lunedì 2 agosto 2010

recensione: New York Stories

di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Woody Allen - USA 1989 - episodi/commedia - 123min.

Tre episodi, tre grandi registi, n.Y. come città protagonista, incrocio di mondi ed esistenze sui generis:

-Lezioni dal vero (Life lessons, di Scorsese): un pittore (Nick Nolte) che accoglie nel suo studio una donna (Rosanna Arquette) con cui aveva avuto una relazione e di cui ancora è innamorato, mentre per lei non significa più nulla; lui è vittima, lei è carnefice. Quando lei se ne va lui ricomincia a vivere.

E' l'episodio migliore, il più inventivo registicamente, il più musicale e dinamico, e quello con il protagonista più simpatico, un ottimo Nick Nolte. Ritrae la vita sconsolata di chi ama non ricambiato. N.Y. è vista come una città fredda, piena di gente ma vuota di sentimenti, come la bella Arquette. fotografia di Nèstor Almendros.

-La vita senza Zoe (Life Without Zoe, di Coppola): Zoe, figlia di una fotografa che sta sempre in qualche località esotica e di un padre (Giancarlo Giannini) flautista sempre in turnè, vive in una suite di albergo servita e riverita da un maggiordomo che le fa da padre. Frequenta bambini ricchissimi come lei e risolve i problemi di mamma e papà.

Insomma due adulti un po' irresponsabili ed una figlia più matura di loro. N.Y. come luogo da cui fuggire, come gabbia dorata, come artificio sfarzoso quanto vuoto. Elegante e sontuoso, l'episodio è tuttavia il meno riuscito del terzetto, per una certa tendenza all'esagerazione della messinscena che sacrifica molto la descrizione dei personaggi, ridotti spesso a poche battute e qualche primo piano. Notevoli comunque le scene ed i costumi. Il titolo è un gioco di parole: Zoe in greco significa "vita". Fotografia di Vittorio Storaro.

-Edipo relitto (Oedipus Wrecks, di Allen): rapporto conflittuale madre-figlio, lui non sopporta lei, che per tutta risposta scompare, appare in forma soprannaturale sopra il cielo di N.Y., torna a sembianze umane quando riesce ad ottenere che il figlio lasci la sua compagna (Farrow) che a lei non andava a genio e si metta con un'altra che le garba.

N.Y. è una città impicciona ed invadente in questo film di Allen, uno dei suoi più strampalati e grotteschi, e non del tutto risolti. Vale per l'immagine finale, per lo sguardo misto di rassegnazione e dolcezza verso l'amata/odiata figura materna; trattandosi di Allen è lecito presupporre elementi autobiografici. il difetto principlae sta nella scarsezza di materia narrativa, appena sufficiente per i 40 minuti circa di durata. Accessorio, ma talmente assurdo da essere divertente.

Voto: 3/5

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