mercoledì 31 agosto 2011

Ang Lee

Pushing Hands (Tui shou) (1992)
Il banchetto di nozze (Hsi yen) (1993) - 3/5
Mangiare bere uomo donna (Yin shi nan nu) (1994)
Ragione e sentimento (Sense and Sensibility) (1995)
Tempesta di ghiaccio (The Ice Storm) (1997) - 3/5
Cavalcando col diavolo (Ride with the Devil) (1999)
La tigre e il dragone (Wo hu cang long) (2000)
Hulk (2003)
I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain) (2005)
Lussuria - Seduzione e tradimento (Se, jie) (2007)
Motel Woodstock (Taking Woodstock) (2009)
Vita di Pi (Life of Pi) (2012) - 3,5/5

Lee (1954), taiwanese, si è trasferito a New York alla fine degli anni '70, e proprio in America ha iniziato la sua carriera. Dopo alcune commedie si è cimentato in diversi generi, ma i suoi film migliori rimangono quelli in cui studia la psicologia umana ed affronta drammi esistenziali, in toni a volte cupi a volte leggeri.

-Il banchetto di nozze
(Xiyan-Hsi-Yen - The Wedding Banquet) di Ang Lee - USA/Taiwan 1993 - commedia - 103min.

New York. Wai-Tung (Winston Caho), imprenditore di origini taiwanesi, convive con il suo compagno Simon (Mitchell Lichtenstein) in un lussuoso appartamento multipiano. I suoi genitori non sanno della sua omosessualità, e premono affinchè decida di prender moglie. Per risolvere il problema, Wai-Tung decide di sposare una sua affittuaria, anch'essa di origine cinese, di nome Wei-Wei (May Chin), a cui serve il permesso di soggiorno. I coniugi Gao si apprestano dunque a volare a N.Y. per assistere al matrimonio del figlio, che avviene squallidamente in Comune con rito civile. Ma il padre non si dà per vinto e organizza loro un sontuoso banchetto di nozze presso un ristorante gestito da un suo ex sottoposto quando servivano nell'esercito.

Come nel successivo Tempesta di ghiaccio, Ang Lee dimostra con questo film (orso d'oro a Berlino) di saper tratteggiare con alternanza di toni leggeri e seri il ritratto di una famiglia disfunzionale, tanto più che in questo caso si tratta di una famiglia improvvisata in poche settimane per accontentare gli anziani genitori che stravedono per il figlio. L'incomunicabilità è quindi presente nel cinema di Ang Lee già da questo film, e ne diventerà una delle costanti.
C'è anche il problematico confronto oriente-occidente, il gap culturale fra una generazione nata nell'epoca della globalizzazione e quella precedente, ancorata agli usi e costumi tradizionali dal passato secolare, tutti problemi di cui Ang Lee (nato nel 1954 a Taiwan, trasferitosi ad Urbana, Illinois nel 1979) può essere considerato l'ideale portavoce.
Piacevolmente leggero pur affrontando tematiche importanti, si affida al brio degli interpreti, sicuramente ben scelti, ed alla freschezza della sceneggiatura, ricca di spunti interessanti e quasi mai scontata.
Qualche momento di eccessivo sentimentalismo ed un ritmo altalenante sono difetti da segnalare.
Piacevole.

Voto: 3/5

-Tempesta di ghiaccio
(The Ice Storm) di Ang Lee - USA 1997 - commedia/drammatico - 113min.

New Canaan, Connecticut. Si descrive una famiglia della upper middle-class bianca: il padre Ben (Kevin Kline), la madre Elena (Joan Allen), il figlio maggiore Paul (Tobey Maguire) al college, la figlia minore Wendy (Christina Ricci) di orientamento liberal. Una famiglia che ha apparentemente tutto per essere felice, e invece non è così: Ben tradisce regolarmente la moglie (che qualcosa sospetta) con la vicina di casa Jane (Sigourney Weaver); Paul soffre della sindrome del "migliore amico" (anzi, "fratello") con tutte le ragazze che gli piacciono; Wendy ha il sesso come chiodo fisso, ma è indecisa se sperimentarlo con il figlio coetaneo dei vicini (Elijah Wood) o con il di lui fratellino più piccolo. Insomma la confusione dei genitori ricade sui figli.

Valida commedia dolceamara (più amara in verità) del poliedrico Ang Lee, asso nella descrizione di difficili rapporti interpersonali fra famigliari (suo anche "Il banchetto di nozze"). Tratto dal romanzo omonimo di Rick Moody, il film mette in scena tematiche non nuove, ma lo fa con un attaccamento insolito ai personaggi (soprattutto ai ragazzi, vittime del comportamento squilibrato degli adulti) e con un'impeccabile perizia tecnica: una regia elegante focalizzata sulla rappresentazione degli stati d'animo dei protagonisti, tutti ottimamente interpretati da un cast affiatato.
Accusato da molti di banalità e scontatezza, vale per la sua perfezione formale e per il sapiente dosaggio di momenti tristi e divertenti, senza mai eccedere né da una parte né dall'altra.
Apprezzabile anche il commento musicale.

Voto: 3/5

-Vita di Pi
USA 2012 - avventura/fiabesco/fantastico - 120min.

 Pi (Suraj Sharma) è un giovane indiano che sta per affrontare un lungo viaggio: il padre è proprietario di un zoo, ma siccome gli incassi si fanno sempre più magri, decide di sbaraccare ed aprire lo zoo in Occidente (Canada, per la precisione), confidando nel successo che avrà l'esibizione di animali esotici; tutta la famiglia (padre, madre e due figli, fra cui Pi) così si imbarca su una nave da carico giapponese, trasportando tutti gli animali. A seguito di una tempesta però la nave affonda: solo Pi si salva raggiungendo una scialuppa di ssalvataggio; con lui anche qualche animale: una iena, un orango, una zebra ed una vorace tigre del Bengala.

Tratto dal romanzo omonimo di Yann Martel, Vita di Pi è un film anomalo nella filmografia di Ang Lee; è il suo primo film spiccatamente fiabesco (tracce di epica fantasiosa si riscontrano ovviamente ne La tigre e il dragone, ma lì si tratta di epopea guerriera, qui invece di favola con animali co-protagonisti). Dico subito che l'effetto 3D è ottimamente implementato, ed è uno dei migliori esempi del suo utilizzo che ho riscontrato finora. Consiglio vivamente di usufruirne per gustarsi appieno il lavoro di effettistica operato in post-produzione, giocando con il cielo ed il suo riflesso nell'acqua. Il film è per la maggior parte del tempo ambientato sulla scialuppa di salvataggio in cui Pi trova salvezza: completamente circondato dall'acqua e senza il minimo orientamento, il giovane rimane in balìa delle correnti e con le poche provviste a disposizione sulla piccola imbarcazione, costretto a convivere con una tigre famelica e ad imparare a pescare e a raccogliere l'acqua piovana; una situazione che rimanda in primo luogo a Cast Away, ma qui ci si spinge ancora più in là privando lo sventurato protagonista di una qualsivoglia terraferma.

La vicenda è narrata due volte nel film: una volta nelle forma che vediamo per la maggior parte della sua durata, la seconda invece ci viene raccontata solo oralmente verso il finale del film; si lascia il dubbio (che poi dubbio non è) su quale sia la vera versione della storia, con una dinamica che rimanda al Burton-iano Big Fish nonchè, come padre nobile, a Rashomon. Dato che per la maggior parte del tempo c'è solo un protagonista umano in scena, la vicenda è raccontata da una voce narrante, il che conferisce al film quell'aura fiabesca di cui si è detto sopra. La presenza di tanti animali (tutti realizzati a computer, con risultati a volte facilmente distinguibili, altre volte stupefacentemente amalgamati con le riprese in live action) concorre a rendere il film adatto ai bambini, ma non si creda che agli adulti non possa piacere: in effetti il significato allegorico che si cela dietro la fiaba è, come spesso accade, di interesse per chiunque: c'è soprattutto una profonda interrogazione sull'esistenza di Dio e le sue forme di manifestazione e comunicazione con l'uomo, il che rende paradossalmente questo Vita di Pi uno dei film più prepotentemente a sfondo religioso di tutti i film americani del dopo Duemila (assieme a The Tree of Life, ovviamente). Non si intenda con questo che sia un film bigotto o moralista, niente di tutto ciò: è invece in grado di affrontare con semplicità di linguaggio grandi domande di senso (oltre alla religione sono molte le tematiche affrontate: il racconto di formazione, l'autoaffermazione, l'importanza della memoria e dell'esperienza, il tutto calato nel topos omerico del viaggio per nave).

Un po' troppo didascalica la seconda parte, in cui si tirano le somme di una vicenda (che non avrebbe avuto bisogno di spiegazioni) in puro stile americano, ovvero consistente nel dipanare passo passo tutto lo svolgersi della vicenda senza lasciar nulla all'interpretazione. La conseguenza è rallentare il ritmo e non lasciar spazio all'immaginazione, cosa che era riuscita benissimo per tutto il film.

Grande fotografia che, assieme ad una regia esperta, confeziona alcune scene memorabili di notevole complessità, risolte mirabilmente da un montaggio fluido e senza intoppi; molte sequenze rimangono così impresse nella memoria (l'incontro con la balena, la "pesca", le due tempeste, le quieti notturne). A volte l'uso massiccio di computer graphic potrebbe suscitare qualche malumore, ma bisogna riconoscere che per realizzare un film del genere non si poteva fare diversamente.
Vita di Pi è un film adatto a tutti: un ottimo film di fine anno!

Voto: 3,5/5

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