martedì 28 giugno 2011

Stanley Kubrick

-Paura e desiderio (1953) - 1/5
-Il bacio dell'assassino (1955) - 2/5
-Rapina a mano armata (1956) - 3/5
-Orizzonti di gloria (1957) - 3,5/5
-Spartacus (1960) - 2,5/5
-Lolita (1962) - 4/5
-Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964) - 3,5/5
-2001: odissea nello spazio (1968) - 5/5
-Arancia meccanica (1971) - 4/5
-Barry Lyndon (1975) - 4/5
-Shining (1980) - 5/5
-Full Metal Jacket (1987) - 3,5/5
-Eyes Wide Shut (1999) - 4/5

Stanley Kubrick (1928-1999) è uno dei più importanti registi mondiali. Senza introdurre particolari innovazioni nel mondo del cinema (eccettuato l'utilizzo della steadycam in Shining, mezzo in realtà già esistente da qualche ma perfezionato in questo film dal suo inventore Garrett Brown), ma usando sapientemente tutti i mezzi che quest'arte mette a disposizione, ha saputo interpretare in modo originalissimo ogni genere in cui si è cimentato; è difficile ricordare un altro autore che abbia esplorato così tanto i generi cinematografici (dall'horror alla fantascienza, dal noir al film di guerra, dalla commedia al dramma), per di più in modo così personale. Molti suoi film sono ormai nell'immaginario collettivo di chiunque si interessi minimamente di cinema (e non solo).
Dopo un incerto inizio di carriera, migliora velocemente, creando via via produzioni sempre più colossali e dispendiose. Molti suoi film sono indispensabili per chiunque studi il cinema o ne sia appassionato.

-Paura e desiderio
(Fear and desire) di Stanley Kubrick - USA 1953 - guerra - 61min.

Un gruppo di soldati di un esercito senza nome in una giungla senza nome di un luogo senza nome combatte una guerra senza nome contro un nemico senza nome. Sono finiti dietro le linee nemiche e devono trovare un modo per passare inosservati oltre le postazioni avversarie e fare ritorno nelle loro fila. Vagano per un pò nella giungla, si procurano delle armi, prendono in ostaggio una ragazza del luogo, assaltano una postazione nemica dove scoprono che i soldati avversari hanno i loro stessi volti.

Esordio di Kubick 23enne alla regia, veramente orribile. Non c'è nulla da salvare in questo film, solo i fan di Kubrick o i suoi studiosi possono vederlo, in esso troveranno in nuce alcuni dei temi successivamente sviluppati dal regista nel corso della sua carriera. Pur durando appena un'ora, riesce ad essere prolisso. Inguardabile. Non per nulla Kubrick stesso tentò, divenuto famoso, di farlo sparire dalla circolazione. Se volete farvi del male, è da poco uscito in DVD a circa 10 Euro.

Voto: 1/5

-Il bacio dell'assassino
(Killer's kiss) di Stanley Kubrick - USA 1955 - noir - 64min.

Disconoscendo la sua prima opera, Paura e desiderio, Kubrick indica questo come il suo primo vero film. Contiene già molti elementi che costituiranno una costante del suo cinema. Il film in sè, tuttavia, conta più per il fatto di essere un film di Kubrick che per essere un bel film.

E' la storia di Davey Gordon, pugile fallito che si barcamena come meglio può fra un incontro e l'altro, e della sua vicina di casa, ricattata da un gangster che è innamorato di lei. Le loro vicende sono destinate ad incrociarsi ad un ritmo frenetico, che raggiunge apici di concitazione nello scontro finale tra i due individui in un deposito di manichini.

Compaiono già due elementi ricorrenti del cinema kubrickiano: il labirinto, riscontrabile nella costruzione tortuosa della narrazione, spezzettata in flashback e flashforward, e la scacchiera (nella pavimentazione dell'ingresso del locale del gangster e sulle fiancate dei taxi), a simboleggiare la costruzione di piani elaborati da uno o più personaggi, piani che come spesso accade in Kubrick falliscono per eventi casuali e del tutto imprevedibili, come in questo caso. Pur mettendo in scena una storia molto concreta Kubrick è sempre universale nei suoi contenuti.: la crisi della razionalità è il fondamento del suo cinema già a partire da questo film. E' uno dei film in cui Kubrick ha più sperimentato, forse anche perchè è uno dei suoi primi: uso del negativo, velocizzazioni, montaggio convulso, telecamera a spalla nelle scene di lotta, complessa costruzione di singole inquadrature in cui le immagini si moltiplicano attraverso gli specchi e altro ancora. Forse proprio questo accumulo di tecniche lo fa sembrare un elaborato esercizio stilistico più che un film vero e proprio, e la sua brevità sembra confermarlo. La colonna sonora è un pò fastidiosa e ridondante, e la recitazione ai minimi termini.

Voto: 2/5

-Rapina a mano armata
(The killing) di Stanley Kubrick - USA 1956 - gangster - 81min.

Questo film è come la messa in pratica di quelle competenze tecniche mostrate in "Killer's kiss", che sono qui al servizio di una storia più articolata di quella del film precedente, e molto più avvincente.

Johnny, da poco uscito di prigione, sta organizzando una grossa rapina all'ippodromo con l'aiuto di alcuni complici; essi sono tutti lavoratori rispettabili ed insospettabili, il che fornisce alla banda delle coperture perfette. Tuttavia la moglie di uno di questi spiffera tutto all'amante, ed i due progettano di impossessarsi del bottino.

Le sconnessioni temporali ci sono anche in questo film, vivacizzando l'azione e tenendo alta l'attenzione dello spettatore. Il racconto segue la medesima vicenda dai punti di vista di ciascun partecipante al colpo, con conseguenti sbalzi avanti e indietro nel tempo (tutti puntualmente inquadrati da una "voice over" onniscente)per descrivere esattamente le dinamiche dell'azione. Questa sapiente realizzazione, soprattutto nella lunga sequenza effettiva della rapina, mantiene il pubblico in uno stato di costante tensione emotiva. Come nel film precedente, il film è focalizzato sul fallimento della ragione a causa dell'intervento del caos, ovvero dell'evento imprevedibile che sconvolge un piano altrimenti perfetto. Ottima anche la descrizione dei personaggi, ben caratterizzati e convincenti. Kubrick reinventa il film gangster contaminandolo col noir e persino con l'horror per l'uso espressionista di luci ed ombre in alcune scene. Consigliato.

Voto: 3/5

-Orizzonti di gloria
(Paths of glory) di Stanley Kubrick - USA 1957 - guerra - 84min.

Dopo i primi film di rodaggio, comunque interessanti e ben fatti, Kubrick realizza il suo primo grande film: "Orizzonti di gloria" è un capolavoro di cinema antimilitarista che nella sua semplicità racchiude molti momenti commoventi e di riflessione.

Prima guerra mondiale, Francia. Al battaglione del colonnello Dax (Kirk Douglas) viene ordinato di muovere un massiccio attacco contro "il formicaio", imprendibile avamposto tedesco, il che sicuramente comporterebbe enormi perdite umane. Malgrado l'opposizione del colonnello, gli ordini del generale Macready sono tassativi. L'attacco è lanciato, ma si rivela un disastro: gli uomini si ritirano, ed il generale arriva al punto di ordinare di fare fuoco sui suoi stessi uomini per indurli ad avanzare. Dopo la disfatta, viene convocata la corte marziale per punire il battaglione di codardia di fronte al nemico: verranno sorteggiati tre uomini, uno per plotone, e saranno processati: la pena è l'esecuzione. Sconcertato, Dax assume la loro difesa, poichè prima della guerra era appunto avvocato.

Kubrick si occupò spesso del tema della guerra, ritenendolo forse condizione ideale per trasmettere messaggi universali. Kubrick lavora sui concetti di identità e di umanità con lo stesso accanimento con cui Cronenberg lavora sui concetti di corpo e carnalità. In questo film si concentra sui rapporti gerarchici che si creano nell'esercito (e per estensione nella società), e quindi sul dominio e lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. Per questo motivo il nemico non si vede mai: il conflitto è in primo luogo interiore, all'interno della singole società e dei singoli rapporti interpersonali. E' un film ancora incisivo, supportato anche da una discreta colonna sonora, elemento che da questo film in poi assumerà un ruolo sempre più rilevante nei film di Kubrick. Ancora centrali le figure del labirinto (la trincea) e della scacchiera (il pavimento del palazzo settecentesco che ospita il quartier generale dell'esercito): ovvero il caos interiore dell'individuo ed il freddo raziocinio dell'industria della morte.
Ottimo Kirk Douglas, eccellente anche il cast di contorno. Sicuramente un pò forzato nella descrizione ambientale, con un unico "buono" in una marea di "cattivi" che calpestano pochi "innocenti", ma fa riflettere e indignare sinceramente.
Da vedere.

Voto: 3,5/5

-Spartacus
USA 1960 - storico/kolossal - 183min.

73 A.C. Spartaco (Kirk DOuglas) incita gli schiavi alla ribellione contro l'esercito romano. Sconfitti dalle armate di Crasso, vengono tutti crocifissi.

Pomposa macchina da intrattenimento, è un film a tratti estenuante nella sua prolissità, ma comunque potente nelle scene di battaglia e di massa in generale. Kubrick non sembra a suo agio con una creazione non sua (sceneggiato da Dalton Trumbo; in origine pensato per il regista Anthony Mann); non si ripeterà.

Voto; 2,5/5

-Lolita (1962)
di Stanley Kubrick - USA 1962 - commedia/drammatico - 147min.

Il professor Humbert Humbert (James Mason), in America per un ciclo di conferenze, prende dimora a Ramsdale, New Hampshire, presso casa Haze; fa da contraltare alla civettuola e insopportabile vedova Haze la figlia appena adolescente Dolores, detta Lolita (Sue Lyon), di cui Humbert si innamora follemente. Mal sopportando le avances della madre, il professore impazzisce per la figlia, spiandola con ogni sotterfugio e divenendo spettatore passivo delle sue provocazioni. E' un'ossessione che lo condurrà alla rovina.

E' un capolavoro e uno dei migliori film di Kubrick: storia entusiasmante (su sceneggiatura dello stesso Nabokov, scrittore del romanzo, e rielaborata da Kubrick), recitazione sublime, colonna sonora indimenticabile. Summa di generi: commedia nera, drammatico, comico (la gag della branda che non si apre), persino horror (la porta che sbatte per il vento, la figura di un losco psicologo nascosto nell'ombra, il viale immerso nella nebbia nella sequenza d'apertura), mescolati con creatività e straordinaria padronanza del mezzo cinematografico. Nessun tempo morto, nessun momento noioso (al contrario molti sono i momenti memorabili), commuove, diverte, turba; è un crogiuolo di emozioni e sensazioni. Come spesso accade in Kubrick il protagonista è un perdente consumato dal suo desiderio e preda di un'immagine mentale che si è costruito egli stesso. I suoi piani sono sistematicamente vanificati da eventi esterni, e non riesce mai ad avere il controllo della situazione, il che rende tutta la pellicola veramente tragicomica. Sebbene alcuni insistano sul tema dell'ossessione sessuale, vedendo quindi in questo film un precursore di "Eyes Wide Shut", in "Lolita" si analizzano i labirinti della mente in generale, e ciò lo rende forse più vicino a "Shining", anche per il fatto che Humbert diventa succube e vittima di una visione, un'immagine mentale che egli si costruisce dopo un'unica, fatale occhiata. Per non parlare di Quilty, che è uno, nessuno e centomila, ed appare ad Humbert sempre in "versioni" differenti, proprio come delle apparizioni soprannaturali.
Imperdibile.

Voto: 4/5

-Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba
(Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb) di Stanley Kubrick - USA 1964 - commedia/fantapolitica - 90min.

Il più geniale regista americano dirige un film divertente e grottesco che è un'amara riflessione sul potere distruttivo dell'uomo e che soprattutto è un fermo immagine delle paure della società USA di quegli anni: la guerra atomica, sempre ad un passo dallo scoppio, e l'ossessione anticomunista.

Un folle generale dell'esercito americano dà disposizioni ad uno squadrone di bombardieri B-52 di attuare il "piano di attacco R", colpendo con testate nucleari alcuni obbiettivi militari in territorio sovietico. Una volta che l'ordine è dato, non c'è modo di tornare indietro. Il presidente americano si riunisce con i vertici del Pentagono e l'ambasciatore russo per trovare una soluzione.

Non è semplicemente un film satirico o parodistico, è anche un film profondamente inquietante che con la carta della comicità grottesca (non solo dell'ottimo Peter Sellers, ma anche di Sterling Hayden e di altri comprimari) compensa il suo essenziale pessimismo nei confronti dell'uomo e delle istituzioni. Qui come in altre occasione Kubrick ricorre al tema dello sdoppiamento e all'utilizzo di specchi per rappresentare la follia umana, e come al solito tutti i piani elaborati in sede di comando falliscono puntualmente. Come in "Orizzonti di gloria" e in "Full Metal Jacket", poi, i soldati combattono contro sè stessi. Le costanti del cinema kubrickiano insomma si riscontrano anche in questo divertentissimo film.

Voto: 3,5/5

-2001 Odissea nello spazio
(2001: a space odissey) - di Stanley Kubrick - GB 1968 - fantascienza - 160 min.

2001 è uno dei più (se non IL più) bei film di tutti i tempi.
Film di silenzi, di spazi (in tutti i sensi!), di campi lunghi, di sequenze interminabili, di splendida colonna sonora (pezzi classici soprattutto). La cosa che colpisce sorprendentemente è la quantità di significati che vi si possono trovare; per questo 2001 è un film da vedere più volte. La prima volta lascia spiazzati, la seconda affascina per bellezza sonoro-visiva, la terza colpisce per la quantità sorprendente di simbolismi e messaggi che erano sfuggiti in precedenza. Difficilmente sintetizzabile, la pellicola è la denuncia del fallimento della ragione, o meglio dell'impossibilità del razionale umano di detenere il controllo totale (o forse il benchè minimo controllo) sul destino dell'uomo e sulla sua capacità di dominare il reale, anche perchè la ragione stessa sembra non provenire dall'uomo, bensì essere donata da una entità superiore.
2001 ha tutte le caratteristiche che un film dovrebbe avere: una trama (per quanto rarefatta), un senso dello spettacolo visivo-sonoro forte, la presenza di molteplici messaggi, tra i quali si riconoscono alcune costanti del cinema di Kubrick: il fallimento dei piani, la figura della scacchiera, la potenza della visione (tutto è incentrato sull'occhio, sulla vista). In ultimo, i virtuosismi tecnici raggiungono soglie di perfezione; oltre all'incipit del film ed al viaggio "oltre l'infinito", è memorabile la scena in cui un primate, ispirato da uno scuro monolite apparso per incanto sulla terra al tempo degli ominidi, prende in mano un osso e lo utilizza come attrezzo per ridurre in frammenti le altre ossa che aveva vicine: è il primo vero geniale bagliore dell'intelligenza umana, che coincide anche con la nascita della violenza, come si vedrà anche nel film successivo del regista. Dopodichè, l'osso è scagliato in aria, e a questa immagine si sostituisce quella di un'astronave nello spazio; così, da un fotogramma all'altro, Kubrick concentra millenni di evoluzione, nel flashforward più celebre e scioccante di tutta la storia del cinema.
Ispirato al racconto di Arthur C. Clarke "La sentinella".

Voto: 5/5

-Arancia meccanica
(A clockwork orange) di Stanley Kubrick - USA 1971 - drammatico - 131min.

Potente e discusso film sulla violenza, ritirato poco dopo la sua uscita dallo stesso regista (almeno in inghilterra) a causa dell'aumento del crimine giovanile per spirito di emulazione dei giovani teppisti protagonisti del film, è una pellicola che per gli stessi motivi può essere crticata od osteggiata.

Più che in un prossimo futuro il film sembra ambientato nel nostro presente, ma ad un (per usare le parole con cui Tolkien si riferiva al mondo della Terra di mezzo) differente stato dell'immaginazione. Alex e la sua banda di Drughi sono una gang giovanile dedita a ruberie, pestaggi e stupri indiscriminati, previa (ma non sempre) assunzione di "latte più", ovvero latte arricchito con droghe. A causa del carattere troppo autoritario di Alex sul resto della banda, i restanti drughi fanno in modo che venga arrestato durante un'incursione in villa. In carcere Alex subisce un processo di spersonalizzazione e di inibizione dei desideri grazie alla sperimentale "cura Ludovico", che non elimina in lui gli impulsi violenti, bensì fa in modo che siano accompagnati da disturbi corporei tali da renderlo inoffensivo. Uscito di prigione ma ridotto a larva incapace di agire, subirà sevizie dalle sue vittime e dai suoi stessi vecchi compagni. Finito in ospedale, si offre di diventare il simbolo della campagna politica del partito di opposizione, e guarisce dalla "cura": la violenza riesplode in lui libera di scaturire nuovamente.

E' indiscutibilmente un film scioccante e suggestivo, non solo per i temi trattati (la violenza come componente costitutiva della persona; il dominio degli istinti sulla ragione che, come sempre in Kubrick, vacilla; la spersonalizzazione dell'individuo da parte delle istituzioni, carcerarie e politiche - in "Full Metal Jacket" sarà quella militare -; lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo) ma anche per il modo di raccontare la vicenda, assolutamente originale: pur rispettando il canone classico kubrickiano (divisione in due parti e voce narrante) l'abbondanza di invenzioni tecniche (grandangoli, immagini subliminali, uso inventivo e coreografato della musica classica, camera look d'apertura, alternanza di inquadratura fissa e telecamera a spalla) rende questo film un laboratorio in cui Kubrick è libero di sperimentare nuove soluzioni (non nel senso che le ha inventate lui, ma per l'uso che ne fa) con una giocosa curiosità, quasi da bambino che manipola per la prima volta degli oggetti o, in ambito cinematografico, da neoregista alla scoperta delle possibilità offerte dalla macchina da presa (da questo punto di vista è il film che indubbiamente più rassomiglia a "Il bacio dell'assassino", anche per alcuni elementi di scena come i manichini femminili). Compare la figura della scacchiera (a scacchi è il pavimento della casa dove avviene lo stupro), come al solito simbolo di un piano, di una razionalità che viene infine negata e subordinata all'impeto dell'azione stimolata da un impulso inconscio e irrefrenabile, nel caso di Alex coincidente con l'ascolto di un particolare brano musicale. Visivamente e acusticamente affascinante, ha il suo punto debole proprio nell'eccessivo iperrealismo, che non accentua, bensì attutisce la sua portata provocatoria, rendendo la sua rappresentazione della violenza abbastanza datata per lo spettatore odierno.
Rimane comunque un valido film di denuncia sociale tecnicamente superbo, meritevole anche di più visioni.

Voto: 4/5

-Barry Lyndon
GB 1975 - drammatico - 184 min.

Barry Lyndon è un film eccelso sotto molti punti di vista, primo fra tutti la fotografia: Kubrick si ispirò ai quadri settecenteschi per rappresentare in scena la vita della nobiltà in cui Barry si troverà a vivere, avendo sposato la contessa di Lyndon. Ricco e senza nulla da dimostrare, da bravo ragazzo che era si trasformerà in un uomo duro, meschino, avido, e finirà per perdere tutti i suoi beni, compreso quelli più importanti: gli affetti. Tutto il film è un lento requiem: le atmosfere non sono mai completamente serene, un senso di decadenza permea la vicenda in tutte le sue tre ore, quasi a dimostrare anche con scenografia e colonna sonora la falsità dell'aristocrazia del tempo (solo di quel tempo?), attaccata solo a beni materiali.
Gli elementi tipici del cinema di Kubrick sono presenti in buona misura, per la gioia dei fan, inoltre la recitazione raggiunge livelli di rara perfezione. la fotografia è eccezionale, e le speciali lenti Zeiss messe a punto per questo film consentono riprese con la sola luce naturale, anche a lume di candela. Frequente il ricorso dello zoom ad allargare, che accompagna lo sguardo dello spettatore alla scoperta di panorami naturali stupendamente inquadrati.

In conclusione, per qualche motivo non riesce ad essere quel capolavoro che poteva essere. Qualcosa manca, che non riesce a rapire totalmente lo spettatore. La vita di Barry passa sullo schermo di fronte ad occhi incuriositi, ma non emotivamente partecipi. La freddezza tipica dello sguardo con cui Kubrick guarda ai suoi personaggi, dalla coppia di Eyes wide shut ai soldati di Full Metal Jacket non permette un pieno coinvolgimento.

Voto: 4/5

-Shining
(The Shining) di Stanley Kubrick - USA 1980 - horror - 115min.

Capolavoro dell'horror, è uno dei più contorti film di Kubrick, uno dei più zeppi di simboli, metafore, raffinatezze stilistiche, e forse il meglio recitato in assoluto. Jack Nicholson non solo offre la sua miglior performance, ma realizza un capolavoro di recitazione come raramente se ne sono visti sul grande schermo. Malgrado il suo istrionico titanismo, l'ottima Shelley Duvall non gli è da meno, anzi è superba nella sua totale subordinazione alla star che domina la scena. Il piccolo Danny Lloyd è spontaneo e convincente.

Jack Torrance (Nicholson), scrittore in periodo di crisi creativa, è assunto per fare da custode invernale all'Overlook Hotel, nelle cui camere sono avvenuti, nel corso della sua storia, svariati delitti. Si porta dietro moglie (Duvall) e figlio (Lloyd), il quale ha il dono della "luccicanza", ovvero la facoltà di "vedere" tracce indelebili di fatti accaduti nel passato in un particolare luogo. Inutile dire che in questo caso le visioni sono tutt'altro che piacevoli, e le forze maligne presenti nell'albergo sembrano contagiare lo stesso Torrance, portandolo a compiere gli stessi abominevoli atti che hanno contraddistinto un precedente custode dell'hotel che sterminò la sua famiglia a colpi di accetta...

Come sempre è stato nel corso della sua filmografia, anche in questo caso il libro da cui è tratto il film è solo uno spunto dal quale Kubrick parte per elaborare la propria personale visione. Inutile dunque un paragone col romanzo di King, poichè si tratta di cose diverse. Poco interessato alle meccaniche classiche del racconto di spavento, il regista prende in mano una storia fantastica per raccontare quelle che sono le sue ossessioni, innanzitutto il predominio della visione sulla scrittura, della vista sulla parola: lo scrittore è in crisi creativa e diviene succube delle visioni. Anche il bambino ne è vittima ma lui vi si oppone e con fatica riesce a contrastarle. Come dire che le nuove generazioni, cresciute in un mondo dominato dal potere dell'occhio (del cinema?) possono imparare a conviverci e a non esserne soppiantati, mentre per il vecchio mondo è ormai la fine. La crisi della ragione è un altro tema importante in Kubrick ed è ovviamente il concetto fondante del film, in cui domina la figura del labirinto (addirittura fisicamente presente, mentre in film precedenti poteva essere identificabile con la struttura temporale o con alcuni ambienti caotici, basti pensare al deposito di manichini alla fine de Il bacio dell'assassino) in cui Torrance è destinato a perdersi per sempre, a non trovare più l'uscita e quindi a subire la condanna di un eterno ritorno (vedi l'enigmatico finale). E' infine un film sui limiti stessi del cinema, ovvero l'illusione di dominare spazio e tempo racchiudendoli nei confini dell'inquadratura di una cinepresa per essere padroneggiati a piacere dal regista. Questa è solo un'altra illusione: la scansione temporale è totalmente allucinata, ed i giorni e le ore in cui il film è suddiviso compaiono in maniera assolutamente confusa e per nulla chiarificatrice. Per non parlare dell'impossibilità del controllo dello spazio: L'albergo stesso è un'enorme labirinto, fatto di lunghissimi corridoi tutti uguali in cui si ripetono gli stessi ambienti, in modo che farsi una mappa mentale del luogo sia assolutamente impossibile.
Questa ricchezza di temi è supportata da una realizzazione tecnica eccezionale, come sempre accade in Kubrick: colonna sonora, fluidità di riprese (grazie all'uso della steadycam), fotografia, tutto senza sbavature.
Shining è uno degli apici di Kubrick (assieme a Lolita e 2001), ed è forse il miglior horror di tutti i tempi.
L'edizione italiana dura circa mezz'ora di meno rispetto a quella originale, e non è stata autorizzata da Kubrick. Tuttavia non sparei come fare a procurarmi, in Italia, quella originale, dato che non è mai stata distribuita. Esiste comunque un edizione speciale del film, in doppio DVD, corredata da numerosi extra molto interessanti, che consiglio caldamente.

Voto: 5/5

-Full Metal Jacket
di Stanley Kubrick - 1987 - guerra - 112min.

L'addestramento di un plotone di marines nel campo militare di Parris Island e la missione al fronte vietnamita. La più disastrosa delle guerre moderne come monito antimilitarista e come atto d'accusa alla disumanizzazione dell'individuo da parte dell'istituzione militare.

Quello che è forse il più pessimista dei film di Kubrick si apre con una scena emblematica: la rasatura a zero dei ragazzi che entrano nel campo di addestramento. La spersonalizzazione dell'individuo e la sua trasformazione in macchina (di morte) è il tema principale della prima metà del film, dominata dalla celebre figura dell'istruttore Hartman (Lee Ermey). Giunti in Vietnam, nella seconda parte della pellicola, si assiste alle imprese militari di un plotone cui Jocker, fotoreporter di guerra, si unisce per registrarne l'azione e scrivere i suoi articoli. Questa parte, francamente più noiosa della prima, vede come già in "Orizzonti di gloria" i soldati combattere contro il nulla (il nemico non si vede praticamente mai, se non da lontanissimo) per una causa a loro sconosciuta. Film che ha per protagonisti tutti e nessuno (Lo stesso soldato Jocker, voce narrante del film, non è che una delle tante marionette mosse dal burattinaio del potere militare e politico), nettamente diviso in due parti come già accadeva in 2001: odissea nello spazio (che per la verità è diviso in tre), Barry Lyndon, Orizzonti di gloria e Arancia meccanica, supportato da un'accattivante colonna sonora che attinge alle canzoni dell'epoca, caratterizzato da un uso ripetuto della telecamera a spalla che segue i soldati facendoci protagonisti dell'azione assieme ad essi, ricco di momenti suggestivi fra cui uno splendido finale che mostra la coincidenza della raggiunta maturità dei soldati con una regressione infantile, costruito sotto il segno dell'ambiguità della persona (la scritta "Born to kill" sul casco di Jocker compensata dalla spilla col simbolo della pace), è un film che lascia ben poche speranze di riscatto per l'umanità, precipitando in un baratro di cosmico pessimismo. Qualche scompenso nella generale asetticità dello sguardo registico, più concentrato nella composizione dell'immagine che interessato ai suoi personaggi: nonstante i nobili intenti, Kubrick dà l'impressione di voler creare, ancor prima di un film di contenuto, un film che sia esteticamente bello da vedere. Generalmente il regista viene criticato per la sua freddezza: sebbene io non appoggi tale critica per il cinema kubrickiano tout-court, l'accusa mi pare giustificata in particolare nei confronti di questo film. Sebbene ciò possa dipendere da una precisa scelta registica, il grado di coinvolgimento di "Full metal Jacket" non è molto elevato, almeno per il sottoscritto.
Rimane comunque potente l'assunto del film (esplicitato in Platoon di Oliver Stone): in Vietnam gli americani non hanno perso, bensì si sono persi.

Voto: 3,5/5

-Eyes Wide Shut
di Stanley Kubrick - GB-USA 1999 - drammatico - 159 min.

Ultimo film di Stanley Kubrick, che volle far recitare una coppia di attori sposati anche nella realtà; la scelta cadde su Tom Cruise e Nicole Kidman.

Bill (Cruise) è un medico di successo ed è sposato con la bella Alice (Kidman); entrambi fanno la bella vita, partecipano a feste eccetera, tuttavia lui è sinceramente innamorato di lei e non l'ha mai tradita....Alice, però, una sera, (un pò fumata) gli rivela di aver desiderato un altro uomo in passato, durante un viaggio. Questo dialogo è il motore che mette in moto il film, la ricerca interiore di Bill sul significato dell'amore, sul rapporto coniugale, sul piacere carnale.

La vicenda è solo un punto di partenza per mostrare uno spaccato della società moderna, fatto di alienazione e di eccessi che contaminano l'America dei giorni nostri e che si riflettono anche sul resto dell'Occidente. Non è solo il viaggio interiore di un uomo, è una denuncia sociale su un mondo che sta decadendo sempre più, che si sta autouccidendo, soffocato dai suoi stessi vizi, e che non si sa dove andrà a finire: il finale, infatti, è aperto e senza una vera soluzione che si prospetta; certo, la coppia sembra riappacificarsi, ma per quanto tempo? Il dialogo (o la sua assenza) è un altro importante elemento del film, e dimostra come le parole non dette siano più incisive di tanti discorsi; Bill è tormentato dalla visione della moglie che si concede ad un altro uomo, e tutte le sue azioni sono spinte da questa incancellabile ossessione. Altro elemento fondamentale è il sesso: il film è volutamente provocatorio in questo senso, tuttavia il fascino di queste sequenze si percepisce solo alla fine del film, quando si tirano le somme, e ci rende conto che il sesso è sempre un mezzo e non un fine: attraverso esso si arriva a comprendere il marciume che sta dietro ad una società malata, maniaca, pervertita, che porta i suoi figli alla perdizione, siano essi ricchi (l'orgia avviene fra facoltosi membri della borghesia cittadina) o poveri (la bella sequenza in cui Bill è "abbordato" da una prostituta). Il marcio, quindi parte dall'alto e scende fino agli strati più umili della società, contaminandola dall'interno. Basato sul tema del doppio e sul potere della vista (o della sua privazione), "Eyes Wide Shut" è un ottimo spunto di riflessione sui mali del mondo moderno e della cosiddetta società "civile".
Fra i difetti di cui comunque il film non è privo si segnala un durata ingiustificata che rischia di scivolare nella prolissità, la piattezza dei due protagonisti ed una certa fatica nella narrazione degli eventi, fatto probabilmente dovuto al montaggio non del tutto risolto (dato che fu ultimato dopo la morte del regista).

Voto: 4/5

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