martedì 6 settembre 2011

Roman Polanski

Il coltello nell'acqua (Nóż w wodzie) (1962) - 3/5
Repulsion (Répulsion) (1965) - 3,5/5
CulCul-de-sac (1966) - 3,5/5
Per favore non mordermi sul collo! (The Fearless Vampire Killers) (1967)
Rosemary's Baby (1968) - 4/5
Macbeth (The Tragedy of Macbeth) (1971)
Che? (What?) (1972)
Chinatown (1974)
L'inquilino del terzo piano (Le locataire) (1976)
Tess (1979)
Pirati (Pirates) (1986)
Frantic (1988)
Luna di fiele (Bitter Moon) (1992) - 3,5/5
La morte e la fanciulla (The Death and the Maiden) (1994)
La nona porta (The Ninth Gate) (1999) - 2/5
Il pianista (The Pianist) (2002)
Oliver Twist (2005)
l'uomo nell'ombra (The Ghost Writer) (2010) - 2/5
Carnage (2011)

Polanski (1933), polacco, è un regista noto per i suoi drammi a tinte fosche, thriller paranormali, gialli freddi e crudeli, in cui si dà largo spazio allo scavo psicologico dei personaggi. Dotato di un senso estetico di rara perfezione, confeziona sempre opere interessanti, sebbene con sbalzi anche notevoli.

-Il coltello nell'acqua
(Nóż w wodzie) di Roman Polanski - Polonia 1962 - commedia/drammatico - 94min.

Una coppia benestante, Andrzej (Leon Niemczyk) e Krystyna (Jolanta Umecka) sta andando in auto verso i laghi Masuri per trascorrere il weekend in barca a vela. Lungo il tragitto, per poco non investono un autostoppista (Zygmunt Malanowicz) . Andrzej è infastidito dal ragazzo, studente di umile estrazione sociale, ma accetta di dargli un passaggio. La coppia finisce per invitare il ragazzo con loro sulla barca. Andrzej si comporta con il ragazzo in modo sprezzante, sfoggiando la sua superiorità sociale come un vanto. In breve fra i due uomini nasce un rapporto di rivalità, con la donna come "arbitro" e ricompensa della competizione.

Esordio di Polanski, primo film polacco ad essere candidato all'Oscar come miglior film straniero e premio FIPRESCI alla mostra del cinema di Venezia, è una raffinata analisi psico-sociologica ambientata quasi esclusivamente su una barca a vela, un microcosmo autonomo dove i conflitti di classe e di sesso emergono prepotentemente, ma quasi mai sottoforma di violenza fisica: è il diverbio verbale e comportamentale che interessa Polanski, regista eccezionale nella rappresentazione psicologica dei personaggi, di cui spesso gli oggetti personali e di uso quotidiano diventano estensione e rappresentazione metaforica, acquistando un'importanza rilevante nella narrazione (qui il coltello appare fin dal titolo, ne La nona porta il motore dell'azione è un libro, come ne L'uomo nell'ombra, l'amuleto regalato dalla vicina in Rosemary's baby - Nastro rosso a New York e così via). Bianco e nero straordinario per intensità e nettezza delle immagini. A volte il film è un po' lento ed alcune situazioni sembrano prolungarsi senza ragione, inoltre la vicenda ha una certa dose di prevedibilità, tuttavia la pellicola è godibile ancora oggi, e senza dubbio è uno degli esordi cinematografici più interessanti che abbia visto.

Voto: 3/5

-Repulsion
di Roman Polanski - GB 1965 - drammatico/thriller - 104min.

Primo film d'appartamento di Polanski, e uno dei suoi capolavori, narra la precipitazione di Carol (Catherine Deneuve), estetista sensibile e disgustata dagli uomini, negli abissi della follia mentale.

Sola fra le pareti domestiche (che in Polanski sono sempre incubatrici di incubi in quanto rappresentazioni interiori e mai rifugi sicuri e tranquilli) Carol è vittima di allucinazioni sonore, visive, sensoriali che la fanno impazzire completamente. La Denevue si aggira spaurita per l'oscura abitazione, vera e propria protagonista del film, che molto "cronenberghianamente" sembra un organismo vivente e minaccioso, luogo di morte e di terrore. Polanski non dà alcuna spiegazione circa i disturbi mentali della ragazza, sebbene si intuisca che ne abbia sofferto per tutta la vita. L'interesse del regista verso la degenerazione della patologia è quasi clinico, sembra proprio di assistere alla messinscena di un collasso psicologico. Il merito della riuscita del film va in larga parte ad una fotografia che definire ottima è poco. Di scarso interesse è invece il reparto musicale, anche se non manca di entrare nei momenti giusti. Il film è talmente ben fatto che i momenti di tensione sono particolarmente efficaci ancora oggi, il che è davvero incredibile per un film che ha più di 40 anni di età. Come spesso accade nei film di Polanski, i piccoli oggetti hanno una grande importanza, ed in un certo senso anch'essi contribuiscono all'acuirsi del malessere di Carol e all'inquietudine del pubblico. Il non spiegato (le radici della malattia, i tre suonatori, la dinamica dei fatti nel finale) aumenta il senso di mistero ed il fascino del film. Alla sua seconda opera, Polanski dimostra la sicurezza e la competenza di un grande autore ed una completa padronanza del mezzo cinematografico.

Voto: 3,5/5

-Cul-de-sac
di Roman Polanski - UK 1966 - grottesco - 111min.

Due balordi si rifugiano, dopo un colpo finito male, in un maniero isolato (che con l'alta marea rimane circondato dall'acqua) un tempo di proprietà di un famoso scrittore, ora dimora di una coppia borghese. Uno dei due criminali è ferito mortalmente, così il burbero compagno Dickie (Lionel Stander, ottimo) si fa carico di badare a lui e chiamare il loro capo per richiedere soccorso. Dickie mette subito in riga il patetico uomo di casa, George (Donald Pleasance), che peraltro è denigrato persino dalla sensuale moglie Teresa (Françoise Dorléac). Tra i tre inizia un perverso gioco di equilibri di potere e di forze che si risolve in un finale allucinato.

Fra i primi film di Polanski è quello più paradigmatico del suo personalissimo stile: vi compaiono molti degli elementi del suo cinema precedente (e futuro), conditi con una dose di umorismo nero che è il marchio di fabbrica del regista polacco.
Come spesso accade nei suoi film, la vicenda avviene in un luogo isolato (un vicolo cieco, appunto) circondato dal mare (elemento presente in tante pellicole polanskiane); l'astrazione dell'ambientazione e della storia è quindi il tramite attraverso cui Polanski descrive le psicologie dei suoi personaggi ed i modi (bruschi, nervosi, eccessivi) con cui essi interagiscono. Proprio come ne Il coltello nell'acqua, tutto ruota attorno ad un triangolo, che vede i due uomini "contendersi" le attenzioni della donna, oggetto del desiderio per eccellenza e quindi tentatrice, crudele, fredda ed irraggiungibile (nessuno la "conquista" alla fine); tutto il film è un muoversi vorticoso dei personaggi (simile a quello dei numerosi pennuti che popolano l'isolotto) alla ricerca di qualcosa che nemmeno loro sanno, intrappolati in una situazione (la vita stessa?) che non concede una via di fuga dal cul-de-sac (il capo dei banditi che non arriva mai).
Girato uno splendido B/N che rende la vicenda ancor più astratta e simbolica, è un gran film che unisce in un colpo solo molti dei pregi del cinema polanskiano.
Da vedere.

Voto: 3,5/5

-Rosemary's Baby

di Roman Polanski - USA 1968 - horror - 137 min.

Questo è uno dei lavori più famosi di Polanski e, probabilmente il suo capolavoro. Tratto dal bel romanzo di Ira Levin (che ho letto e raccomando!), il film ha la strana capacità di inquietare senza mostrare mai immagini di violenza, di sangue, di qualunque tipo di immagine che, insomma, ci si aspetterebbe di trovare in un film dell'orrore. Questo perchè "Rosemary's baby" è una di quelle opere che attraggono lo spettatore come una calamita, e non lo lasciano scaricare dalla tensione che gli si crea durante la visione del film, nemmeno nel malinconico, bellissimo finale.

Rosemary (Mia Farrow) convince il marito attore a trasferirsi in un bellissimo appartamento nel centro di N.Y. dove i novelli sposi faranno conoscenza con un'allegra coppia di anziani sposati che saranno i loro nuovi vicini di casa. Quel che all'inizio sembra un idillio pian piano si tramuterà, per Rosemary, in un incubo fatto di oscure presenze, voci, l'intera atmosfera della casa sembrerà cambiare. Il marito non avverte nulla di tutto ciò, e la prende per pazza, dando la colpa di queste sue visioni allo stress dovuto alla gravidanza; Rosemary comunque finirà per partorire e comincia a convincersi della tesi del marito, quando improvvisamente, nella fantastica sequenza finale, scoprirà la verità.

Ora, tenete conto che la trama è MOLTO approssimativa, proprio per evitare di svelare troppo (in effetti letta così non sembra affatto un horror!). considerando che il film è del 1968, la macchina di spavento funziona alla perfezione, e momenti di suspance si provano ancora adesso. Certo, non si può paragonare il disagio provocato da questo film alla vera e propria angoscia che crea "L'esorcista", probabilmente questo è dovuto anche all'assenza di elementi più propriamente splatter. In effetti la violenza c'è, ma è lasciata fuori campo, va intuita e non è mai presentata davanti all'occhio dello spettatore, che può coglierne le conseguenze e le cause, ma mai vederla "in atto": lo spettatore è in ansia non perchè ha paura di quello che succede, ma proprio perchè non riesce a capirlo; si trova cioè nella stessa situazione della protagonista, travolta da eventi a cui non sa dare una spiegazione, e che vuole cercare di chiarificare. E' come se lo spettatore indagasse assieme alla protagonista alla ricerca di quella verità che, alla fine, lascerà spiazzati tutti.
Da vedere.

Voto: 4/5

-Luna di fiele
(Bitter Moon) di Roman Polanski - Francia/GB 1992 - drammatico - 139min.

Su una nave da crociera si intrecciano le vicende di due coppie: una giovane coppia inglese di ceto benestante, personcine per bene e un po' moraliste (Hugh Grant e Kristin Scott Thomas), e una coppia francese (Peter Coyote e Emmanuelle Seigner) più equivoca e libertina. Il francese, relegato su una sedia a rotelle, racconta tutte le sere all'inglese una parte della sua vicenda sentimentale con l'affascinante moglie per la quale il britannico prova un'inconffessabile attrazione. La storia è torbida e perversa e finisce per mettere in crisi le certezze dei due coniugi inglesi.

Più polanskiano di così si muore! E' un concentrato di pulsioni sotterranee che evidenziano tutti i più oscuri anfratti del rapporto di coppia, basato su logiche di potere e appagamento personale. E' una ripresa, più in grande e più intensa, delle tematiche affrontate dal regista ne "Il coltello nell'acqua", di cui riprende anche la situazione di partenza, ovvero la nave (in questo caso da crociera). Il cast è eccezionale e Hugh Grant, in una parte assolutamente insolita per chi (come me) è abituato a vederlo in commedie leggere, interpreta con efficacia lo spaesamento del suo personaggio. La Seigner, attuale moglie di Polanski, si mostra generosamente alla telecamera, ma i suoi pregi sono anche recitativi. Solo il finale lascia interdetti: dopo tutto ciò che è successo il risistemarsi delle cose non convince.
Da un romanzo di Pascal Bruckner.

voto: 3,5/5

-La nona porta
(The ninth gate) - di Roman Polanski - Francia-Spagna 1999 - drammatico - 132 min.

Che dire, il mestiere c'è, gli attori pure, il fascino misterioso della storia anche. Eppure...

Dean Corso (J.Depp) è un esperto di libri antichi, il suo lavoro consiste nel valutare i libri di ricchi collezionisti e fare da tramite fra i compratori o comprarli lui stesso. Un giorno viene contattao da uno dei più famosi collezionisti di libri occultistico-esoterici (il nome nn lo ricordo!!!) che gli commissiona un importante incarico: stabilire quale delle tre copie esistenti del libro "Le Nove Porte del regno delle ombre" (una delle quali in suo possesso) sia autentica; le altre due sono in mano ad importanti collezionisti europei. Il riccone si offre di pagare tutte le spese del viaggio, ma avverte Corso che durante il suo viaggio potrebbe incontrare qualche difficoltà...come infatti avverrà; per di più Corso diveneterà sempre più ossessionato da questo libro, e ciò non farà altro che rendere le cose ancora più difficili....

La trama è sicuramente avvincente ed il modo avventuroso in cui gli eventi si svolgono rendono il film piacevolmente godibile, tuttavia non è un capolavoro che dovete aspettarvi dalla visione di questa pellicola: alcuni meccanismi nella storia ogni tanto inceppano, e si ha la spiacevole sensazione di incompletezza una volta finito il film; si vorrebbe sapere qualcosa di più, approfondire meglio alcuni passaggi che purtroppo sono solo abbozzati. Detto questo non credo che Polanski cercasse il gran film, ma solo un piacevole intrattenimento per il pubblico.
In questo c'è riuscito benissimo, ma da un Big come lui è lecito aspettarsi di più. La pellicola dà infatti lìimpressione di un divertissement fine a sé stesso.

Voto: 2,5/5

-l'uomo nell'ombra
(The ninth gate) - di Roman Polanski - Francia-Spagna 1999 - drammatico - 132 min.

Che dire, il mestiere c'è, gli attori pure (mitico Depp!), il fascino misterioso della storia anche. Eppure...

Ma andiamo con ordine, la trama:
Dean Corso (J.Depp) è un esperto di libri antichi, il suo lavoro consiste nel valutare i libri di ricchi collezionisti e fare da tramite fra i compratori o comprarli lui stesso. Un giorno viene contattao da uno dei più famosi collezionisti di libri occultistico-esoterici (il nome nn lo ricordo!!!) che gli commissiona un importante incarico: stabilire quale delle tre copie esistenti del libro "Le Nove Porte del regno delle ombre" (una delle quali in suo possesso) sia autentica; le altre due sono in mano ad importanti collezionisti europei. Il riccone si offre di pagare tutte le spese del viaggio, ma avverte Corso che durante il suo viaggio potrebbe incontrare qualche difficoltà...come infatti avverrà; per di più Corso diveneterà sempre più ossessionato da questo libro, e ciò non farà altro che rendere le cose ancora più difficili....

La trama è sicuramente avvincente ed il modo avventuroso in cui gli eventi si svolgono rendono il film piacevolmente godibile, tuttavia non è un capolavoro che dovete aspettarvi dalla visione di questa pellicola: alcuni meccanismi nella storia ogni tanto inceppano, e si ha la spiacevole sensazione di incompletezza una volta finito il film; si vorrebbe sapere qualcosa di più, approfondire meglio alcuni passaggi che purtroppo sono solo abbozzati. Detto questo non credo che Polanski cercasse il gran film, ma solo un piacevole intrattenimento per il pubblico.
In questo c'è riuscito benissimo, ma da un Big come lui è lecito aspettarsi di più. La pellicola dà infatti lìimpressione di un divertissement fine a sé stesso.

Voto: 2/5

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