martedì 16 aprile 2013

Spike Jonze

Essere John Malkovich (Being John Malkovich) (1999)
Il ladro di orchidee (Adaptation.) (2002)
Nel paese delle creature selvagge (Where the Wild Things Are) (2009) - 2/5
Her (2013) - 3/5

Jonze (1969), americano, inizia come regista di videoclip negli anni '90; esordisce alla regia nel '99 con lo stravagante essere John Malkovich. Filma pellicole surreali, fantastiche e metacinematografiche.

-Nel paese delle creature selvagge
USA 2009 - fiabesco -104min.

Adattamento della fiaba omonima del 1963 di Maurice Sendak, traslatta ai giorni nostri: Max è un ragazzino di otto anni che si trova male in famiglia perchè nessuno sembra avere tempo per lui: la sorella maggiore non gli presta attenzione e la madre lo trascura per il suo attuale compagno. In preda all'ira Max scappa, prende una barchetta in riva al mare e con essa naviga per giorni fino ad arrivare in una terra fantastica abitata da strani mostri pelosi che lo proclamano loro re. Presto max si renderà conto che non è affatto facile farsi carico di una simile responsabilità.

Il film ha avuto una gestazione molto travagliata - progetto originale risalente agli anni '80 da parte di Disney; successiva acquisizione dei diritti da parte di Unversal che ingaggia Eric Goldberg (già animatore Disney) per realizzarne una versione animata; licenziamento di Goldberg e passaggio di consegne a Jonze per realizzarne una versione in live action mista a compuer graphic - che ha nuociuto al risultato finale: è un film per adulti nei modi espressivi (fiaba triste sulla solitudine, liti e incompatibilità caratteriali fra i mostri forse difficili da comprendere per un pubblico infantile, fotografia spesso cupa, fastidiosa camera oscillante) ma per bambini in quanto a tematiche (assunzione di responsabilità, rapporti con i genitori), con il risultato di scontentare tutti (a giudicare dagli incassi si è a malapena ripagato). In più: il protagonista è reso antipatico da una sceneggiatura che lo fa urlare a sproposito rendendolo schizofrenico; i mostri sono molto poco fiabeschi e molto umani nei loro comportamenti (ovviamente questo è l'intento del film, dato che soprattutto Carol è una proiezione della personalità di Max; di fatto però snatura i mostri, che per definizione sono "altro" dall'uomo), il ritmo blando lo rende a tratti di una noia mortale.
Infine, la solitudine che permea ogni scena del film può farlo risultare intollerabile.
Colonna sonora lagnosa.
Qualche bella intuizione visiva.

Voto: 2/5

-Her
USA 2013 - commedia/fantascienza -  126min.

In una metropoli americana di un futuro non troppo lontano, un uomo (Joaquin Phoenix) acquista un software consistente in un'intelligenza artificiale dotata di autocoscienza con la quale è possibile instaurare un rapporto quasi umano. In realtà il programma raggiungerà un livello di coscienza insperato da parte degli stessi programmatori, e tra uomo e macchina nascerà un'impossibile legame sentimentale.

Scenografie e costumi eccellenti (insolita mescolanza tra futuro prossimo e ritorno agli anni '60). Cast perfetto. Sceneggiatura brillante. Soggetto debole: il tema è tutt'altro che nuovo, basti pensare ad HAL 9000 (ed era il 1968!!!). Anche il discorso sull'alienazione umana nella società delle macchine è trito e ritrito. L'originalità sta nel fatto di averlo trattato non in chiave di fantascienza distopica bensì di love story, anche se perfino nell'interazone erotica uomo-macchina abbiamo dei precedenti (il più simile come idea è forse S1m0ne di Andrew Niccol, poi ci sono Andromedia di Takashi Miike, i lovebot di A.I. di Steven Spielberg, le protuberanze sessual-tecnologiche in ExistenZ di Cronenberg, I Love You di Marco Ferreri, ancor più radicale di questo film dato che all'oggetto amato dal protagonista manca addirittura l'intelligenza), in toni per così dire sereni; in realtà però il pessimismo tipico di Jonze traspare anche in questo film, e devo confessare che la sua poetica è ciò che mi infastidisce maggiormente, non mi ci ritrovo e di conseguenza difficilmente entro in empatia con i suoi film: questa accettazione rassegnata degli eventi, la stupidità di fondo del protagonista (il film  è affascinante, intendiamoci, ma fermatevi un secondo a pensare: è verosimile? Bisognerebbe essere malati di mente per innamorarsi di un'intelligenza artificiale!) sono elementi che digerisco a fatica. Pur con tutti questi limiti Her rimane un film da vedere: innanzitutto per l'operazione unica di spersonalizzazione totale dell'attore (di Scarlett Johansson rimane solo la voce, e questa non è prestata ad un elemento artificale ma visibile a schermo, come gli avatar del film omonimo o l'occhio di HAL 9000, bensì ad un'entità irrappresentabile e sconfinata, di conseguenza qualitativamente simile ad una divinità), in secondo luogo e in conseguenza di quanto sopra detto, il film è quasi un one man show di Phoenix, quasi sempre unico attore in scena, in grado di comunicare emozioni credibili mentre parla con il nulla steso sul letto o seduto su una sedia. Sopprattutto senza di lui il film non esisterebbe.

Voto: 3/5

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