il testo è ripetitivo come la musica, basato sulle ripetizioni dei nomi dei due innamorati “guy je t'aime/guy je t'aime....geneviève/mon petit geneviève”.<br /><br /><br />Attorno al minuto 10.00 c'è una musica slegata dal resto del film che è la musica dello spettacolo a cui i due sono andati ad assistere a teatro, che è il finale di un brano dell'opera Carmen, che ha come cardine narrativo un amore contrastato tra Carmen e Don Josè.<br /><br /><br />Intorno al minuto 11.00 i due vanno a danzare in un locale e questo è l'unico altro momento, oltre al precedente, in cui la musica sia intradiegetica.<br /><br /><br />Al minuto 12.00 inizia Sur le Quai, che riprende la melodia del brano precedente: i due innamorati fanno progetti per il futuro.<br /><br /><br />A 13.30 inizia Dans le Magasin de Parapluie, che inizia in modo ironico con la ripetizione della stessa battuta e linea melodica: la ragazza immagina la risposta che la madre le darà vietandole di sposarsi, il che avviene puntualmente un secondo dopo. Questo brano ha una struttura da madrigale (struttura medievale di 2-3 terzine di identica melodia + ritornello variante), ovvero delle “strofe” uguali per melodia che corrispondono ai momenti più aspri del dibattito madre/figlia, inframezzati da aperture melodiche più dolci e diverse in corrispondenza dei momenti di comprensione reciproca. <br /><br /><br />A 19.10 inizia Chez Dubourg, le Joallie, inizialmente si tratta di un motivo allegro mentre il gioielliere parla con Roland, i due si intendono bene come dimostra il botta e risposta con uguale melodia. Quando entrano le due la musica diventa un po' più malinconica e la madre parla velocemente alla stregua di un dialogo parlato enumerando le difficoltà economiche. La musica si fa di nuovo distesa quando si trova la soluzione nella persona di Roland, che si offre di comprare la collana della donna. La velocità del cantato rallenta solo in corrispondenza del suo nome, il che fa capire al pubblico che si tratta di un personaggio importante nel film.<br /><br /><br />A 26.38 inizia Dans le Garage, viene ripreso il triste tema principale: è infatti il momento tragico in cui lei comunica che la madre si oppone all'unione e lui comunica che è arrivata la lettera di leva dell'esercito per andare in Algeria. La dichiarazione d'amore disperato di lei (gli propone la fuga, il nascondimento, dice di preferire la morte alla separazione) è divenuta una celebre canzone con il titolo che riprende una linea del testo, Je ne pourrai jamais vivre sans toi, è stata tradotta in inglese e cantata da innumerevoli artisti americani con il titolo di I Will Wait For You. <br /><br /><br />I minuti successivi riprendono vari temi precedenti fra cui, al momento della partenza di Guy che chiude la prima parte, il leitmotiv del film.<br /><br /><br />A 40.30 inizia Dans le Magasin, uno dei brani più lunghi che copre l'intera scena (quasi 5 minuti) e cambia spesso tono, inizia con un atmosfera allegra e ritmata grazie a fiati e contrabbasso per poi diventare dissonante in corrispondenza del litigio madre-figlia che raggiunge l'apice al mancamento di Geneviève quando la madre le prospetta il fatto che Guy può averla dimenticata; qui si raggiungono le note più alte, poi si ridiscende quando la ragazza si riprende ed il suo cauto è appena un sussurro (con musica d'accompagnamento bassissima), infine assume andatura più lenta ed enfatica alla rivelazione della gravidanza della ragazza.<br /><br /><br />A 48.20 inizia Diner, in realtà è un frammento di un dialogo più lungo tra Roland e la madre di Geneviève, ma è il momento clou in cui Roland chiede la mano della ragazza; è un recitativo cantato molto velocemente per rispecchiare l'emozione dell'uomo nel fare la richiesta. <br /><br /><br />A 49.20 inizia Recit de Roland, il brano che ha i maggiori connotati della canzone: cantato dal solo Roland accompagnato da una musica romantica, sembra una canzone d'amore di uno chansonnier francese. Inoltre il testo riprende le vicende del precedente film di Demy, Lola, in cui c'era sempre il personaggio di Roland che funge da trait d'union tra i due film.<br /><br /><br />Nei minuti successivi ci sono vari recitativi che riprendono le melodie fin qui sentite.<br /><br /><br />A 1.03.00 inizia The Marriage, un breve frammento di musica d'organo che inizialmente pare essere intradiegetica (c'è lo scambio delle fedi), ma poi si rivela essere extradiegetica dato che continua all'uscita degli sposi dalla chiesa.<br /><br /><br />A 1.04.15 inizia Le Retour de Guy, una variazione del leitmotiv del film in tono più sommesso, che ben si adatta alla cupa atmosfera piovosa che accoglie il ritorno del ragazzo a Cherbourg.<br /><br /><br />A 1.05.00 inizia Chez Elise, un altro lungo brano (4 minuti) che dura per tutta la scena del ritorno a casa di Guy che si informa presso la malata zia Elise della sorte di Geneviève, di cui non aveva più saputo nulla. Ha un ritmo sempre uguale su cui gli archi intonano una melodia leggermente triste, ma tutta la musica è sommessa per lasciare il posto al dialogo tra i due importante per capire la storia. La musica aumenta d'intensità all'arrivo di Madeleine, facendo presagire il sentimento che finirà per unire i due.<br /><br /><br />A 1.09.00 inizia Le Garage (Dispute), che riprende il primo tema del garage con lievi variazioni; la sonorità aggressiva del jazz ben si adatta alla sfuriata di Guy che si licenzia.<br /><br /><br />A 1.11.00 inizia Guy au Cafè, un breve brano che riprende alcuni temi precedenti fra cui il leitmotiv, mentre Guy ha un alterco col gestore del bar; la musica non segue la diatriba ma si mantiene malinconica, come a suggerire le emozioni interiori di Guy di cui vediamo la risultante nei comportamenti esteriori.<br /><br /><br />A 1.16.00 inizia Duo Guy Madeleine, che copre l'intera scena in cui i due decidono in pratica di vivere assieme dato che sono rimasti entrambi soli (la zia è appena morta). Si inizia con toni lenti e tristi (soffrono entrambi per la perdita, lei sta facendo la valigia per andarsene) e si finisce con toni lenti ma più romantici (Guy la convince a restare).<br /><br /><br />A 1.18.00 inizia Terrasse du Cafè, il clima è decisamente cambiato: non piove, c'è sole, i due stanno sistemandosi, aprendo la stazione di servizio, tutto va per il meglio; la musica è allegra e vitale; poi cambia quando Madeleine gli chiede se abbia davvero dimenticato Geneviève, lui assicura di sì e gli chiede di sposarlo, la musica torna più allegra come a inizio brano, pur mantenendo un ritmo disteso.<br /><br /><br />A 1.21.00 inizia La Station Service, che apre l'epilogo finale, è il tema allegro che precede il gran finale che riprende il leitmotiv. E' un tema jazz sommesso sulla cui base ritmica sempre uguale ci sono degli assoli di pianoforte.<br /><br /><br />A 1.23.00 inizia Final, che riprende il leitmotiv dell'amore impossibile e finisce su note solenni ad alto volume, sancendo la fine dell'impossibile storia d'amore tra i due Alla melodia sia aggiungono stavolta un'arpa ed un coro che seguono la melodia principale, rendendolo simile al finale di una fiaba, effetto accentuato anche dall'abbondante nevicata e dall'atmosfera natalizia: la favola finisce, inizia la vita vera.<br /><br /><br />Voto: 3,5/5 Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-10599226813187868872014-07-06T11:04:00.000+02:002014-07-06T11:04:15.504+02:00Norman Jewison<br />The Fabulous Fifties (1960) - Documentario<br />20 chili di guai!... e una tonnellata di gioia (40 Pounds of Trouble) (1962)<br />Quel certo non so che (The Thrill of It All) (1963)<br />Non mandarmi fiori (Send Me No Flowers) (1964)<br />L'arte di amare (The Art of Love) (1965)<br />Cincinnati Kid (1965)<br />Arrivano i russi, arrivano i russi (The Russians Are Coming, the Russians Are Coming) (1966)<br />La calda notte dell'ispettore Tibbs (In the Heat of the Night) (1967)<br />Il caso Thomas Crown (The Thomas Crown Affair) (1968)<br />Chicago Chicago (Gaily, Gaily) (1969)<br />Il violinista sul tetto (Fiddler on the Roof) (1971)<br />Jesus Christ Superstar (1973) - 3,5/5<br />Rollerball (1975)<br />F.I.S.T. (1978)<br />...e giustizia per tutti (...And Justice for All) (1979)<br />Amici come prima (Best Friends) (1982)<br />Storia di un soldato (A Soldier's Story) (1984)<br />Agnese di Dio (Agnes of God) (1985)<br />Stregata dalla luna (Moonstruck) (1987)<br />Vietnam: verità da dimenticare (In Country) (1989)<br />I soldi degli altri (Other People's Money) (1991)<br />Only You - Amore a prima vista (Only You) (1994)<br />Bogus - L'amico immaginario (Bogus) (1996)<br />Hurricane - Il grido dell'innocenza (The Hurricane) (1999)<br />A cena da amici (Dinner with Friends) (2001) - Film TV<br />Caccia all'uomo (The Statement) (2003)<br />
<br />
Jewison (1926), regista e produttore, ha raggiunto la notorietà a cavallo tra i 60s e i 70s specie grazie a Jesus Christ Superstar.<br />
<br />
-Jesus Christ Superstar<br />
USA 1973 - musical - 108min.<br />
<br />
NB: questo testo è frutto di un lavoro universitario; ergo è più un'analisi che una recensione.<br />
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Jesus Christ Superstar – 1973, N. Jewison, 108min.<br /><br />L'allestimento di un musical su Gesù di Nazareth da girare nei luoghi stessi dei fatti: la troupe arriva nel deserto e prepara costumi e props. Si ricostruiscono gli ultimi giorni della vita di Cristo, descritto generalmente nelle sue caratteristiche umane più che divine, non capito dalla gente del suo tempo compresi i suoi discepoli, amato da Maria Maddalena, convinto di dover andare fino in fondo alla sua missione, quindi alla morte, quasi con un ostinazione patologico/fanatica. Alla fine, il senso di un grande mistero che si è consumato e la troupe che se ne va con più dubbi di prima: l'enigma sulla natura della figura di Gesù rimane aperto, ma non il suo messaggio di pace e fratellanza tra gli uomini, speranza flebile e forse utopica.<br /><br />Il progetto curiosamente non è nato come musical: in primis infatti nasce come rock opera pubblicata su doppio disco e pubblicata del 1970. Gli autori sono il compositore britannico Andrew Lloyd Webber (autore di vari musical tra cui Cats e The Phantom of the Opera) e lo scrittore di testi anch'egli inglese Tim Rice (anche autore televisivo e radiofonico). Il disco è stato realizzato con cantanti differenti da quelli del film (eccetto Maria Maddalena, sempre interpretata da Yvonne Ellimann); in particolare Gesù è impersonato da Ian Gillan, cantante dei Deep Purple.<br />Dato il grande successo iniziarono i preparativi per la realizzazione di un musical teatrale che andò in scena per la prima volta a Broadway nel 1971, e due anni dopo ne è stato realizzato il film; negli anni successivi, dato il grande successo, è stato spesso rappresentato a teatro con il cast del film. Il film è stato girato in Israele, principalmente nelle rovine dell'antica città di Avdat, nel sud del paese, e nel circostante deserto di Negev, nonché nelle rovine del palazzo dei sommi sacerdoti a Gerusalemme.<br /><br />Il film, privo di titoli di testa, inizia con l'Overture: nelle rovine in mezzo al deserto arriva il furgone con gli attori che scaricano il necessario e si preparano allo show: è una tipica overture in cui sono anticipati i vari temi del film, che fa largo ricorso al leitmotiv. Le immagini sono costruite sulla musica: alle prime note lente si accompagnano inquadrature paesaggistiche e dettagli delle rovine con transizioni incrociate. All'ingresso dei fiati ed al generale cambio di ritmo corrisponde l'ingresso in scena del bus; da qui il montaggio si fa più serrato come il ritmo musicale, fino al climax di fine brano che anticipa il tema di Gesù e che corrisponde alla sua vestizione. Alla fine del pezzo vediamo vari gruppi di attori ormai in posizione che si fermano nella loro posizione di partenza. Sulle ultime note compare il titolo del film. Gli unici suoni diegetici che si sentono sono il rombo del motore e lo schiocco della frusta.<br />A 5.40 inizia Heaven on Their Minds, con un fade in di suono e immagini. Il protagonista del pezzo è Giuda che esprime i suoi dubbi sulla missione di Gesù e la fedeltà dei seguaci. Allo stesso modo il pezzo finirà, con uno zoom out della telecamera e un fade out della musica. Il brano è organizzato come una classica song, con un'introduzione ed un'impostazione strofica a cui si alternano vocalizzi o intermezzi strumentali, mentre manca un vero e proprio ritornello.<br />A 10.20, c'è una scena di silenzio, contrariamente al resto del film in cui le canzoni si susseguono. In questa scena l'unico suono è il marciare dei soldati ed il verso di qualche animale. Poi la camera si sposta verso una cavità sotterranea dove si trovano Gesù e i suoi. <br />A 11.00 inizia quindi What's the Buzz, con una fade in che aumenta bruscamente di volume nello stacco di montaggio che ci porta dall'esterno all'interno della grotta. Questo brano è una classica song in cui al ritornello polifonico (i seguaci che chiedono a Gesù di anticipar loro il futuro) si alternano strofe di voce solista (Gesù che gli dice di pensare al presente). In alcuni momenti coro e solista sovrappongono le proprie linee melodiche. Ad un certo punto si inserisce Maria Maddalena, che intona una melodia propria con vari melismi, non ripresa dagli altri cantanti. Ciò rispecchia il suo essere in maggior sintonia con Gesù al contrario degli altri discepoli.<br />A 13.20 inizia, senza soluzione di continuità, Strange Thing Mystifying, che inizia con un canto a cappella di Giuda che è sopraggiunto nel luogo e che silenzia l'intero coro precedente. Poco dopo entra la musica ad accompagnare il suo canto. Il pezzo è nettamente diviso in due parti: il canto di Giuda (su note stranamente languide e melodiche di chitarra elettrica) e quello di risposta di Gesù, in climax di volume e violenza fino a sfiorare il recitativo, anche eprchè la musica si interrompe all'apice di drammaticità. Nella seconda parte del pezzo lo scambio di battute è ancora tra Gesù (che stavolta canta in modo più disteso, pur accusando i fedeli di non capirlo) ed il coro che invece è più forte ed incalzante. Il pezzo si conclude con un ultima esclamazione di Gesù a cappella alla stregua della lingua parlata.<br />A 15.15 inizia Then We Are Decided, che si apre ancora su note tenuti e distanti di chitarre distorte per introdurre ambiente e personaggi; è un brano in cui la musica è ridotta quasi ad un sezione ritmica di sottofondo al canto alternato dei due sacerdoti, Anna con voce in falsetto e Caifa, che canta con registro basso. Nello scambio di battute dei due uno riprende sempre la melodia dell'altro, anche se tutto il pezzo sembra più un recitativo che una song.<br />A 18.11 inizia Everything's Alright, pezzo in 5/4 che gli dà una cadenza caratteristica “singhiozzante”, è un brano molto melodico in cui Maria Maddalena allevia le pene di Gesù con dell'olio profumato e viene ripresa da Giuda che la accusa di sprecare così ingenti somme invece di destinarle ai bisognosi. Poi Gesù risponde a Giuda che i poveri li avranno sempre e lui no. Interessante notare che il cantato di maria Maddalena sia sostanzialmente il ritornello della song, mentre a Giuda e Gesù spettano le strofe, cantate con veemenza dal primo e con più pacatezza dal secondo. Conclude tutto un ritornello finale con l'inserimento di un coro (i seguaci) che vocalizza la melodia dello stesso.<br />A 22.07 inizia, aperta dal rumore diegetico di uno stormo di corvi, This Jesus Must Die, cantata dai sacerdoti che, proprio come corvi appollaiati, cospirano contro Gesù vedendolo entrare in città da lontano attorniato da una folla festante. Inizia con una serie di canti a cappella dei vari sacerdoti; c'è poi una specie di curioso ritornello, composto dall'alternanza dei sacerdoti che declamano “It's Dangerous” (battendo le mani contro le impalcature di ferro di cui noi udiamo il suono diegetico) e subito dopo il coro festante dei fedeli che intonano frammenti del brano immediatamente successivo, Hosanna. Inoltre le stesse linee melodiche dei sacerdoti sarann oripresi in un brano successivo, Blood Money.<br />A 26.05 inizia Hosanna, una sorta di marcia trionfale che segna l'ingresso di Gesù in città. Si compone di un coro che intona una melodia a mo' di ritornello, alternata da canti di Caifa e Gesù che seguono melodie diverse, quelle di Caifa terminano sempre con una nota più bassa e viceversa per quelli di Gesù, che danno il là al ritornello.<br />A 29.01 inizia Simon Zaelotes/Poor Jerusalem, che si apre come all'inizio con panoramiche del luogo e fade in della musica; questo è il pezzo più spiccatamente da musical dato che coinvolge un numero di danza girato come una specie di proto-videoclip. La prima parte è una classica song strofa/ritornello. La seconda invece è una litania intonata da Gesù ancora una volta sconsolato dal fatto che i suoi fedeli lo vedano come un rivoluzionario politico invece che spirituale.<br />A 35.40 inizia Pilate's Dream, un canto recitativo di Pilato che ha avuto una specie di sogno premonitore su Gesù; significativamente riprende la melodia appena cantata da quest'ultimo.<br />A 37.02 inizia, con il solito fade in, The Temple, un canto polifonico che alterna due melodie molto incalzanti (ed il montaggio è ugualmente rapido nell'elencare le varie seduzioni terrene in vendita); c'è poi un intermezzo strumentale di fiati mentre Gesù spacca tutto (con rumori diegetici del mercato messo a soqquadro) e poi termina con un breve recitativo di Gesù che caccia i mercanti dal tempio. La canzone prosegue inaspettatamente nella scena successiva in cui ad un recitativo di Gesù che si lamenta di non riuscire a farsi capire mentre vaga da solo nel deserto si contrappone un coro di voci di lebbrosi che spuntano dalle rocce per chiedere una guarigione miracolosa, riprendendo la melodia del coro del mercato.<br />A 43.46 inizia Everything's Alright Reprise/ I Don't Know How to Love Him, il pezzo solista di Maria Maddalena che si interroga sui suoi sentimenti per Gesù. E' una canzone lenta e romantica cantata con accompagnamento di chitarra acustica e la fa sembrare un tipico pezzo folk americano di cultura Hippie, e riprende in parte la melodia di Strange Thing Mystifying.<br />A 48.07 inizia Damned for All Time/Blood Money, che inizia con una parentesi onirica di Giuda che si immagina inseguito da carri armati (rimorsi di coscienza?), con una musica inizialmente aritmica di chitarra elettrica e flauto (e versi di cicale). Dei corazzati sentiamo il rumore solo quando sono vicinissimi, e questo fracasso introduce il cambio repentino di ritmo e anche di strumenti: trombe, percussioni, piano in un pezzo che sembra un'improvvisazione jazz/rock. Dopo questa strana intro comunque il pezzo si sviluppa come una normale song strofa/ritornello cantata da Giuda. Poi sopraggiungono i sacerdoti che riprendono la melodia di This Jesus Must Die. Dopo un breve canto a cappella di Giuda, che accetta di tradire Gesù, compiendo però così la volontà divina, si sente un coro che sembra di voci angeliche, e subito dopo due jet in volo: il compiersi del destino richiederà comunque un sacrifici odi sangue. Il rombo degli aerei chiude il pezzo.<br />A 53.36 inizia The Last Supper; anche questo pezzo ricorda un brano hippie, anche per il setting della scena. La chitarra acustica accompagna il coro dei discepoli su una melodia gospel (tra l'altro il termine “gospel” che vuol dire Vangelo in inglese e che dà il nome al genere musicale omonimo, è usato nel testo del brano stesso). A 54.48 la scena assume l'aspetto di un tableau vivant del Cenacolo di Leonardo. In quel momento inizia a cantare Gesù che riprende la melodia che aveva già intonato in di Everything's Alright. Gesù e Giuda hanno uno scambio serrato di battute alla stregua di un recitativo. Poi la tensione si scioglie nella ripresa del coro. Poi c'è un breve momento di silenzio in cui Gesù si riavvicina a Giuda ma lui lo respinge di nuovo; i due hanno un altro scambio violento finchè Giuda accenna la melodia della canzone più famosa, Superstar, che verrà cantata più avanti, accompagnato solo da ampie note di chitarra elettrica; i due si separano definitivamente e in lontananza si sente ancora il coro, questa volta cantante sommessamente e a cappella. Questo è il brano più lungo e forse con più variazioni.<br />A 1.00.21 inizia Gethsemane/I Only Want to Say, con un canto a cappella che accentua la condizione di solitudine di Gesù. Si arriva poi ad uno degli apici emozionali del film, in cui Gesù è tormentato da dubbi perchè sa che la missione comporta la sua morte e prega Dio di allontanare l'amaro calice; poi però decide di assumersi l'ingrato compito abbandonandosi alla volontà del padre. Per aumentare l'emozione del momento Gesù, che si sta rivolgendo a Dio, guarda direttamente in macchina, chiamando in causa lo spettatore. Il brano è un crescendo di intensità e di strumentazione, in cui la musica segue la melodia del cantato che a volte si concede dei melismi sulle note più alte. Il canto si interrompe con una parentesi strumentale in cui sono mostrati dettagli di dipinti di crocifissioni, come fosse un'immagine mentale di Gesù che si prefigura il suo destino. Solo nell'ultima immagine abbiamo il controcampo di ciò che Gesù sta guardando: il Sole al tramonto, occultato da nuvole grigie.<br />A 1.06.45 inizia The Arrest, come un recitativo e con una ripresa del ritornello/strofa di What's the Buzz. Poi c'è un intermezzo di piano e chitarra mentre Gesù è condotto verso i sacerdoti dai soldati romani; qui Gesù subisce lo scherno del popolo che pochi giorni prima lo acclamava; questi riprendono la melodia dei mercanti di The Temple. Segue l'interrogatorio dei sacerdoti, anch'esso riprende temi precedenti.<br />A 1.11.00 inizia Peter's Denial, che è una ripresa del tema di Strange Thing Mystifying.<br />Poi c'è un'altra breve pausa dalla musica, con un po' di scene di raccordo in cui Gesù viene portato al palazzo di Pilato, accompagnato dalla folla che continua a schernirlo.<br />A 1.13.25 inizia Pilate and Christ; Pilato, con voce baritonale, canta quasi un recitativo, incurante della musica dissonante dei fiati ed archi in sottofondo, ma accennando brevemente le melodie cantate dai sacerdoti; questo lo colloca nella stessa sfera dei cattivi. Pilato lo spedisce da Erode. Il pezzo si chiude con la ripresa del tema di Hosanna, ma stavolta tutt'altro che sussiegoso nei confronti di Gesù, che è anzi sbeffeggiato dal codazzo di gente.<br />A 1.16.15 inizia Herod's Song, con un primo piano sul suo faccione paffuto. É un brano nello stile del music hall, per piano e voce e successivamente anche trombette che danno un'atmosfera circense e lasciva, supportato anche dalle immagini kitsch della corte di Erode. Gesù non gli rivolge nemmeno la parola e lui lo rimanda da Pilato. E' il secondo pezzo spiccatamente da musical dato che c'è un balletto coreografato. <br />A 1.19.30 inizia Could We star Again, Please?, è un breve brano melodico e malinconico che ripete sempre la stessa melodia, prima intonata da Maria Maddalena, poi da Pietro e poi da tutti i discepoli.<br />A 1.22.20 inizia Judas' Death, con note lente e sommesse che riprendono il tema Simon Zealotes, poi c'è una pausa in cui sentiamo il fischio del vento che passa nella prigione di Gesù, poi c'è una ripresa di Blood Money quando Giuda va a imprecare contro i sacerdoti che l'hanno ingannato, poi quando rimane da solo a disperarsi riprende il tema e il testo di I Don't Know How to Love Him; poi nel suo delirio finale che lo porta al suicidio si riprende solo a livello strumentale il brano Heaven on Their Minds; una volta morto si sente ancora il coro angelico.<br />A 1.28.10, Con uno zoom out da Giuda impiccato si passa al setting successivo ai piedi della montagna e quindi al fade in del brano seguente, The Trial Before Pilate/39 Lashes; inizia con un recitativo dei sacerdoti e Pilato sulla melodia che apre l'Overture iniziale. Poi il dialogo si sposta tra Pilato e Gesù, interrotti ogni tanto dal coro incalzante che incita alla crocifissione. Il pezzo cambia quando iniziano le frustate: anche questo tema è presente nell'Overture, è in sostanza un riff ripetuto di chitarra su cui il cantato è Pilato che enumera le frustate da 1 a 39, in un crescendo di volume fino al 39 urlato che mette stoppa la musica; segue poi un breve recitativo ravvicinato tra Pilato e Gesù. Il coro torna poi a farsi sentire sempre più forte e veemente fino all'apice in cui Pilato sbraita la condanna a morte. <br />Inizia subito dopo, a 1.35.05 Superstar, la canzone fulcro del film, in un tripudio di note trionfali. E' una classica song che mischia una strofa pop cantata dallo spirito di giuda ad un ritornello gospel intonato da un coro angelico. E' anche il pezzo scenograficamente più artificioso (i proiettori nono sono mascherati e Giuda viene calato dall'altro con una gru), ed il terzo prettamente da musical, svolgendosi per di più in un antico anfiteatro. Ad un certo punto alle immagini dello “show” si alternano quelle della via crucis. Il pezzo si interrompe bruscamente quando Gesù arriva in cima al Golgota e sta per essere appeso.<br />A 1.39.13 inizia Crucifixion, che inizia con il rumore diegetico dei chiodi conficcati nel legno. E' un brano strumentale estremamente cupo accompagnato da risate di scherno in sottofondo dei romani e del popolo, e delle famose esclamazioni di Gesù agonizzante; entra poi un coro che emette solo dei vocalizzi e sembra un lamento angelico su cui avviene un improvvisazione jazz di pianoforte; questo miscuglio sonoro accompagna l'agonia fino al decesso di Gesù, momento in cui si interrompe bruscamente ogni suono.<br />Dopo pochi secondi, a 1.42.10, inizia il tetro brano conclusivo, John Nineteen Forty-One, una malinconico assolo di violini che accompagna il congedo della troupe e va in fade sull'immagine del crocifisso piantato nella sabbia al tramonto. Il verso del Vangelo che dà il titolo al brano è il seguente “Or nel luogo dove egli fu crocifisso c'era un orto, e nell'orto un sepolcro nuovo nel quale non era ancora stato posto nessuno.”<br /><br />Voto: 3,5/5 Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-63029618791534147462014-06-16T19:30:00.000+02:002014-06-16T19:30:16.653+02:00Nuri Bilge Ceylan<br />Koza (1995) - cortometraggio<br />Kasaba (1997)<br />Nuvole di maggio (Mayis sikintisi) (1999)<br />Uzak (2002)<br />Il piacere e l'amore (Iklimler) (2006)<br />Le tre scimmie (Uc Maymun) (2008)<br />C'era una volta in Anatolia (Bir zamanlar Anadolu'da) (2011)<br />Winter Sleep (Kış Uykusu) (2014) - 3/5<br />
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Ceylan (1959), turco, si divide tra l'attività di fotografo e quella di regista.<br />
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-Winter Sleep<br />
Turchia/Germania/Francia - commedia/drammatico - 196min.<br />
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Aydin è un ex attore teatrale che ha ereditato varie proprietà nel paese di Girap, in Cappadocia; gestisce un hotel con la moglie, molto più giovane di lui, la sorella che ha recentemente divorziato, ed un fido aiutante, mentre raccoglie le idee per iniziare a scrivere un libro sulla storia del teatro turco. L'isolamento invernale, con pochi clienti e molte magagne per affittuari che non pagano, acuiscono i conflitti famigliari.<br />
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E' singolare che il film, Palma d'oro a Cannes 2014, finisca in modo analogo a <b>La grande bellezza</b>: pur essendo film radicalmente diversi arrivano alla stessa azione finale; entrambi i protagonisti trascorrono i rispettivi film ad osservare ciò che accade attorno a loro rimanendo abbastanza passivi, per poi arrivare ad una precaria conciliazione con sè stessi ed il mondo. Se il percorso di Jep attraversa la società quello di Aydin riguarda invece la famiglia: un luogo sempre più problematico per il cinema, basti pensare alla "nouvelle vague" greca da <b>Dogtooth</b> a <b>Miss Violence</b>. Non che in questo film ci siano concessioni alla violenza grafica, anzi: si tratta in effetti di un kammerspiel che immagino insostenibile per molti spettatori, tre ore e un quarto di dialoghi fittissimi, piccole discussioni che crescono fino all'esasperazione, chiacchiere attorno ad un tavolo che nascondono più di quanto lascino trapelare inizialmente, la presenza di rari clienti che Aydin pare invidiare per la libertà che hanno di andarsene da quel posto a cui lui è invece ancorato e che forse detesta, tra la sorella indolente e la moglie insoddisfatta. Un film costruito sull'inazione, sulla recitazione naturalistica di un formidabile cast, sui silenzi dei paesaggi ieratici e desolati che circondano le poche famiglie che abitano il villaggio, un setting che richiama alla mente <b>Oltre le colline </b>di <b>Cristian Mungiu</b>.<br />
Un film di attori e di sceneggiatura che incuriosisce, coinvolge, un po' diverte e alla fine, che sembra non arrivare mai, esaurisce.<br />
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Voto: 3/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-64078585255058753382014-04-19T15:26:00.000+02:002014-04-22T15:21:38.072+02:00Wally PfisterTranscendece (2014) - 3/5<br />
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Pfister (1961), americano, è noto per essere stato il d.o.p. di Christopher Nolan da Memento in poi; in particolare il suo lavoro su Inception gli ha fruttato l'Oscar per migliore fotografia. Nel 2014 ha esordito alla regia con Transcendence, prodotto dallo stesso Nolan.<br />
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-Transcendence<br />
USA 2014 - fantascienza - 119min.<br />
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In un vicino futuro, una coppia di brilanti scienziati (<b>Johnny Depp </b>e <b>Rebecca Hall</b>) sta mettendo a punto un supercomputer quantistico in grado di immagazzinare al suo interno i dati provenienti dal cervello di animali assumendone la coscienza. Il progetto desta stupore ma anche paura nella società civile, e si attira l'odio di un gruppo di hacker-terroristi che attenta alla vita del dottor Caster, avvelenandolo. Ormai in fin di vita, il dottore decide di usare i suoi ultimi giorni per avviare la fase di sperimentazione umana: la dottoressa Evelyn assieme al loro amico e collega Max (Paul Bettany) lavora per trasferire i dati cerebrali del dottor Caster al supercomputer, e la cosa sembra funzionare. La nuova entità, collegandosi alla rete acquista potenzialità sconfinate dai risvolti inquietanti.<br />
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Per certi versi debitore di molta cinematografia fantascientifica del Sol Levante (immancabili i riferimenti a <b>Ghost in the Shell </b>e <b>Andromedia</b>), per altri affine all'idea <b>Cronenberg</b>-iana di fusione uomo-macchina dai risvolti sia perversi che romantici (vedi <b>Crash</b> e <b>La mosca</b>), l'esordio alla regia di Pfister mostra anche un'indubbia personalità nella costruzione della vicenda, che mischia elucubrazione mentale ed azione (con la prima predominante rispetto alla seconda) nella classica maniera <b>Nolan</b>-iana, ma con una componente filosofica ancor più esplicita. Apprezzabile il tentativo di mettere in scena una fantascienza non lontana da noi (come il <b>Kubrick</b>-iano <b>Arancia meccanica</b>) e che parta da basi scientifiche attuali (i computer quantistici sono una realtà dal 28 giugno 2013, quando è stato presentato il primo computer di questo tipo messo sul mercato, D-Wave) per immaginare scenari futuri non così utopici (o distopici!). Il punto di vista di Pfister e dello sceneggiatore Jack Paglen sulla tecnologia è ambivalente: se ne mostrano pregi e difetti potenziali e non si capisce bene quale sia la presa di posizione, anche se il finale pare optare per una visione tutto sommato ottimistica. Il film concede poco alla spettacolarità Hollywoodiana, e questo a mio parere è solo un pregio della pellicola: troppa fantascienza americana attuale (<b>Elisyum</b>, <b>Oblivion</b>) ha sprecato buone idee soffocandole dentro pompatissimi action movies. Il recupero di questo approccio intimista alla fantascienza (almeno per quanto riguarda il cinema mainstream; in ambito indipendente infatti ci ha già pensato <b>Shane Carruth</b> con il cult <b>Primer</b> del 2004) è forse il merito principale del film; quindi chi si aspetta alte dosi di azione rimarrà deluso. Vero è che il film ha sporadici cali di ritmo, specie nella parte centrale, e nel finale qualche perplessità sulla logica degli avvenimenti si fa sentire, ma non sono difetti tali da giustificare la fredda accoglienza critica che il film ha ricevuto in patria.<br />
Bene il cast (con diversi volti Nolan-iani), gradevoli le musiche, ben implementati gli effetti speciali.<br />
Co-prodotto con una società cinese, il film uscirà in oriente anche in versione 3D; francamente non ne ho sentito affatto la necessità, quindi mi sento di consigliare la versione attualmente in sala.<br />
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Voto: 3/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-60600445640493623692014-04-18T18:01:00.000+02:002014-04-18T18:01:12.932+02:00John TurtrurroMac (1992)<br />Illuminata (1998)<br />Romance & Cigarettes (2005)<br />Passione (2010)<br />Gigolò per caso (Fading Gigolo) (2013) - 2,5/5<br />
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Turturro (1957) è un attore e regista italoamericano, lanciato da Scorsese e specializzato in ruoli di caratterista, che ha collaborato con grandi registi statunitensi.<br />
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-Gigolò per caso<br />
USA 2013 - commedia - 98min.<br />
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Due vecchi amici a New York: un libraio (Woody Allen) che sta per chiudere l'attività, ed un fioraio (John Turturro) che non se la passa tanto meglio. Il primo diventa il pappa del secondo per ricche clienti di mezza età ancora in cerca di emozioni.<br />
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Tutta la prima parte funziona bene con gag a ripetizione che fanno leva sugli opposti caratteri dei protagonisti e stili di recitazione: l'esuberante carattere di Allen e il dimesso Turturro. Nella seconda parte il film assume toni più seri raccontando l'ortodossia della comunità ebraica più osservante e l'innamoramento di una vedova ad essa appartenente ed il gigolò, con conseguente ostracizzazione di lei. Il finale riconcilia i conflitti ma senza una soluzione definitiva, che lascia il racconto in un limbo di sgradevole indeterminatezza. A volte la glacialità di Turtrurro e l'ineffabilità del suo personaggio sono un'ostacolo per lo spettatore, in parte attratto ed in parte respinto dal racconto. Come era prevedibile, la motivazione di visione principale rimane Allen con la sua presenza magnetica.<br />
Buon comparto femminile, forse non del tutto sfruttato.<br />
Gradevole commento musicale italo-spagnolo. <br />
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Voto: 2,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-21694464486648630532014-04-04T11:41:00.000+02:002014-04-07T13:15:47.856+02:00Arthur PennFuria selvaggia (Billy The Kid) (1958)<br />
Anna dei miracoli (The Miracle Worker) (1962)<br />
Il treno (The Train) (1964) (non accreditato; licenziato, rimpiazzato da John Frankenheimer)<br />
Mickey One (1965)<br />
La caccia (The Chase) (1966)<br />
Gangster Story (Bonnie and Clyde) (1967) - 3,5/5<br />
Alice's Restaurant (1969)<br />
Il piccolo grande uomo (Little Big Man) (1970)<br />
Ciò che l'occhio non vede (Visions of Eight) (1973) (episodio The Hightest)<br />
Bersaglio di notte (Night Moves)' (1975)<br />
Missouri (The Missouri Breaks) (1976)<br />
Gli amici di Georgia (Four Friends) (1981)<br />
Target - Scuola omicidi (Target) (1985)<br />
Omicidio allo specchio (Dead of Winter) (1987)<br />
Con la morte non si scherza (Penn & Teller Get Killed) (1989)<br />
Lumière & Company - episodio (1995)<br />
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Penn (1992-2010), americano, è stato un importante regista indipendente facente parte del nuovo cinema americano degli anni 60-70; introdusse molte novità, specie a livello sostanziale, mettendo in scena la fine del sogno americano sotto svariate forme. Oggi purtroppo non è particolarmente ricordato.<br />
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-Gangster Story<br />
USA 1967 - gangster/biografico/road -111min.<br />
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Vita di Bonnie (<b>Fay Dunaway</b>) e Clyde (<b>Warren Beatty</b>), una delle più celebri coppie criminali degli USA attiva nei primi anni '30. Clyde è un rapinatore ex galeotto, Bonnie una giovane ragazza senza arte nè parte. Incontratisi fortuitamente, decidono di condividere la stessa vita di strada fra una rapina e l'altra. Ad essi si uniscono ad un certo punto anche un benzinaio non troppo sveglio, il fratello di Clyde Buck (<b>Gene Hackman</b>) e l'isterica moglie del medesimo.<br />
<br />
E' proprio con l'uscita di questo film (2 anni prima di <b>Easy Rider</b>) che gli storici del cinema fanno coincidere l'inizio del nuovo cinema americano, ovvero quel decennio in cui una pletora di autori emergenti contribuì a rinnovare le stantìe routine del cinema statunitense modernizzandolo e riportandolo qualitativamente alle vette del cinema mondiale. Concettualmente Penn si rifà ad un repertorio classico, specie quei gangster/noir a basso costo dei decenni 30-40 - 2 titoli su tutti: <b>La sanguinaria</b> (1950, di <b>Joseph H. Lewis</b>) e <b>Detour - Deviazione per l'inferno</b> (1945, di <b>Edgar G. Ulmer</b>) - nonchè al più recente <b>Il bandito delle ore undici</b> (1965) di <b>Truffaut</b>; ma a livello di scrittura (la sceneggiatura è di David Newman e Robert Benton) il film è estremamente moderno: una coppia sola contro il mondo, due criminali che diventano idoli delle folle che vedono in loro un impossibile riscatto sociale, il crollo del mito dell'american dream ovvero la fine dell'idea di uguaglianza sociale, i grandi soggetti capitalisti (banche, multinazionali) che vessano i poveri contadini, la gratuità della violenza, le parentesi goliardiche che avvicinano il pubblico ai protagonisti, sono tutti stratagemmi destabilizzanti ed innovativi, anticipatori sia della scia di film simili che usciranno di lì a breve (<b>La rabbia giovane</b> di<b> Terrence Malick</b>, <b>Sugarland Express</b> di <b>Steven Spielberg</b>) sia tantissimo cinema successivo che si richiamerà a questi canoni narrativi (<b>Cuore selvaggio</b> di <b>David Lynch</b>, <b>Un mondo perfetto</b> di <b>Clint Eastwood</b>, <b>Nemico pubblico</b> di <b>Michael Mann</b>, <b>La casa del diavolo</b> di <b>Rob Zombie</b> e tanti altri).<br />
A livello musicale è innovativo nella scelta di basarsi unicamente su un repertorio folk, rifiutando la musica orchestrale che era consuetudine nel mondo del cinema fino a quel momento, e aprendo la strada all'uso massiccio della musica leggera al cinema (anche se è lapalissiano che condivida questo merito con <b>Il laureato</b>, dello stesso anno).<br />
Visto con gli occhi di oggi appare sicuramente meno destabilizzante e sovversivo di quanto non apparisse allora, anzi sembra persino pudico nella ritrosia con cui mette la sordina alla componente erotica della vicenda, ma molte scene sono efficaci ancora oggi, fra tutte il fulmineo, violentissimo finale.<br />
<br />
Voto: 3,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-1166652015933226602014-03-26T13:23:00.000+01:002014-03-30T23:12:00.005+02:00Mamoru OshiiLamù: Only You (うる星やつら オンリー・ユー Urusei Yatsura Onrī Yū) (1983)<br />
Lamù: Beautiful Dreamer (うる星やつら2 ビューティフルドリーマー Urusei Yatsura ni - Byūtifuru Dorīmā) (1984)<br />
Angel's Egg (天使のたまご Tenshi no Tamago) (1985)<br />
The Red Spectacles (紅い眼鏡 Akai Megane) (1987)<br />
Patlabor The Movie (機動警察パトレイバー劇場版, Kidō keisatsu Patoreibaa gekijōban) (1989)<br />
StaryDog: Keberos Panzer Cops (ケルベロス 地獄の番犬 Keruberosu: Jigoku no Banken) (1991)<br />
Talking Head (トーキング・ヘッド Tōkingu Heddo) (1992)<br />
Patlabor 2: The Movie (機動警察パトレイバー Kidō keisatsu patoreibā the movie 2) (1993)<br />
<a href="#Ghost1">Ghost in the Shell</a> (GHOST IN THE SHELL/攻殻機動隊 Gōsuto in za sheru / Kōkaku kidōtai) (1995) - 3,5/5<br />
Avalon (アヴァロン Avalon) (2001)<br />
<a href="#Ghost2">Ghost in the Shell 2: l'attacco dei Cyborg</a> (Ghost in the Shell 2: Innocence - イノセンス Inosensu) (2004) - 3/5<br />
Tachiguishi-Retsuden (立喰師列伝) (2006) <br />
The Sky Crawlers - I cavalieri del cielo (スカイ・クロラ, Sukai Kurora) (2008)<br />
Assault Girls (アサルトガールズ) (2009)<br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><span style="font-weight: normal;"> Oshii (1951), giapponese, è uno dei più importanti autori di anime; ha realizzato, tra gli altri, le saghe animate di Lamù, Ghost in the Shell e Patlabor. </span></span></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><span style="font-weight: normal;">-<a name="Ghost1">Ghost in the Shell</a></span></span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><span style="font-weight: normal;">Giappone 1995 - animazione/fantascienza - 82min.</span></span></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><span style="font-weight: normal;">In un futuro prossimo, gli esseri umani sono indistinguibili dai cyborg, anzi spesso li umani hanno innesti cibernetici. La Sezione 9 è un reparto speciale della difesa composta da un gruppo di poliziotti (alcuni umani, la maggior parte cyborg) che svolge lavori di massima sicurezza. Motoko Kusanagi, cyborg di aspetto femminile che si interroga continuamente sulla propria identità (ormai di umano le rimane solo il cervello) è a capo di una squadra che ha il compito di stanare un killer responsabile dell'omicidio di un richiedente asilo in Giappone, fatto che rischia di causare un incidente diplomatico internazionale. La Sezione 9 sospetta che dietro questo omicidio si celi Puppet Master, fantomatico hacker che nessuno ha mai visto e per la cui caccia è stata creata la stessa Sezione 9.</span></span></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><span style="font-weight: normal;">Tratto dall'omonimo manga (1989, lo stesso anno di <b>Tetsuo</b> di <b>Shinya Tsukamoto</b>) di Masamune Shirow, è il primo film in cui l'animazione si lega indissolubilmente alla CG con risultati che risultano di forte impatto ancora oggi. A livello stilisitico è un intrigante esempio di cyberpunk distopico che, attingendo a <b>Blade Runner</b>, <b>Alien</b>, <b>Tetsuo</b> e <b>Akira</b>, ne rielabora gli elementi in modo originale fondando una nuova estetica futuristico/decadente che verrà ripresa da molto cinema sci-fi successivo (<b>Matrix</b> in primis ne attingerà a piene mani richiamando esplicitamente alcuni leitmotiv visivi: le scritte verdi, gli innesti nella nuca; ma ci saranno ricadute anche nel mondo videoludico, come la mimetica ottica in <b>Metal Gear Solid</b>). A livello sostanziale abbondano gli interrogativi sull'autocoscienza, la definizione di identità, gli interrogativi inquietanti sul prossimo futuro tecnologico: arriverà un giorno in cui le macchine non avranno più bisogno dell'uomo? Inoltre c'è un geniale ribaltamento: è la macchina che vuole assomigliare agli organismi biologici, introducendo in sè la possibilità di morte e di riproduzione per assicurarsi un salto evolutivo.</span> </span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">In una realtà come quella attuale in cui i primi esperimenti di macchine "pensanti" stanno vedendo la luce, il mondo messo in scena da Oshii sembra non troppo fantascientifico.</span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Menzione speciale per la colonna sonora di Kenji Kawai, che ha lavorato in opposizione alla narrazione confezionando brani basati su antichi canti folklorici giapponesi mischiati a musica bulgara (!!!) con un risultato impressionante. Nell'edizione occidentale, inoltre, sui titoli di coda si può sentire il brano One Minute Warning dei Passenger (U2 & Brian Eno) dal mood più futuristico.</span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Qualche
critica si può muovere a livello di sceneggiatura: la durata esigua
rende il racconto molto stringato ed obbliga alla lettura del manga per
approfondire molte questioni irrisolte. </span></span> </span></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Voto: 3,5/5 </span></span><br />
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<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">-<a name="Ghost2">Ghost in the Shell 2: l'attacco dei Cyborg</a> </span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Giappone 2004 - animazione/fantascienza - 100min.</span></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Qualche anno dopo i fatti del primo episodio. Nuovo caso per la Sezione 9: alcune ginoidi (sexbot dalle sembianze femminili) si sono ribellate ai loro acquirenti uccidendoli ed in seguito "suicidandosi", agendo come se munite di coscienza. In mancanza del maggiore Kusanagi (data per dispersa dopo i fatti del prequel) Batou e Togusa sono assegnati al caso. Le indagini portano ad un sospetto di collusione tra la Locus Solus, l'azienda produttrice delle ginoidi, ed alcune bande di yakuza. La situazione si complica quando si scopre che il cervello sintetico di Batou è stato hackerato per depistare le indagini.</span></span><br />
<br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Il titolo taliano è quantomai fuorviante: lungi dall'essere un film di battaglie su larga scala, è un seguito anomalo (infatti <b>Oshii</b> l'ha intitolato semplicemente<b> Innocence</b>, poi divenuto sottotitolo nelle edizioni per il mercato anglofono) sia nelle scelte visive (si abbandonano molti dei layout fantascientifici del primo film in favore di ambienti più contemporanei o addirittura retrò) sia in quelle narrative: i modi sono infatti quelli del noir, almeno per tutta la prima metà del film, prima di una formidabile incursione nel fantasy/sci-fi con realtà parallele a triplice incastro ed un finale che mescola azione e J-horror. Sebbene i personaggi principali siano gli stessi del primo film, conviene vederlo più come un film ambientato nello stesso mondo immaginario piuttosto che come un seguito della stessa vicenda, anche perchè il collegamento con la protagonista del primo, recuperato solo nel finale, non ne spiega affatto il mistero della sorte risultando fastidiosamente fuori posto, come un'operazione di fan service obbligata più che sentita dal suo autore. Abbondano ancora gli interrogativi filosofici sulla natura umana non dissimile da quella sintetica, sull'innocenza delle macchine e degli animali e sulla colpevolezza dell'umanità lupo di sè stessa e sfruttatrice delle altre due categorie, che Oshii dispiega attraverso dialoghi tortuosi infarciti di citazioni biblico/religioso/letterarie. A livello estetico il colpo d'occhio è sempre potente: stavolta la CG abbonda lasciando al disegno il compito di tratteggiare i personaggi e qualche elemento del paesaggio; il tutto è condito con un color grading tendente al rosso ruggine che impregna ogni immagine di un'atmosfera tossica e richiama un'idea di girone infernale.</span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">La musica, sempre di Kenji Kawai, ricicla un po' troppo i temi del prequel, ma la resa continua ad essere suggestiva. </span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Peccato per il finale un po' frettoloso e per il mancato approfondimento della figura del cyborg Kim, cattivo potenzialmente memorabile.</span></span><br />
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji"><br /></span></span>
<span style="font-weight: normal;"><span class="t_nihongo_romaji">Voto: 3/5</span></span>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-30563850925468300322014-03-13T13:05:00.002+01:002014-03-13T13:05:40.708+01:00John Lee HancockUn sogno, una vittoria (The Rookie) (2002)<br />Alamo - Gli ultimi eroi (The Alamo) (2004)<br />The Blind Side (2009)<br />Saving Mr. Banks (2013) - 2,5/5<br />
<br />
Hancock (1956), americano, ha diretto film dai generi disparati, ed è anche un duttile sceneggiatore.<br />
<br />
-Saving Mr. Banks<br />
USA 2013 - commedia - 126min.<br />
<br />
La lunga pressione esercitata da Walt Disney (<b>Tom Hanks</b>) sulla scrittrice Pamela Lyndon Travers (<b>Emma Thompson</b>) al fine di ottenere da lei i diritti per la realizazione del film Mary Poppins.<br />
<br />
Un film molto classico nella messinscena, un film di sceneggiatura (si sviluppa quasi totalmente per dialoghi in interni) che si affida molto al talento dei due protagonisti. Un po' prolisso per quanto riguarda i flashback dell'infanzia della scrittrice, che potevano essere molto più succinti, ma accorto nel tratteggiare il carattere burbero della Travers, le differenze tra british (di importazione: la scrittrice è australiana di origine) e americans, le critiicità del processo creativo cinematografico. In tutto questo passa un po' in secondo piano la figura di Disney, che rimane abbastanza enigmatica e misteriosa (peraltro i lati più controversi del personaggio vengono del tutto taciuti).<br />
Film adatto non solo agli estimatori del libro e/o del film di Mary Poppins, ma indicato anche per chi voglia concedersi un paio d'ore di rilassato cinema di interpretazione, come in America si tende a non fare più.<br />
<br />
Voto: 2,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-62103723410306047822014-03-10T18:56:00.002+01:002014-03-10T18:56:57.267+01:00Steve McQueenBear (1993) - corto<br />
Exodus (1997) - corto<br />Deadpan (1997) - corto<br />Hunger (2008)<br />Static (2009) - corto<br />Shame (2011)<br />12 anni schiavo (12 Years a Slave) (2013) - 4/5<br />
<br />
McQueen (1969) inglese, ha iniziato come videoartista prima di approdare al cinema. Dopo appena 3 lungometraggi, si può considerare uno dei registi più talentuosi in circolazione.<br />
<br />
-12 anni schiavo<br />
USA 2013 - biografico/drammatico - 134min.<br />
<br />
Tratto dalla biografia di Solomon Northup, afroamericano nato come uomo libero ma rapito nel 1841 a Saratoga e venduto come schiavo in Lousiana: passa sotto vari padroni e vivrà 12 anni di schiavitù prima di riuscire a provare la sua identità ed essere liberato.<br />
<br />
Il film è il felice risultato delle idiosincrasie di McQueen - tortura psico-fisica, monomanie e dipendenze che imprigionano le persone (persino i bianchi sono schiavi delle proprie passioni, follie, regole sociali) - e delle esigenze di botteghino (grande racconto storico, denuncia sociale, cast magnetico). La sceneggiatura insiste su particolari impietosi che ribadiscono continuamente la sottomissione di una razza rispetto all'altra (non solo brutalità fisiche, ma pessime condizioni lavorative, indottrinamento religioso eccetera), aspetti che la regia si premura di assecondare: frequenti le inquadrature che fanno scorgere la casa dei padroni dal punto di vista degli schiavi, così da farla apparire come una specie di minaccioso panopticon che tutto vede e controlla; la messinscena è sesso antispettacolare, riducendo al minimo il commento musicale e usando lunghi piani-sequenza che contemplano il dolore e la diperazione, ma anche l'immobilismo di una situazione cristallizzata ed immodificabile. Un destino che alcuni accettano ed altri rifiutano, con un sapiente tratteggio psicologico dei vari personaggi. Solo in brevi momenti la rigida geometria formale - che mima tecnicamente il totalitarismo rappresentato - si stempera in parentesi patetiche, più forti proprio perchè sparute: il canto funebre, la commossa agnizione finale.<br />
<br />
Voto: 4/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-45768992851799883742014-03-07T19:41:00.000+01:002014-03-07T19:41:55.399+01:00Fede AlvarezLos pocillos (2001)<br />
El último Alevare (2003)<br />
El Cojonudo (2005)<br />
Ataque de Pánico! (aka Panic Attack!) (2009)<br />
La casa (Evil Dead) (2013) - 2/5<br />
<br />
Alvarez (1978), urugayano, ha raggiunto notorietà grazie al suo corto del 2009 pubblicato su Youtube; notato da GhostHouse Pictures, è stato chiamato alal regia di La casa.<br />
<br />
-La casa<br />
USA 2013 - horror - 92min.<br />
<br />
Remake del film di Raimi, di cui però non mantiene che il concept di base (5 tizi in un cottage sperduto tra i boschi alle rpese con demoni infernali) e qualche espediente tecnico/scenografico (la soggettiva del demone, la motosega), cambiando invece la storia: una ragazza è lì per disintossicarsi, gli altri 4 amici (uno è il fratello che non vede da tempo) sono lì per farle forza e per trattenerla lì con le buone o le cattive. Nello scantinato però rinvengono materiale satanico tra cui un libro di cui uno legge la formula magica ad alta voce (dopo aver appena letto che non la si deve mai pronunciare!) e arrivano i demoni. Le idiozie di sceneggiatura non si contano, la morale è ambigua (non sarebbe successo nulla se la ragazza avesse continuato a drogarsi!) ma almeno si introduce un po' di suspence nella prima parte in cui si suggerisce che il tutto potrebbe essere un'allucinazione della ragazza in crisi di astinenza. Poi invece si entra proprio nell'horror, e qui si nota con piacere l'assenza di ogni remora nel rappresentare efferatezze di tutti i tipi. Regia e reparto tecnico sono buoni, gli attori invece non sono pervenuti: il miglior attore è il cane. Ok è un remake, però il concept si è già visto milioni di volte (Cabin Fever, Quella casa nel bosco, Red Eye....) e la noia arriva, inesorabilmente. <br />
<br />
Voto: 2/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-68372448402701035952014-03-02T15:42:00.000+01:002014-03-06T12:23:55.689+01:00Alan TaylorThat Burning Question – cortometraggo (1990)<br />
Palookaville (1995)<br />
I vestiti nuovi dell'imperatore (The Emperor's New Clothes) (2001)<br />
Kill the Poor (2003)<br />
Thor: The Dark World (2013) - 2/5<br />
<br />
Taylor (1959), americano, oltre che di regia cinematografica si occupa anche di serialità televisiva (I Soprano, Trono di Spade ed altri). Al cinema ha diretto pellicole dei generi più svariati.<br />
<br />
-Thor: The Dark World<br />
USA 2013 - azione/avventura/supereroi - 112min.<br />
<br />
Sequel del primo Thor e memore di The Avengers, il film prosegue la narrazione incentrata sul dio del tuono, stavolta alle prese con un cattivissimo elfo oscuro, per contrastare il quale dovrà stringere un'alleanza con l'amato/odiato fratello Loki. Meno originale del capostipite, gioca qualche asso nel divertente finale - la cui idea poteva essere sfruttata ancora di più - ed in un paio di gradevoli scene d'azione. Per il resto si tratta di un mix di Star Wars, Il Signore degli Anelli, Harry Potter ed altri film sui supereroi. Inutile vederlo se non siete fan del personaggio o avete mancato il primo episodio, godibile per gli altri. Il green screen dilaga. Gli attori non sono malaccio, pur se ingessati in personaggi senz'anima. La regia di Taylor è tanto funzionale quanto anonima.<br />
<br />
Voto: 2/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-66743013445900856722014-02-28T19:45:00.001+01:002014-02-28T19:45:51.262+01:00Michael WinterbottomButterfly Kiss - Il bacio della farfalla (Butterfly Kiss) (1995)<br />Go Now (1995)<br />Jude (1996)<br />Benvenuti a Sarajevo (Welcome to Sarajevo) (1997)<br />I Want You (1998)<br />Wonderland (1999)<br />With or Without You - Con te o senza di te (With or Without You) (1999)<br />Le bianche tracce della vita (The Claim) (2000)<br />24 Hour Party People (2002)<br />Cose di questo mondo (In This World) (2002)<br />Codice 46 (Code 46) (2003)<br />9 Songs (2004) - 2/5<br />A Cock and Bull Story (2005)<br />The Road to Guantanamo - documentario (2006)<br />A Mighty Heart - Un cuore grande (A Mighty Heart) (2007)<br />Genova - Un luogo per ricominciare (Genova) (2008)<br />The Shock Doctrine - documentario (2009)<br />The Killer Inside Me (2010)<br />The Trip (2010)<br />Trishna (2011)<br />Everyday (2012)<br />The Look Of Love (2013)<br />The Trip to Italy (2014)<br />The Face of an Angel (2014)<br />
<br />
Winterbottom (1961), inglese, è un regista pluripremiato che finora però non ha mai riscontrato grandissim isuccessi di pubblico.<br />
<br />
-9 Songs<br />
USA 2004 - pornografico - 69min.<br />
<br />
Un ragazzo e una ragazza si incotnrano ad un concerto rock. La loro relazione di sesso non sopravviverà a nove concerti.<br />
<br />
Capiamoci: se la vostra intenzione è vedere un film pornografico con una minima cornice narrativa, questo è il film giusto, ed anzi apre nuovi spiragli possibili al genere. Ma i passi fatti in questo senso sono troppo esigui per raccomandarlo a qualunque altro pubblico che non sia quello che vuole semplicemente usufruire di un film porno nei modi consueti: la masturbazione. Stilisticamente ha i modi del cinema-veritè e si contraddistingue per l'intensa recitazione dei due protagonisti.<br />
<br />
Voto: 2/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-73721333652829354842014-02-27T17:33:00.002+01:002014-02-27T17:36:19.965+01:00Elio Petri<br />
Nasce un campione (1954) - cortometraggio<br />
I sette contadini (1957) <br />
L'assassino (1961)<br />
I giorni contati (1962)<br />
Il maestro di Vigevano (1963)<br />
Nudi per vivere (1964)<br />
Alta infedeltà, episodio Peccato nel pomeriggio (1964)<br />
La decima vittima (1965)<br />
A ciascuno il suo (1967)<br />
Un tranquillo posto di campagna (1968)<br />
Documenti su Giuseppe Pinelli (1970)<br />
Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970)<br />
La classe operaia va in paradiso (1971) - 3,5/5<br />
La proprietà non è più un furto (1973)<br />
Todo modo (1976)<br />
Le mani sporche (1978)<br />
Le buone notizie (1979)<br />
<br />
Petri (1929-1982) è stato uno dei grandi autori italiani del "cinema impegnato" degli anni '70.<br />
<br />
-La classe operaia va in paradiso<br />
Italia 1971 - commedia/drammatico - 112min.<br />
<br />
Un operaio (<b>Gian Maria Volontè</b>) stakanovista lavoratore a cottimo perde un dito mentre lavora, si unisce alle proteste sindacali, viene licenziato e reintegrato.<br />
<br />
Un film polemico come non si ha più il coraggio di fare: Petri spara a zero sia contro il capitalismo più disumanizzante e totalitario sia contro le eterne divisioni interne e la conseguente incapacità della sinistra italiana. Il caos ideologico tipico della condizione postmoderna è rappresentato da Petri con una messinscena destabilizzante: cacofonico a livello sonoro (gli altoparlanti minacciosi e gracchianti, lo sferragliare dei suoni d'ambiente della fabbrica, la musica dissonante di Morricone - con un leitmotiv simile alla precedente collaborazione col regista), inquietante a livello visivo (montaggio forsennato, zoom violenti come si usavano all'epoca, dominanza di colori freddi) è un film che ha alla base la concezione dell'umanità moderna come regredita ad una condizione di animalità (come bestie sono rinchiuse nel recinto della fabbrica, come bestie si accoppiano e si azzuffano fra loro). Non mancano parentesi comico/grottesche che non fanno che acuire il disagio generale rimandano alla mente il <b>Marco Ferreri </b>più ispirato (l'amplesso in macchina, il manicomio, la delirante scena finale). Sembra di vedere una versione aggiornata ed in chiave drammatica di<b> Tempi moderni</b>.<br />
Volontè straordinario.<br />
Un po' di ripetitività nella seconda parte e<b> Mariangela Melato</b> sprecata in un ruolo minore. <br />
<br />
Voto: 3,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-19771083403778123412014-02-06T19:23:00.002+01:002014-02-06T19:23:51.228+01:00Jon TurtletaubThink Big (1990)<br />L'auto più pazza del mondo (Driving Me Crazy) (1991)<br />Tre ragazzi ninja (3 Ninjas) (1992)<br />Cool Runnings - Quattro sottozero (Cool Runnings) (1993)<br />Un amore tutto suo (While You Were Sleeping) (1995)<br />Phenomenon (1996)<br />Instinct - Istinto primordiale (Instinct) (1999)<br />Faccia a faccia (The Kid) (2000)<br />Il mistero dei Templari (National Treasure) (2004)<br />Il mistero delle pagine perdute (National Treasure: Book of Secrets) (2007)<br />L'apprendista stregone (The Sorcerer's Apprentice) (2010)<br />Last Vegas (2013) - 2,5/5<br />
<br />
Turtletaub (1963), americano, si è cimentato nei generi più svariati.<br />
<br />
-Last Vegas<br />
USA 2013 - commedia - 105min.<br />
<br />
Quattro vecchi amici decidono di fare una rimpatriata a Las Vegas, in occasione delle nozze di uno di loro con una giovane donna. Fra una goliardata e l'altra risorgono vecchie tensioni fra due di loro.<br />
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All-star cast (De Niro, Kline, Freeman, Douglas), product placement (il rapper 50 Cent pubblicizzato in modo svergognato), sfruttamento della moda del momento (le commedie ambientate a Las Vegas che fioccano negli ultimi anni): tutto questo è Last Vegas, che però si avvale di un cast di mostri sacri in gara di bravura ed un reparto tecnico ineccepibile. Alcuni momenti tirati troppo per le lunghe, come il finale che cerca inutilmente un pathos irraggiungibile. Diversi i momenti divertenti, ma data l'età degli attori e presumibilmente del pubblico, il tono non è scollacciato come altre commedie contemporanee ed il tasso erotico è nullo. Alla fine il senso di esistere di questo film è da ricercarsi nel piacere che si prova a vedere quattro vecchi del cinema americano scherzare tra di loro.<br />
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Voto: 2,5/5<br />
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-56335452340309343752014-02-03T19:23:00.001+01:002014-02-03T19:24:49.666+01:00Tim Blake NelsonEye of God (1997)<br />
Kansas (1998) - Cortometraggio<br />
O come Otello (O) (2001)<br />
La zona grigia (The Grey Zone) (2001)<br />
Haskett's Chance (2006) - Film TV<br />
Fratelli in erba (Leaves of Grass) (2009) - 2/5<br />
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Nelson (1964), americano, ha ricoperto i ruoli più disparati della macchina cinema, dalla recitazione alla sceneggiatura, dal montaggio alla regia.<br />
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-Fratelli in erba<br />
USA 2009 - commedia/drammatico - 105min.<br />
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Due fratell gemelli (<b>Edward Norton</b>): uno è professore di folosofia, l'altro è uno spacciatore; il secondo invita il primo che non vede da anni a casa sua, in realtà con scopi segreti in mente.<br />
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Elogiato Norton per la doppia parte, il film è superfluo: tenta invano di imitare lo stile dei Coen (un misto di dramma e commedia con tinte neo-noir) ma Nelson non ha le capacità dei fratelli suddetti e confeziona un film paurosamente privo di ritmo con dialoghi stiracchiati ed un improbable lieto fine.<br />
Titolo italiano imbecille.<br />
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Voto: 2/5<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-44122901684212078102014-01-30T23:09:00.000+01:002014-01-30T23:09:26.065+01:00Neil JordanAngel (1982)<br />In compagnia dei lupi (The Company of Wolves) (1984)<br />Mona Lisa (1986)<br />High Spirits - Fantasmi da legare (High spirits) (1988)<br />Non siamo angeli (We're No Angels) (1989)<br />Un amore, forse due (The Miracle) (1991)<br />La moglie del soldato (The Crying Game) (1992)<br />Intervista col vampiro (Interview with the Vampire: The Vampire Chronicles) (1994)<br />Michael Collins (1996)<br />The Butcher Boy (1997)<br />In Dreams (1999)<br />Fine di una storia (The End of the Affair) (1999)<br />Not I (2000)<br />Triplo gioco (The Good Thief) (2002)<br />Breakfast on Pluto (2005)<br />Il buio nell'anima (The Brave One) (2007)<br />Ondine - Il segreto del mare (2009)<br />Byzantium (2012) - 2,5/5<br />
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Jordan (1950), irlandese, ha iniziato a lavorare per al tv prima di dedicarsi al cinema. Autore eclettico, ha spaziato in svariati generi, è ha vinto l'Oscar alla migliore scenenggiatura per La moglie del soldato. Un suo grande successo televisivo è la serie I Borgia.<br />
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-Byzantium<br />
Irlanda/UK - fantastico/drammatico/thriller/horror - 118min.<br />
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Due sorelle vampire condannate al nomadismo pensano di stabilirsi in una vecchia pensione, il Byzantium, di proprietà di un uomo sul lastrico che la amggiore delle due irretisce, con l'idea di adibire la casa a bordello. Ma questioni aperte risalenti a due secoli prima si rifaranno vivi. <br />
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Jorda, che ha già affrontato l'argomento vampiresco 18 anni prima, riesce di nuovo a mettere in scena il genere in modo originale, soprattutto in vie anomale rispetto ai tentativi recenti che rileggono il mito vampirico in chiave romantico-adolescenziale. In apparenza può non sembrare: in effetti i protagonisti sono adolescenti e c'è un tenue sottotesto sentimentale; i modi sono però radicalmente diversi da film come Twilight o Warm Bodies: c'è un recupero del gotico nel setting e nella fotografia, un gusto grandguignolesco per la violenza fulminea e sanuinosa, un flashback in costume che sfoca nel fantasy puro opposto al presente realistico in tutto (tranne che per i vampiri ovviamente). Perchè quindi il film non funziona? Semplicemente è noioso. Il difetto è una sceneggiatura che non riesce mai davvero ad essere coinvolgente, malgrado i "colpi di scena" inanellati nella seconda metà; anche la mancanza di erotismo si fa sentire: Jordan sembra frenato nello sfruttare al massimo le potenzialità del concept.<br />
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Voto: 2,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4168830769048141726.post-91985205860146651872014-01-29T15:22:00.002+01:002014-02-09T18:59:27.943+01:00Jean-Marc ValléeListe noire (1995)<br />
Posse II - La banda dei folli (Los Locos) (1997)<br />
Loser Love (1999)<br />
C.R.A.Z.Y. (2005)<br />
The Young Victoria (2009)<br />
Café de Flore (2011)<br />
Dallas Buyers Club (2013) - 3,5/5<br />
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Valléè (1963), canadese, ha acquisito notrietà internazionale con C.R.A.Z.Y., passato al Tiff 2005. Dallas Buyers Club è un altro successo, con 6 nomination agli Oscar 2014.<br />
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-Dallas Buyers Club<br />
USA - drammatico - 117min.<br />
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Texas 1986: Ron Woodrof (Matthew MacConaughey), omofobo operaio e scommettitore dedito all'alcolismo e alla deboscia, scopre di essere malato di AIDS, con una speranza di vita di 30 giorni. Si passa dal suo rifiuto di accettare la realtà, alla disperazione della presa di coscienza, alla ricerca di una cura possibile, alla scoperta della tossicità del farmaco maggiormente in voga all'epoca per la cura di questa malattia (l'AZT) e quindi alla volontà di sperimentare metodi alternativi nonostante il discredito delle autorità sanitarie governative.<br />
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Ispirato ad una storia vera, è un film quantomai attuale, considerando il dibattito nostrano sul controverso metodo Stamina. Il regista parteggia per il suo protagonista, dipingendo come cattivi i membri della casa farmaceutica che produce l'AZT e le autorità sanitarie. A fine film però (probabilmente per evitare denunce) una didascalia specifica che attualmente una dose depotenziata di tale farmaco è tuttora utilizzata in unione con altre medicine per la cura dei pazienti affetti da AIDS; per lo spettatore risulta quindi difficile farsi un'idea dei torti e delle ragioni dei protagonisti di questa vicenda. Senza dubbio il film stimola la curiosità e l'approfondimento personale della questione. La sensazione è quella di un momento molto caotico nel mondo della società civile e della scienza: gli anni '80 sono stati quelli dell'AIDS dilagante (proprio del 1980 è Cruising di William Friedkin) anche al di fuori dell'umanità omosessuale, e la paura collettiva portò certamente molte persone a provare sfiducia verso la comunità scientifica ufficiale, impotente di fronte al fenomeno dati i lunghi tempi necessari alla sperimentazione e alla ricerca; il disperato anelito a cure miracolose però portò anche frutti insperati: nel caso descritto nel film infatti si pone l'accento sul fatto che una cura non tossica ed un po' improvvisata, sebbene non risolutiva, potesse migliorare comunque le condizioni di vita dei malati; inoltre l'operazione condotta da Woodrof (che si mette a capo di un'organizzazione sul filo dell'illegalità che gestisce la compravendita di medicinali importati dal Messico e non approvati ufficialmente dall'ente governativo americano) ebbe anche il grande merito di trattare con umanità queste persone, in mezzo a indifferenza o ostracizzazione. La pellicola poggia quasi totalmente sulle spalle di MacConaughey (che interpretazione!), ma non è da meno Jared Leto nei anni del travestito suo socio in affari. La dottoressa Saks (Jennifer Garner), protagonista femminile, è invece più monocorde, forse perchè il suo personaggio è il più normale di tutti. La regia di Vallée, pur lasciando protagonista assoluta la sceneggiatura, riesce a far emergere uno stile personale, per esempio con l'utilizzo di brevi inserti che spezzano la narrazione principale per rivelarci alcuni aspetti dei personaggi, approfondendone la personalità o lo status psicologico del momento (per esempio la masturbazione di Woodrof o la scena in cui la dottoressa Saks appende in modo poco ortodosso un quadro alla parete di casa); inoltre il suo sguardo non è mai enfatico, non eccede in sentimentalismi, si tiene insomma alla giusta distanza, anche grazie al montaggio veloce a cura del regista stesso, coadiuvato da Martin Pensa.<br />
Le didascalie sono stranamente scritte con un carattere minuscolo che può affaticare la vista.<br />
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Voto: 3,5/5Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/02145933720932179113noreply@blogger.com