venerdì 9 settembre 2011

Martin Scorsese

Chi sta bussando alla mia porta? (Who's That Knocking at My Door) (1969)
America 1929 - Sterminateli senza pietà (Boxcar Bertha) (1972)
Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all'inferno (Mean Streets) (1973) - 3,5/5
Alice non abita più qui (Alice Doesn't Live Here Anymore) (1975)
Taxi Driver (1976)
New York, New York (1977)
L'ultimo valzer (The Last Walz) (1978) - 3,5/5
Toro scatenato (Raging Bull) (1980)
Re per una notte (The King of Comedy) (1983)
Fuori orario (After Hours) (1985)
Il colore dei soldi (The Color of Money) (1986)
L'ultima tentazione di Cristo (The Last Temptation of Christ) (1988)
New York Stories (1989) - 2,5/5
Quei bravi ragazzi (Goodfellas) (1990)
Cape Fear - Il promontorio della paura (Cape Fear) (1991) - 3/5
L'età dell'innocenza (The Age of Innocence) (1993)
Casinò (Casino) (1995) - 3/5
Kundun (1997)
Il mio viaggio in Italia (1999)- 3,5/5
Al di là della vita (Bringing Out the Dead) (2000)
Gangs of New York (2002)
The Aviator (2004)
The Departed - Il bene e il male (The Departed) (2006)
Shutter Island (2010)
Hugo Cabret (Hugo) (2011) - 3/5
George Harrison: Living in the  Material World (2011) - 3/5

Scorsese (1942), italoamericano, è uno dei più importanti registi della New Hollywood. Specializzato in film gangster realistici e violenti, ambientati nella Little Italy di N.Y. dove è nato e cresciuto, Scorsese ha spaziato notevolmente nei generi, realizzando anche diversi documentari, specialmente musicali.

-Mean Streets: domenica in chiesa, lunedì all'inferno
(Mean Streets) di Martin Scorsese - USA 1973 - drammatico - 110min.

New York. Charlie (Harvey Keitel), italoamericano, si barcamena come può nella Little Italy dell'epoca, fatta di criminalità e corruzione. E' combattuto in particolare sul cammino da intraprendere: una scalata nelle gerarchie criminali con l'aiuto di un parente immanicato nel giro; l'amore per una cugina affetta da epilessia (dunque non molto ben vista) e l'amicizia per il fratello di quest'ultima, Johnny boy (Robert De Niro), scavezzacollo oberato di debiti che si crede padrone dell'universo. prevarrà la terza componente, con conseguenze disastrose.

E' uno spaccato di vita nella Little Italy di New York, ambiente dove Scorsese è nato e crescuito, descritta con l'occhio attento e in qualche modo affettuoso di un regista che sicuramente conosce bene ciò di cui parla; è anche il film che lanciò sia il talentuoso Scorsese sia De Niro (malgrado il protagonista del film sia l'efficace Harvey Keitel), il cui film successivo fu "Il padrino - parte II" e quello dopo ancora "Novecento". Da segnalare l'ottima colonna sonora, che alterna pezzi rock (di cui Scorsese è indubbio conoscitore) a ballate napoletane, rappresentando anche con la musica il connubio (ed il contrasto) fra due mondi paralleli che collidono con catastrofici esiti. Commistione un pò bizzarra di elementi patetici e violenti, "Mean Streets" è un anomalo gangster-movie psicologico e violento che, pur con qualche difetto di sceneggiatura, rimane tuttora godibile.

Voto: 3,5/5

-L'ultimo valzer
USA 1978 - documentario/musicale/concerto - 117min.

NB: questa scheda fa parte di un lavoro universitario; ergo è più un'analisi che una recensione vera e propria.

Ripresa dell'ultimo concerto di The Band, il 25/11/1976 a San Francisco. Il gruppo canadese aveva iniziato come band di accompagnamento di Bob Dylan (con lui avevano inciso Blonde on Blonde, 1966, ed altri album) prima di lanciarsi in una carriera in proprio, oscillante tra il rock 'n roll ed il country rock. Membri del gruppo: Robbie Robertson (chitarra), Rick Danko (basso e voce), Levon Helm (batteria e voce), Richard Manuel (pianoforte), Garth Hudson (sintetizzatore).

Il film ha sia valore di documentario sia valore di film che rappresenti il culmine e la fine di una stagione musicale: la fine degli anni '70 e del rock classico a cui succederà un altro tipo di musica negli anni '80: pop, dance, metal...perciò nel concerto ci sono più o meno tutte le sfumature possibili di rock dell'epoca, dal country (Emmylou Harris) al gospel (Staple Sister), al blues di Chicago (Muddy Water & Paul Butterfield), al blues e al rock inglese (Eric Clapton, Ringo Starr), al folk (Joni Mitchell), all'eredità popolare di Tin Pan Alley (Neil Young), al soft rock (Neil Diamond) o semplicemente ai musicisti con cui The Band aveva già suonato precedentemente (Dylan, Ronnie Hawkings).

L'idea del film viene a Robertson, che decide di far filmare il concerto ad un regista, e lo propone Scorsese, grande fan di musica rock, che accetta di girarlo in 16mm senza compenso e senza contratto, dati i tempi stretti (poche settimane all'inizio del concerto). Scorsese inizia uno studio sistematico su posizionamento luci e telecamere, e decide di girare in 35mm. Per l'allestimento scenografico Scorsese contatta Boris Leven, scenografo famoso per West Side Story e Tutti Insieme Appassionatamente, che aveva conosciuto sul set di New York, New York. La scenografia assume così un aspetto molto teatrale, con l'uso di sfondi presi dall'allestimento de La Traviata (in scena all'Opera di S. Francisco) con 3 grandi lampadari sopra il palco e l'illuminazione dal basso per ottenere un effetto drammatico. Le luci sono state supervisionate da Michael Chapman (Taxi Driver, Toro Scatenato). Si decide di tenere le camere fisse sui musicisti e non inquadrare il pubblico se non di controcampo (solo un operatore dispone di una camera a mano; fra i cameraman figurano Laszlo Kovacs e Vilmos Zsigmond, poi divenuti importanti DOP). Scorsese crea poi uno storyboard basandosi sui testi della canzoni e sulla parte musicale (assoli, sezioni strumentali...) decidendo quando passare da una camera ad un' altra. Per creare un film unitario non bastava il solo concerto; Scorsese volle presentare la situazione con alcune immagini iniziale della città, della gente in coda per il concerto e del valzer che apre la serata; inoltre 3 canzoni furono registrate in studio successivamente, come una sorta di 3 videoclip. The Last Waltz Theme, The Weight (con il coro gospel delle Staple Sisters), una delle loro canzoni più rappresentative, e Evageline, un esempio delle loro atmosfere più country. Queste riprese aggiuntive richiesero altri 5 giorni, e sono quelle in cui la macchina è più libera di muoversi, ad esempio tramite dolly. Infine Scorsese decide di aggiungere brevi interviste ai membri della band da inframezzare alle canzoni del concerto, per costruire un flusso ed un legame tra i vari brani e dare un'idea più definita del mondo e del background di The Band: si concentrano specialmente sui racconti di vita in tour, con gli eccessi di alcool e di donne, e la presa di coscienza della band che sia uno stile di vita logorante: dà quindi anche una chiave di lettura circa la volontà di chiudere l'esperienza musicale del gruppo.

Inizio film: THIS FILM SHOULD BE PLAYED LOUD! - Immagini della band – immagini dei dintorni della sala da concerto con sottofondo musicale del tema del film (composto da The Band per l'occasione), immagini di valzer su cui scorrono i titoli: la serata era il giorno del ringraziamento perciò è stat organizzata una cena per tutto il pubblico, con a seguire uno spettacolo di valzer e poi il concerto di The Band.

Don't Do It: A fine concerto il pubblico non se ne andava così il gruppo tornò sul palco a cantare un ultima canzone e lì il montaggio fu del tutto improvvisato. Risulto così forte che venne messa a inizio film.

Theme from The Last Waltz (titoli di testa)
(intervista)
Up on Cripple Creek
(intervista)
Shape I'm In
(intervista)
Who Do You Love? - con Ronnie Hawkins
(intervista)
It Makes No Difference

Introduzione de I racconti di Canterbury – con Michael McClure:  Come break ad un certo punto mentre la band riposa sale sul palco un gruppo di poeti che recita delle poesie (nel film figura solo Michael McClure che recita l'inizio dei racconti di Canterbury e più avanti Loud Prayer di Lawrence Ferlinghetti); l'intenzione era quella di creare un momento destabilizzante per il pubblico che non riuscisse a capire quello che il poeta stava dicendo.

Such a Night – con Dr. John
Helpless – con Neil Young
(intervista)
Stage Fright
(intervista)

The Weight (studio) – con The Staple Singers: per Scorsese le parole della canzone incarnano gli ideali del gruppo, è un po' il loro manifesto. E' stat un inno dell'epoca usata in molti film, come Easy Rider, e ne sono state fatte numerose cover da Springsteen ad Areeta Franklin. Il testo allegorico parla di un individuo protagonista che fa vari incontri nella città di Nazareth incontrando persone che gli chiedono vari favori o a cui lui li chiede. Il senso della canzone, della cristianità, della santità, è quindi nella semplicità dell'ascolto e della condivisione, nel togliersi il “peso” delle fatiche quotidiane e condividerlo con gli altri. Robertson dice che il testo è stato ispirato dai film di Buñuel, come Viridiana (vita di un'orfana che decide di farsi suora) e Nazarin (vita di un sacerdote nel Messico feudale di inizio 900), su gente semplice che vive di una santità fatta di piccoli gesti quotidiani al servizio degli altri.

Old Time Religion (versione acustica suonata nel corso di un'intervista)
The Night They Drove Old Dixie Down
(intervista)
Dry Your Eyes – con Neil Diamond
(intervista)
Coyote – con Joni Mitchell
(intervista)
Mystery Train – con Paul Butterfield
(intervista)

Mannish Boy – con Muddy Waters: Non mancarono alcuni problemi durante le riprese: la pellicola dopo un po' finiva così alcune camere non funzionavano in certi momenti. Nella canzone Mannish Boy fra gente in pausa e rulli finiti, funzionava una sola camera perciò la canzone è ripresa da un solo punto macchina.

Further on Up the Road – con Eric Clapton
(intervista)

Evangeline (studio) – con Emmylou Harris: si nota la maggior mobilità della macchina e del montaggio, ad esempio con transizioni incrociate; il suono è preso dal vivo, non aggiunto in post come solitamente si faceva all'epoca, anche se erano registrazioni video in studio. La scenografia in questi pezzi è estremamente essenziale senza addobbi. Il testo parla di un amore perduto: una donna che ha perso il suo uomo annegato su una barca che affonda nel Mississippi. Il testo è vagamente ispirato al poema Evangeline, 1847, del poeta americano Longfellow. Esso, ispirato ad un fatto vero, parla dell'amore impossibile tra Evangeline e Gabriel, promessi sposi acadiani (ovvero francofoni dell'Acadia, attuale Nuova Scozia) quando nel 1775 con la conquista el territorio da parte degli inglesi le popolazioni indigene furono disperse, e i due innamorati perdono i contatti finchè, da vecchia, Evangeline non riconosce l'amato in un malato ormai morente in un lazzaretto.

Genetic Method/Chest Fever
(intervista)
Ophelia
(intervista)
Caravan – con Van Morrison
Loud Prayer – con Lawrence Ferlinghetti
Forever Young – con Bob Dylan
Baby Let Me Follow You Down – con Bob Dylan
I Shall Be Released – con Ronnie Wood, Ringo Starr e tutti gli altri
(intervista): breve intervista finale a Robertson che dice che la vita in tour è impossibile e che molti cantanti passati ci sono morti, perciò è giusto finire quest'esperienza.

The Last Waltz Theme (studio): ultimo brano strumentale di congedo, ripreso in un unico take. Sembra un tema di decenni passati, un tema nostalgico che segna adeguatamente la fine dell'evento, con le luci in fade.


Voto: 3,5/5

-New York Stories
di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Woody Allen - USA 1989 - episodi/commedia - 123min.

Tre episodi, tre registi, N.Y. come città protagonista, incrocio di mondi ed esistenze sui generis:
-Lezioni dal vero (Life lessons, di Scorsese): un pittore (Nick Nolte) che accoglie nel suo studio una donna (Rosanna Arquette) con cui aveva avuto una relazione e di cui ancora è innamorato, mentre per lei non significa più nulla; lui è vittima, lei è carnefice. Quando lei se ne va lui ricomincia a vivere.
E' l'episodio migliore, il più inventivo registicamente, il più musicale e dinamico, e quello con il protagonista più simpatico, un ottimo Nick Nolte. Ritrae la vita sconsolata di chi ama non ricambiato. N.Y. è vista come una città fredda, piena di gente ma vuota di sentimenti, come la bella Arquette. fotografia di Nèstor Almendros.
-La vita senza Zoe (Life Without Zoe, di Coppola): Zoe, figlia di una fotografa che sta sempre in qualche località esotica e di un padre (Giancarlo Giannini) flautista sempre in turnè, vive in una suite di albergo servita e riverita da un maggiordomo che le fa da padre. Frequenta bambini ricchissimi come lei e risolve i problemi di mamma e papà.
Insomma due adulti un po' irresponsabili ed una figlia più matura di loro. N.Y. come luogo da cui fuggire, come gabbia dorata, come artificio sfarzoso quanto vuoto. Elegante e sontuoso, l'episodio è tuttavia il meno riuscito del terzetto, per una certa tendenza all'esagerazione della messinscena che sacrifica molto la descrizione dei personaggi, ridotti spesso a poche battute e qualche primo piano. Il titolo è un gioco di parole: Zoe in greco significa "vita". Fotografia di Vittorio Storaro.
-Edipo relitto (Oedipus Wrecks, di Allen): rapporto conflittuale madre-figlio, lui non sopporta lei, che per tutta risposta scompare, appare in forma soprannaturale sopra il cielo di N.Y., torna a sembianze umane quando riesce ad ottenere che il figlio lasci la sua compagna (Farrow) che a lei non andava a genio e si metta con un'altra che le garba.
N.Y. è una città impicciona ed invadente in questo film di Allen, uno dei suoi più strampalati e grotteschi, e non del tutto risolti. Vale per l'immagine finale, per lo sguardo misto di rassegnazione e dolcezza verso l'amata/odiata figura materna; trattandosi di Allen è lecito presupporre elementi autobiografici. il difetto principale sta nella scarsità di materia narrativa, appena sufficiente per i 40 minuti circa di durata. Accessorio, ma talmente assurdo da essere divertente.

Voto: 2,5/5

-Cape Fear - Il promontorio della paura
 USA 1991 - thriller -  122min.

Un avvocato di successo (Nick Nolte) vede la sua sicurezza famigliare sgretolarsi quando un ex galeotto suo cliente (Robert De Niro) inizia a perseguitarlo.

Remake del film omonimo del 1962. B movie realizzato da un grande regista con un grande cast = robusto thriller che non si prende troppo sul serio, almeno fino al violento, apocalittico finale. Stilisticamente Scorsese si trattiene un po' dai suoi vezzi (niente piani sequenza, niente ralenti, neinte muscia rock sparata al massimo) ma si diverte molto a livello di montaggio con raccordi fantasiosi, incipit ex abrupto, ritmo serrato. Acune scene sono al limite della verosimiglianza, ma sono belle proprio per la loro esagerazione (il teatro scolastico, il pestaggio notturno, l'invasione domestica). De Niro è più istrionico che mai, ma è una dura lotta contro un tormentato e fascinosamente ambiguo Nolte, buon padre di famiglia con qualche scheletro nell'armadio. La pomposa colonna sonora è un adattamento da parte di Elmer Bernstein di quella del film orignale composta da Bernard Herrmann.
Un piacevole divertissement.

Voto: 3/5

-Casinò
USA 1995 - gangster - 182min.

Ispirato a fatti veri: un mafioso (Robert De Niro) viene mandato dai suoi boss di Kansas City a dirigere un casinò di Las Vegas, dai cui bilanci i capi si tengono una percentuale. Lui dirige con efficacia il locale, si sposa la più bella prostituta della città (Sharon Stone), si illude di essere una persona rispettabile; le cose prendono un'altra piega quando in città arriva anche un suo amico gangster (Joe Pesci) che ha ben altri metodi di gestione del territorio.

Una fantastica confezione, già a partire dai titoli di Saul Bass e figlia. Attori straordinari, scenografie ultralusso, scrittura da saga epica. Un'epopea del crimine che dal basso tocca l'apice e poi sprofonda nel baratro. Hybris, volontà di potenza, sesso e soldi: di per sè sarebbe un film perfetto, ma a mio parere gli manca qualcosa: Scorsese prova troppa simpatia per il suo protagonista e cerca in tutti i modi di farcelo piacere, tenta di farlo apparire quasi come una vittima degli eventi ancor prima che un criminale. Il film insiste molto sulla ripetizione di alcuni avvenimenti, cioè la conta del denaro, la gestione della sala da gioco, il modus operandi violento di Pesci, i litigi fra marito e moglie; in pratica ci sono queste situazioni di base ripetute più volte con qualche variazione. In breve il film rischia di diventare abbastanza noioso. Infine, non aggiunge poi molto alla formula di Goodfellas, cioè mostrare il lato intimo dei membri di una gang criminale: la novità dell'impostazione, dopo il film del '90, è persa, e questo film appare più che altro come una variazione sul tema.

Voto: 3/5

-Il mio viaggio in Italia
USA 1999 - documentario - 246min.

Scorsese ripercorre le sue visioni di cinema italiano dell'infanzia e non solo, compiendo un viaggio in circa un ventennio di capolavori nostrani - dagli anni della guerra a quelli del miracolo economico - con qualche eccezione nel prima e nel dopo. Il montaggio è minimo, il materiale girato da Scorsese pure (qualche ripresa fissa con il regista che guarda in macchina, girate negli ambienti della sua infanzia); il resto sono lunghi stralci dei più importanti film del periodo, dai neorealisti Rossellini e De Sica a visionari autori quali Fellini e Antonioni. Quello che rende il film asoslutamente consigliabile è l'assoluta passione che Scorsese riesce a comunicare per le opere mostrate, che rende questo film la più piacevole lezione di storia del cinema cui si possa assistere. L'unica nota che si può fare riguarda la ripetizione di alcune brevi scene proposte più di una volta: con tutto il materiale disponibile era proprio necessario?

Voto: 3,5/5

-Hugo Cabret
USA 2011 - storico/fiabesco - 127min.

Un film fantastorico su un odei pionieri della settima arte, Melies. Operazione anomala condotta con sicurezza da Scorsese nel più apocrifo dei suoi film, almeno nella forma; nella sostanza infatti si parla sempre dell'ascesa e della caduta di un personaggio, che però dato che siamo ai confini con la fiaba si risolleva nel lieto fine. Ho visto la versione 2D, e le scelte scenografiche si adattano fino ad un certo punto: probabilmente la versione 3D è migliore dal punto di vista estetico. Sotto le spoglie di un'avventura infantile si nasconde il vero intento registico di avvicinare il pubblico alla nascita del cinema e ad uno dei suoi geni. Forse questo lo rende più un film per cinefili che per bambini. Si può però obbiettare che il cinema ha un fascino magico che i bambini in particolare sono in grado di cogliere, ed allora il film potrebbe essere più adatto a loro che ad un pubblico adulto. La verità sta nel mezzo col risultato che Hugo Cabret è potenzialmente allettante per qualunque tipo di pubblico. Nei fatti però vanno segnalati almeno due note stonate: il personaggio della bambina che è stato scritto in modo troppo apporssimativo (paradossalmente abbiamo più informazioni sul personaggio del tutto secondario dell'ispettore della stazione che di lei che è la coprotagonista!) e lo sbilanciamento sulla figura di Melies nella seconda metà del film, che potrebbe lasciare un po' spaesati e delusi coloro che si stavano godendo il tono fiabesco/avventuroso della prima parte. Per farla breve, da metà film in poi la figura di Hugo passa in secondo piano, offuscata da quella del grande regista, impersonato con encomiabile partecipazione da Ben Kingsley. Ciò è evidente soprattuto nel finale, che consta praticamente di una celebrazione di Melies in cui Hugo non ha quasi più spazio (non è nemmeno degnato di un'inquadratura finale a lui dedicata, bensì diventa una delle tante presenze all'interno del pianosequenza conclusivo). E' una scelta spiazzante, non so dire se negativa o positiva, di certo colpisce.
Reparto tecnico eccellente, sia per montaggio che per scenografia e costumi. Meritoria anche la colonna sonora di Howard Shore che, pur non avendo motivi memorabili, complementa le immagini con efficacia. I giovani attori protagonisti non hanno nulla da invidiare agli adulti.

Voto: 3/5

-George Harrison: Living in the Material World
USA 2011 - documentario - 208min.

Documentario ciclopico, come Scorsese è solito fare, su uno dei 4 Fab Four. Il chitarrista solista del gruppo forse non è mai stato il più amat Beatle delle folle, ma il suo contributo alla band è stato fondamentale in varie occasioni. Il doc è diviso in due parti, più o meno coincidenti con la vita di Harrison pre e post Beatles. La regia opta per un approccio invisibile: niente voce narrante, montaggio di interviste condotte da Scorsese con altre d'archivio, intervallate da registrazioni audio in sala prove, interviste tv, fotografie rare. Sfilano personaggi più e meno celebri appartenenti a vari ambiti artistici e non, tutte persone che hann oavuto più o meno a che fare con Harrison: dai due Fab four ancora viventi ai suoi parenti, ad altri musicisti con cui ha lavorato (il suo mentore del sitar Ravi Shankar, Tom Petty, Eric Clapton che ebbe una tresca con sua moglie, i produttori George Martin e Phil Spector) persino i Monty Python di cui Harrison produsse il film Life of Brian.
A volte Scorsese chiede un certo sforzo allo spettatore per essere seguito: il film è montato come un flusso continuo di informazioni e dichiarazioni senza indicazioni di date, e ciò ne preclude la visione a chi non sia minimamente edotto sul background storico degli avvenimenti narrati o a chi non sia un particolare appassionato dei Beatles o esperto della vita di Harrison. Quest'ultimo ne esce come un personaggio costantemente in tensione, che cercò tutta la vita di coniugare le esigenze commericali ed artistiche con un afflato spirituale che lo portò ad interessarsi alle pratiche meditative orientali mischiate con la fede cristiana, in un pout-pourri new age che non appare chiaramente definito nel corso del film. Di certo la sua ricerca interiore non pare averlo mai fatto conciliare del tutto con sè ed il mondo, date le sue numerose ricadute nel consumo di droga in varie fasi della sua vita. E' tuttavia una figura di cui traspare il contegno, una certa riservatezza rispetto ai classici eccessi da superstar, una genuina ricerca di sperimentazione musicale, una grande affabilità umana per la quale lo ricordano tutti i soggetti intervistati.
La colonna sonora del film è composta esclusivamente da brani suoi, anche per quanto riguarda quelli incisi con i Beatles.

Voto: 3/5

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