giovedì 1 settembre 2011

David Lynch

Six Figures Getting Sick (1966)
The Alphabet (1968)
The Grandmother (1970)
The Amputee (1974)
Eraserhead - La mente che cancella (1977) - 4/5
The Elephant Man (1980)
Dune (1984) - 2/5
Velluto blu (Blue Velvet) (1986) - 3,5/5
The Cowboy and the Frenchman - episodio della serie Les Français vu par... (1988)
Industrial Symphony No. 1: The Dream of the Broken Hearted (1990)
Cuore selvaggio (Wild at Heart) (1990) - 2,5/5
Fuoco cammina con me (Twin Peaks: Fire Walk with Me) (1992)
Lumière: Premonitions Following an Evil Deed - episodio di Lumière et compagnie (1996)
Strade perdute (Lost Highway) (1997)
Una storia vera (The Straight Story) (1999) - 4/5
Mulholland Dr. (2001) - 4/5
INLAND EMPIRE - L'impero della mente (2006) - 5/5

Lynch (1946), americano, è uno dei più importanti registi cinematografici. Il suo lavoro estetico e linguistico ha portato il cinema verso vette prima inesplorate, e la sua maestria regisitca ha davvero pochi eguali. Originario di Missoula, Montana, studia a Philadelphia, al Pennsylvania Academy of Fine Arts. Qui inizia a realizzare i primi lavori di arte e videoarte, come Six Figures Getting Sick.
In seguito inizia a girare veri e propri cortometraggi assolutamente astratti ed ermetici, ma visivamente ed acusticamente affascinante. Il risultato di questi anni di ricerca è il celebre Eraserhead, film cult del '77, che lo rende famoso nei circuiti underground ma non solo: notato da Mel Brooks, Lynch è ingaggiato per dirigere The Elephant Man. Il successo di questo film gli permette di avviare la sua carriera in modo definitivo. Oltre al lungometraggio Lynch si deidica anche alle serie tv: di questi progetti televisivi l'unico veramente compiuto rimane Twin Peaks, mystery story dai risvolti esoterici, che ebbe successo mondiale.
Dopo qualche anno lontano dal grande schermo, Lynch realizza uno dopo l'altro i suoi film migliori, tutti capolavori del cinema, fino all'ultimo INLAND EMPIRE, che non è forse sbagliato considerare il più importante film mai realizzato.

-Eraserhead: la mente che cancella
di David Lynch - USA 1977 - fantastico - 90 min.

descrivere Eraserhead, esordio alla regia di David Lynch ("The elephant man", "Velluto blu", "Mulholland drive"), è estremamente difficile. Realizzato in bianco e nero voluto dal regista, è un insieme di situazioni grottesche e surreali che provocano un senso di disagio, disadattamento, insanità (in tutti i sensi), follia ed alienazione individuale e sociale.

Henry, un impiegato (da quel poco che si capisce) in ferie, va a trovare la sua ragazza ed è ospite a cena della sua famiglia; qui apprende dalla madre della ragazza che essa ha avuto un figlio da lui a sua insaputa, e così i due sono costretti a sposarsi. La ragazza è però provata dalle continue attenzioni che il figlio (nato deforme, anzi di aspetto solo lontanamente simile ad un essere umano) richiede, e se ne va di casa, lasciandolo in custodia ad Henry, che fantastica di una ragazza che vive all'interno del suo calorifero e intona graziose canzoncine...

E' proprio l'ineffabilità della vicenda a caratterizzare profondamente quest'opera, che si traduce in pura sperimentazione cinematografica. L'atmosfera che riesce a creare è fra le più incredibili che abbia riscontrato in un film, e questo è positivo, tuttavia se optate per i film lineari e facilmente comprensibili, non è certo il film che fa per voi. Non a caso è considerato fra i film più weird (= bizzarro, grottesco, surreale) mai realizzati!
La visione è quindi consigliata solo agli amanti del genere, e questo purtroppo ne compromette un pò l'accessibilità.
Chi non si fa intimorire invece troverà un serbatoio di idee suggestive in cui perdersi con un misto di divertimento e angoscia.

Voto: 4/5

-Dune
di David Lynch - USA 1984 - fantascienza - 131min.

Nel 10191, due casate si contendono il dominio su Dune, pianeta su cui cresce una spezia in grado di conferire a chi la consuma poteri superumani. L'ultimo rampollo di una delle due casate si affeziona alla popolazione locale e la aiuta a riappropriarsi del proprio pianeta.

Perchè questo è, a mio parere assieme a "Cuore selvaggio", il peggior film di Lynch? Non c'è da contare solo la scarsa attitudine del regista al genere fantascientifico, compensata in parte da suggestivi passaggi onirici e da paesaggi desertici ben fotografati; non è nemmeno l'eccessiva canonicità e scontatezza della vicenda, che è narrata con brio (nonostante alcuni passaggi di difficile comprensione); e neppure la colonna sonora che, date le premesse (Brian Eno e Toto) sarebbe dovuta essere eccellente mentre risulta solo funzionale; i difetti principali sono due: il primo è la scenografia, che tenta in tutti i modi di risultare stravagante, suggestiva ed in qualche modo avveniristica, per poi scadere in ridicole e per nulla futuristiche scalette metalliche e laboratori scientifici degni di b-movies di sci-fi per spogliatezza dell'ambiente; il secondo è l'apparato effettistico: se si pensa a "Guerre Stellari" o (soprattutto) a "Blade Runner", ci si chiede come siano stati usati i 40 milioni di dollari di budget: forse nel compenso a Sting, che interpreta uno degli antagonisti. E i vermoni di Rambaldi? Ridicoli (oggi come, penso, allora). Non stupisce che al botteghino sia stato un flop colossale. Troppo datato per consigliarlo a chicchessia, eccetto ovviamente i fan del regista, che però ben poco troveranno del Lynch cui sono abituati.
Evitabile.

Voto: 2/5

-Velluto blu
(Blue Velvet) di David Lynch - USA 1986 - giallo - 120min.

Lynch al servizio di una storia di investigazione costruita in un modo che non si era mai visto: riesce a fare un film sui sentimenti anche sprofondando nel delirio del crimine e delle perversioni, approdando ad un lieto fine che è come una preghiera. In altri film Lynch si dimostra più pessimista, ma in "Velluto blu" il Male, come nelle favole, può essere sconfitto grazie all'Amore.

Lumberton, USA. In città per una visita al padre malato, un ragazzo scopre un orecchio umano abbandonato nell'erba di un campo. Incapace di tenere a freno la sua curiosità, inizia ad investigare sul caso, portando alla luce quanto di più abnorme si possa celare sotto l'apparente tranquillità del luogo.

Come in Twin Peaks, Lynch scava nel profondo alla ricerca del nascosto, dello scheletro nell'armadio, del segreto intollerabile, delle più turpi depravazioni attraverso un personaggio che incarna la curiosità dello spettatore nei confronti del dipanarsi della storia, e più in generale dello svolgersi dei film. Proprio come un making-off che si può vedere in un DVD, è un film sullo svelamento, sul "dietro le quinte", quindi sull'inconscio e sul sogno, temi quasi impossibili da rappresentare sullo schermo, ma temi su cui Lynch costruisce il suo cinema di visioni, paradisiache o infernali che siano. E' un viaggio dantesco all'inferno e ritorno, incentrato sulla convinzione che, nonstante tutto, il Bene può prevalere: basta volerlo.
Ricco di personaggi memorabili, ottimamente interpretato (Hopper, Stockwell, ma anche gli interpreti principali), con le musiche inquietanti ed oniriche di Badalamenti ed un sound design ricercatissimo come sempre nei film del regista, "Velluto blu" è un film imperdibile per la sua suspence e la sua poesia.
Da vedere.

Voto: 3,5/5

-Cuore selvaggio
(Wild at Heart) di David Lynch - USA 1990 - drammatico/fantastico - 120min.

Sailor è un pericoloso criminale. Lula è innamorata di lui. I due fuggono insieme. La madre di lei non vuole e assolda un sicario, Santos, per uccidere Sailor. Santos delega il compito a un altro che lo delega ad altri due. Sailor e Lula scappano in Messico, ma l'inseguimento continua.

Palma d'oro a Cannes 1990. Troppa grazia per uno dei film meno riusciti di Lynch (ma non so cosa ci fosse d'altro in concorso a Cannes...); l'amalgama di generi non funziona, Nicholas Cage, pur insolitamente bravo, non è supportato da personaggi di contorno all'altezza del racconto, anche se l'affiatamento con Laura Dern è riuscito. Più di tutti spicca certamente Dafoe, ma a parte la recitazione è un film di poca sostanza, che non sa dove andare a parare e procede per accumulo di scene a volte inutili (l'incidente d'auto). C'è un pò di tutto in questo film: road-movie, giallo, thriller, commedia, comico, grottesco, fiabesco e fantastico. Troppo, troppo, troppo! Metterci dentro il più possibile non vuol dire fare qualcosa di innovativo o originale, ma solo un gran casino. Il comparto tecnico è al solito eccellente e quello sonoro è l'eccellenza dell'eccellenza, ma non sono motivi sufficienti da giustificare il consiglio di visione, che è rivolto solo ai fan del regista. Accessorio, indigesto.

Voto: 2,5/5

-Una storia vera
(The Straight Story) di David Lynch - USA/Francia 1999 - commedia - 111min.

Come recita il titolo italiano (quello originale è un gioco di parole con il cognome del protagonista), è la storia vera di Alvin Straight, che nel 1994, all'età di 73 anni, partì da Laurens (Iowa) diretto a Mount Zion (Wisconsin) per andare a trovare il fratello Lyle, col quale aveva rotto da anni i rapporti in seguito ad una lite, appena apprese che quest'ultimo aveva avuto un infarto. Percorse le 317 miglia di strada a bordo del suo tagliaerba del 1966, in quanto non possedeva una patente e non disponeva di mezzi finanziari sufficienti per compiere l'impresa in altro modo. Fu anche un modo per liberarsi, lentamente, di vecchi rancori e lasciarsi il passato alle spalle, perchè in fondo "Un fratello è un fratello".

Lynch affronta una storia ambientata sulla strada, elemento ricorrente nel suo cinema, con massima linearità e semplicità, l'esatto opposto insomma del precedente "Strade Perdute" e del successivo "Mulholland Drive". La vicenda, così incredibile da parere una fiaba, è raccontata col ritmo del lavoro nei campi, alla velocità di una passeggiata nella natura, nella quale spunta ogni tanto qualche centro abitato dove l'uomo sembra vivere in armonia col mondo circostante. Non ci sono ostacoli, antagonisti, anzi: Alvin trova ovunque aiuto, comprensione, ascolto, e benchè non abbia molto da offrire cerca sempre di ricambiare. Lynch sembra voler dire che basta poco per vivere pacificamente, e mette in luce le buone qualità delle persone, pur senza omettere difficoltà e momenti tristi (ma mai eccessivamente drammatici o disperati). L'unico nemico da sconfiggere risiede dentro Alvin stesso, ed è il suo ego, il suo orgoglio, che con questo viaggio vuole affrontare e demolire. Basato sul tema dell'importanza della famiglia e degli affetti, è un film pieno di momenti poetici e commoventi, lirici e metafisici, mistici ma anche realistici, onirici ed ironici, malinconici e profondi: insomma tipicamente "lynchani". Stupendamente fotografato, suggestivamente musicato (dal grande Badalamenti), ottimamente interpretato, "Una storia vera" è uno dei migliori film di Lynch e vederlo vuol dire assistere ad una vicenda semplice ma carica di significati.

Voto: 4/5

-Mulholland Dr.
di David Lynch - USA 2001 - thriller/drammatico/fantastico - 145min.

Los Angeles, la città dei sogni.
A seguito di un incidente stradale su Mulholland Drive, Rita (Laura Elena Harring) perde la memoria, e si rifugia barcollante in una casa mentre la persona che la abita se ne sta andando. Nella stessa casa il giorno seguente arriva però un'altra ragazza, Betty (Naomi Watts) nipote della donna che ha lasciato l'appartamento la sera prima: Betty è in città per fare dei provini per un film, e la zia, di nome Ruth, le ha lasciato l'appartamento per il periodo necessario. Appena Betty incontra Rita nell'appartamento rimane intrigata dal mistero e si offre di aiutare la ragazza a scoprire la sua identità. Ci sono poi altre storie secondarie (ma non troppo): in un bar un uomo confida ad un altro (il suo medico?) che sogna sempre un personaggio raccapricciante spuntar fuori dal retro del locale; un regista (Justin Theroux) è alle prese con due loschi personaggi, i fratelli Castigliani, che vogliono costringerlo a ingaggiare l'attrice che vogliono loro; un sicario ruba una misteriosa agendina per ordine di uno sconosciuto, causando più di una vittima; una misteriosa chiave apre una scatola blu che ribalta tutte le carte in tavola.

Il film potrebbe essere in primo luogo considerato un raffinato esercizio di stile: i luoghi comuni lynchani del subconscio, del nascosto, del dimenticato, del complotto, del sogno sono tutti presenti e mescolati in una struttura labirintica e nettamente divisa in due parti, di cui la seconda, superato l'iniziale straniamento, è "spiegazione" della prima. La regia perfetta, la recitazione impeccabile, le sempre efficaci musiche di Badalamenti (abituale collaboratore di Lynch), la sceneggiatura entusiasmante rendono questo film un capolavoro di tecnica e soprattutto di atmosfera.
In secondo luogo vi sono innumerevoli spunti di riflessione e tematiche che vengono affrontate: in primis la crisi d'identità ed i meccanismi inconsci di schermo contro le emozioni più distruttive; il sogno come rivelatore, pur non esplicito, di paure e fatti che vogliamo dimenticare; il delitto ed il castigo; la spietatezza del sistema degli Studios; la vita come un film, e le persone come attori e attrici che recitano una parte (e quindi come abbiamo detto il tema dello svelamento, del doppio, della maschera); il cinema come macchina generatrice di mondi alternativi, e come strumento di cui rimangono vittima le stesse persone che vi lavorano (Naomi Watts interpreta la parte di una ragazza che sostiene un provino, interpretando quindi la parte di qualcun altro, un personaggio inesistente verrebbe da dire; ma davvero non esiste? In che misura La Watts è sè stessa e in che misura non lo è mentre recita nel film "Mulholland Dr." la parte di Betty che recita una parte di un film nel film? Lo stesso concetto si può applicare, ancor più contorto e perverso, per quanto riguarda INLAND EMPIRE, dove peraltro vale anche per il regista).
La potenza narrativa, visiva e concettuale di questa pellicola è una degna anticipazione del successivo capolavoro del regista. Premio alla regia a Cannes 2001, lanciò la Watts e costituì il miglior film del regista fino a quel momento.
La storia, pur molto complessa da decifrare specie alla prima visione, è in realtà (quasi) del tutto comprensibile; nel DVD destinato al mercato USA compaiono comunque degli indizi che dovrebbero (molto teoricamente) guidare l'interpretazione (riportati da Wikipedia). ve li scrivo qui sotto:

Prestate particolare attenzione all'inizio del film: almeno due indizi sono rivelati prima dei crediti.
Fate attenzione alle apparizioni della lampada rossa.
Riuscite a sentire il titolo del film per cui Adam Kesher sta cercando l'attrice principale? È menzionato di nuovo?
Un incidente è un avvenimento terribile...notate il luogo dell'incidente.
Chi dà una chiave? E perché?
Notate il vestito, il posacenere e la tazza.
Cosa si sente e accade al club Silencio?
Solo il talento ha aiutato Camilla?
Notate le circostanze in cui si vede l'uomo dietro il Winkies.
Dov'è la zia Ruth?

A voler essere onesti il film a volte si ingolfa nei meandri del suo stesso racconto.
Irrinunciabile per ogni appassionato di cinema, comunque.

Voto: 4/5

-INLAND EMPIRE
di David Lynch - USA /Polonia/Francia 2006 - sperimentale - 172 min.

Questo film è avanti anni luce ad ogni film da 2001: odissea nello spazio in poi. Lynch ha raggiunto il risultato più straordinario della sua carriera, facendo dono agli spettatori di un qualcosa che è cinema e al tempo stesso trascende l'idea di cinema, di film, come noi lo intendiamo normalmente: non una visione passiva di una serie di sequenze che compongono un mosaico, no, è molto più di questo. Lynch mi sembra impreziosire la sua filmografia di un titolo che in un certo senso, pur essendo una prosecuzione ideale del percorso intrapreso con "Strade perdute" e Mulholland Dr., ritorna alle origini, a quell'ermetismo proprio di Eraserhead: la mente che cancella, pur arricchendolo, evolvendolo, rinnovandolo, e realizzando così quella che definisco la sua "Quadrilogia dell'Inconscio".

Inland Empire è una realtà che, in quanto tale, può essere fruita dallo spettatore con tutti i suoi canali sensoriali: l'occhio può rimanere incantato dalle sue geometrie (per non parlare delle sue circolarità, dei suoi aggrovigliamenti) così come l'udito dai suoi suoni, rumori, brusii (o anche silenzi, idiomi incomprensibili). Ma non solo: il coinvolgimento è tale che pare di poter "toccare" le ambientazioni e i personaggi del film, aspirare gli odori di questi mondi misteriosi che si intersecano l'uno dentro l'altro in un gioco di scatole cinesi potenzialmente senza fine, di gustare, di sentire sulla nostra pelle e provare nella nostra mente quelle emozioni e quelle situazioni (meglio parlare forse di suggestioni) il cui accumulo è la struttura portante del film.


Inutile, riduttivo, insensato esporne la "trama", che non può rendere assolutamente l'idea di che cosa si stia per vedere: Roman Polanski, per definire il suo Repulsion disse che il film era la descrizione del "paesaggio del cervello di Carol"; INLAND EMPIRE è il paesaggio del cervello di David Lynch.
Per ragguagli e chiarimenti sull'intricatissima e per molti versi inintelliggibile vicenda, vi rimando all'ottimo libro "Interpretazione tra mondi. Il pensiero figurale di David Lynch", che dedica all'analisi della struttura narrativa del film quasi un libro nel libro; pur richiedendo una certa dimestichezza con concetti di semiotica, risulta illuminante sotto molti punti di vista. Ancor più difficle, se non impossibile, è delineare il cosiddetto "messaggio dell'autore". A tal proposito, mi sono arrovellato a lungo su quale fosse, in sintesi, il messaggio che Lynch volesse far passare attaverso questo film, e sono arrivato alla conclusione che sia il film stesso: il film come nuovo modo di fare cinema, di riflettere su di esso e sull'essere cineasta.

In definitiva, Inland Empire è un capolavoro assoluto nella storia della cinematografia. Lynch ha superato qualunque barriera, aprendo nuove strade al cinema e alla concezione di film.

Voto: 5/5

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