martedì 10 aprile 2012

I teorici sovietici

-Gli anni precedenti avevano visto teorie frammentarie. Negli anni '20 per la prima volta vengono scritte riflessioni più approfondite, ad opera dei registi/teorici sovietici; essi lavoravano nel panorama d'avanguardia del teatro, della pittura, della letteratura ed del cinema. Tutti loro si consideravano “lavoratori della cultura” intenti a rivoluzionare e modernizzare la Russia. Tutti enfatizzavano che il montaggio fosse la base della poetica cinematografica.

-Dziga Vertov lancia nel 1925 la teoria del “cine-occhio”: ogni cosa, se osservata con l’occhio del cinema, diventa nuova e straordinaria, grazie al montaggio. Inventa così un montaggio poetico e straniante, evidente nel film L’uomo con la macchina da presa (1929), che esalta il nuovo mondo della velocità e delle macchine (“l'epica delle centrali elettriche”), che però a contrario del futurismo italiano di stampo reazionario, doveva mettersi al servizio del popolo.. Era ancor più radicale di Ejenstejn quando dichiarava la “sentenza di morte” del cinema commerciale, ovvero i film di natura romantica o di stampo teatrale. In questi film vertov vedeva il giogo della borghesia reazionaria abbattersi sul proletariato vittima di un cinema vecchio e programmatico, che lui voleva abbattere con un cinema rivoluzionario. Per questo aspirava ad una ripresa cinematografica fatta per le strade, lontana dagli studios, per mostrare le persone senza maschera né trucco.

-Kulesov inventore dell’effetto omonimo (lo stesso primo piano di un soggetto accostato a immagini diverse crea nello spettatore sensazioni/emozioni diverse) dimostra come nei film il senso sia prodotto dal montaggio, non dalle singole inquadrature, che guadagnavano significato solo all'interno di un sistema più vasto (e ciò anticipa lo strutturalismo).

-Pudovkin lancia la teoria dello “specifico filmico”, secondo cui l’elemento contraddistintivo del cinema è proprio il montaggio, che genera gli spostamenti del centro dell'attenzione tipica della percezione ordinaria e quotidiana.

-Ejenstejn aveva un'impostazione multiculturale, era interessato alla scultura africana, al kabuki giapponese, alle ombre cinesi; scelse un cinema anti-naturalistico basato sul typage, ovvero la scelta del cast artistico in base ai connotati fisiognomici degli attori ed alle tipologie sociali che essi rappresentavano. Lancia la teoria del “montaggio delle attrazioni” (1924), che mette subito in pratica nel film Sciopero (1924): montaggio brevissimo, scene strane, dure, violente, inquadrature che scombinano la narrazione. In base alla “teoria degli stimoli” il montaggio deve stimolare l’immaginazione dello spettatore, e non spiegare tutto linearmente per filo e per segno. Fa quindi un ampio ricorso a primi piani, dettagli, azioni parziali, e viene meno anche la linearità temporale. Elabora anche la “teoria del cine-pugno”: il film deve colpire lo spettatore, dargli un effetto di shock. L’applicazione di tutte queste teorie si può vedere nel celebre La corazzata Potemkin (1925), specie nella sempre citata sequenza della scalinata di Odessa, e in Ottobre, per gli inserti extra-diegetici che interrompono la narrazione (sequenza del pavone meccanico che simboleggia la vanità del primo ministro Kerensky). Dopo l’avvento del sonoro, scriverà con Pudovkin il “manifesto dell’asincronismo” (1928), dichiarandosi a favore di un utilizzo del suono non sincronizzato con le immagini (ecco da chi ha imparato Enrico Ghezzi).

-Dopo il '35 il realismo sovietico stalinista viene imposto come unica estetica, così tutte queste correnti avanguardistiche vengono abolite.

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