martedì 24 maggio 2011

5. Le avanguardie francesi

Il cinema francese del primo dopoguerra è fortemente influenzato dalle avanguardie pittoriche: cubismo, dadaismo surrealismo. Come il cinema russo, anche le avanguardie francesi rifiutano il semplice modello narrativo, dando vita ad un cinema più autoriale ed indipendente di quello americano, che è monopolio dei produttori. Un elemento importante di queste correnti fu il concetto di fotogenia, ovvero l’utilizzo del primo piano a scopo poetico (cioè simbolico e non narrativo), nato dalla convinzione che il votlo umano possa esprimere una varietà di emozioni e mondi differenti (il dibattito sulla fotogenia partì paradossalmente dal confronto critico su un film americano, The Cheat, 1915, di Cecil B. De Mille); nasce quindi l’idea del volto-paesaggio.
Il danese Carl Theodor Dreyer è forse il primo regista a raggiungere l’apoteosi del primo piano con La passione di Giovanna d’Arco (1928), tutto composto di primi e primissimi piani più dettagli di alcuni oggetti; la cinepresa è sempre fissa, non vi è mai più di un individuo nella stessa inquadratura, il contesto ambientale è lasciato quasi del tutto all’immaginazione dello spettatore. Medesimo effetto di mistero e inintelligibilità si può riscontrare anche nel successivo Wampyr (1932).

5.1 L’influenza cubista
Il cubismo, con l’abolizione della prospettiva centrale e la conseguente moltiplicazione dei punti di vista influenza Ballet Mécanique (1924) di Fernand Léger, poema visivo di oggetti e corpi senza alcuna trama. L’idea è che il cinema debba liberarsi del soggetto per essere pura forma.

5.2 L’influenza dadaista
Il dadaismo deriva dal futurismo, e nasce a Zurigo nel 1916, fondato da Tristan Zara; dura fino al 1923 circa. Il termine Dada indica l’ozio, l’hobby, e dà l’idea che l’arte (all’inizio si pone l’attenzione sulla letteratura) debba essere priva di scopo e/o significato. Si trattava di un movimento nichilista, anarchico e sarcastico verso l’arte borghese. Si fondava su tre assunti principali:
Il pensiero si fa nella bocca (cioè prima si parla e poi si pensa)
chiunque è direttore di Dada (ovvero non esistono gerarchie)
i veri dadaisti sono contro Dada (ovvero non deve diventare sistematico ma rimanere un movimento)
Il maggior risultato dell’incontro fra cinema e dadaismo fu incarnato da Entr’acte (1924)René Clair, che era un intermezzo filmico tra due parti di un balletto; le musiche sono di Satie.

5.3 Il surrealismo al cinema
Fondato da André Breton, il surrealismo si propose di scavare in profondità nell’animo umano, di indagare l’alterità, lo sconosciuto insito nell’uomo. Attingendo a Rimbaud (per l’apprezzamento dell’arte popolare), Baudelaire (per il dandysmo) e Freud (per l’analisi dell’inconscio), Breton scrive il Manifesto del surrealismo (1924). Il surrealismo indaga alcune dicotomie: veglia/sonno, realtà/immaginazione, giorno/notte, ragione/follia. Altro tema tipico è l’amor fou. E nel cinema è ovviamente l’occhio che Buñuel e Dalì tagliano in Un Chien Andalou (1929), per far vedere cose mai viste prima.
Altri importanti film surrealisti:
-Le Etoile de Mer (1928) di Man Ray, in cui viene narrata una storia ripresa da dietro un vetro smerigliato (non possiamo conoscere e comprendere la realtà che ci circonda).
-La Coquille et le Clergyman (1929) di Germane Dulac, che tratta di un amor fou tra una giovane donna ed un sacerdote.
I film di Jean Cocteau, che usa in modo ricorrente gli specchi come porte per altri mondi; per Cocteau lo specchio mostra “la morte al lavoro”, cioè il tempo che passa inesorabilmente.
Il surrealismo vanta un grande credito verso il cinema successivo; molti grandi autori ne saranno ìnfluenzati.

5.4 Realismo poetico ( a metà tra tradizione e innovazione)
Jean Vigo è tra i più importanti registi che tentano di trovare una sintesi tra avanguardie e narrativa tradizionale; egli autoproduceva i suoi film, usando sempre una sola cinepresa e filmando tutto in vere locations. La sua particolarità è stata quella di aver creato inquadrature allo stesso tempo realistiche (oggettive) e fantastiche (soggettive); i suoi due film più importanti sono Zero in condotta (1932), cinepoema sull’assurdità del mondo adulto e sulla magia dell’infanzia, che rompe l’illusione di realtà con inserti animati e ralenti, e L’Atalante (1934, reso famoso in Italia per essere la sigla di Fuoriorario), cinepoema su viaggio, amore, solitudine, dialettica fra bisogno di legami e desiderio di libertà, attrazioni mondane e vacuità delle stesse.
Altro autore importante è Jean Renoir, che aveva l’abitudine di girare in esterni con obiettivi vecchi, dell’epoca dei Lumère, quindi con grande profondità di campo, e di fare lunghe inquadrature senza stacchi di montaggio, di fatto lunghi pianisequenza contraddistinti da movimenti di macchina come panoramiche e/o carrelli. Così facendo non risulta però realistico, anzi rende più evidente la macchina-cinema, attraendo l’attenzione su di sè invece che sulla storia.
Infine è da ricordare Marcel Carné, che realizzò film sospesi tra realtà e sogno, in esterni finti, privilegiando le gradazioni di grigio alla nettezza del B/N, rendendo indefiniti storie e personaggi .

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