venerdì 27 aprile 2012

Jon Hurwitz

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Harold & Kumar Go to Amsterdam (2011)
American Pie: ancora insieme (American Reunion) (2012) - 3/5

A Hurwitz (1977), americano, si deve principalmente la regia dell'ottavo episodio della saga di American Pie.

-American Pie: ancora insieme
USA 2012 - commedia - 113min.

Da quando Jim (Jason Biggs) e Michelle (Alyson Hannigan) si sono sposati ed hanno avuto un figlio, la loro vita sessuale è diminuita sempre più con conseguente incrinatura del loro rapporto. Kevin (Thomas Ian Nicholas), pur avendo trovato una compagna, vive una vita piatta e non ha mai dimenticato del tutto il suo primo amore Vicky (Tara Reid). Oz (Chris Klein) ha fatto fortuna in tv, ma la sua vita sentimentale risente del rapporto con una compagna volubile, nonchè della vecchia fiamma mai dimenticata Heather (Mena Suvari). Di Finch (Eddie Kay Thomas), in giro per il mondo, si sono perse proprio le tracce, mentre Stifler (Seann William Scott), pur rimanendo lo stesso cazzone di sempre, si è trovato un impiego sotto pressione della sua formosa madre (Jennifer Coolidge). Tutti ultra-trentenni, i membri del vecchio gruppo di compagni di scuola vivono ormai esistenze separate, senonchè decidono di rivedersi tutti per una rimpatriata dopo 12 anni...

 Per chi, come me, era adolescente o giù di lì a cavallo fra il vecchio millennio ed il nuovo, la saga di American Pie rappresenta senza dubbio un'istituzione. Odiata od amata, è stata per anni la teen comedy per eccellenza, e tutti gli appartenenti a tale fascia d'età dovevano farci i conti: i più morigerati puntavano il dito contro la scurrilità dei dialoghi, le situazioni sporche e la comicità demenziale, mentre i più esuberanti o semplicemente di bocca buona la osannavano praticamente per gli stessi motivi. Molti miei coetanei potranno ricordarsi le maratone dei vari episodi a casa di un amico e/o l'immedesimazione che ciascuno provava verso questo o quel personaggio. Certo il concept era american-oriented, ma i turbamenti ormonali e le peripezie sentimentali sono esperienze comuni ai giovani di qualunque paese. I primi tre film della saga sono caratterizzati dallo stesso cast (anche se nel terzo manca il personaggio di Oz), mentre i seguenti 4 episodi, passati direttamente all'home video, vedono come unico segno di continuità la figura caratteristica del padre di Jim, Noah (Eugene Levy), saggio dispensatore di consigli in materia sessuale e, a suo modo, maestro di vita. Con questo ottavo episodio si torna quindi alla saga originale, con un'operazione nostalgia che non fa nulla per mascherare l'intento di far leva sull'affetto del pubblico per i personaggi tipici della serie, anzi gioca proprio su questo elemento: i dialoghi sono pieni di riferimenti al passato, e spesso le battute iniziano con un "Vi ricordate..." o variazioni sul tema.

 Tuttavia non si deve credere che il film viva solo di ricordi: i registi sono cambiati (ma Paul Weitz, creatore del capostipite della saga, è presente nella veste di produttore) ma ciò non ha intaccato una sceneggiatura in linea con l'assurda follia degli episodi classici, in un giusto mix di becera volgarità, eros profanissimo (ma ben più parlato che esibito), parentesi sentimentali e momenti di umorismo surreale come l'incipit, i dialoghi padre-figlio, le azioni imprevedibili di Stifler. A proposito di quest'ultimo, Stifler rimane uno dei personaggi più esilaranti, forse perchè impersonato da uno degli attori più istrionici del cast, mentre altri sono usati questa volta più come riempitivo che come personaggi a tutto tondo (alcuni compaiono praticamente solo in una scena). Sebbene il registro del film non si sollevi mai oltre quello della commedia demenziale, non sfuggono alcune rappresentazioni sociali tipiche della giovane adultità: incertezza della vita di coppia, difficile rapporto con la propria attività lavorativa, rimpianti di gioventù, senso di incertezza verso il futuro, delusione per un presente che si sperava più roseo ed entusiasmante, nostalgia per i bei tempi che furono, incapacità di assumersi le proprie responsabilità. Se questo gruppo di "bamboccioni" made in U.S.A., pur esagerando, incarna molti dei problemi dell'attuale generazione di precari esistenziali (giovani adulti senza certezze nel lavoro e nella vita) si deve al fatto che American Pie è sempre stata una saga sincera: non ha mai nascosto i difetti della generazione che rappresentava, nè le difficoltà esterne con cui essa andava a scontrarsi.

Lungi dall'adottare American Pie: ancora insieme come modello di descrizione sociologica della realtà in corso, ritengo però singolare e doveroso segnalare come un film come questo, leggero e "basso" per definizione, contenga abbastanza elementi di verità da poter rendere facile un'identificazione nei suoi personaggi ed una descrizione piuttosto precisa delle emozioni e della condizione di un certo strato sociale. Che è poi la ragione per la quale la saga ha avuto successo un po'  dappertutto. Si può criticare il fatto che nel film tutto si riduca spesso a problemi di vita sessuale, ma si può ribattere che 1) questa è la peculiarità del film e la ragione del suo successo, perchè come dice un vecchio aforisma le uniche cose che interessano un uomo adulto sono il sesso e la morte 2) la vita sessuale è uno degli argomenti più spinosi con cui la cultura di qualunque tempo e paese ha dovuto fare i conti, ed ancora oggi nella profana società occidentale non è così scontato che se ne parli liberamente. Senza volermi inoltrare in riflessioni ulteriori che forse, dato il film in questione, avrebbero poco senso, non posso che raccomandare questo ultimo capitolo a tutti i fan della saga, mentre chi non è cresciuto con essa probabilmente non sarà incentivato a vederlo.

Voto: 3/5

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