mercoledì 29 giugno 2011

Marco Bellocchio

I pugni in tasca (1965) - 4/5
La Cina è vicina (1967)
Discutiamo, discutiamo, episodio di Amore e rabbia (1969)
Nel nome del padre (1972)
Sbatti il mostro in prima pagina (1972)
Marcia trionfale (1976)
Il gabbiano (1977) - Film TV
Salto nel vuoto (1980)
Vacanze in Val Trebbia (1980)
Gli occhi, la bocca (1982)
Enrico IV (1984)
Diavolo in corpo (1986)
La visione del Sabba (1988)
La condanna (1991)
Il sogno della farfalla (1994)
Il principe di Homburg (1996)
La religione della storia (1998) - Film TV
La balia (1999)
L'affresco (2000)
Elena (2002)
Appunti per un film su Zio Vania (2002))
L'ora di religione (2002)
Buongiorno, notte (2003)
Il regista di matrimoni (2006)
Sorelle (2006)
Vincere (2009)
Sorelle Mai (2010) - 3/5
Lacrime (2011)

Bellocchio (1939) dopo aver studiato cinema a Roma e Londra ha esordito con il celebre "I pugni in tasca" (1965) potente film di contestazione che anticipa le proteste del '68. Autore anche di documentari, mediometraggi e cortometraggi, è fondatore della scuola Farecinema istituita a Bobbio, suo paese natìo.

-I pugni in tasca
Italia 1965 - drammatico - 105min.

(questa recensione è più che altro un'analisi musicale, data la sua natura di lavoro universitario)






In una villa sulle colline presso Bobbio vive una famiglia composta da madre cieca e quattro figli; Augusto, il maggiore, porta avanti un'attività che permette il sostentamento dell'intera famiglia; Alessandro, sofferente di attacchi epilettici e meditabondo di pensieri omicidi nonché incestuosi verso la sorella; Giulia, immatura ragazza senza arte né parte; Leone, ritardato mentale.

Alessandro, che non sopporta le persone deboli o incapaci di autogestirsi, né in generale il clima opprimente che si vive nella casa, finirà per uccidere la madre e Leone, e consumare un incesto con Giulia. Colpito però da una attacco epilettico, verrà lasciato morire dalla stessa Giulia che si è resa conto delle gesta omicida del fratello.




La colonna sonora è di Ennio Morricone, che si è servito nel tema principale dei vocalizzi della soprano Maria Rigel Tonini. Consta di 33 minuti di musica, lasciando nel film ampi spazi di silenzio in cui sono esaltati i rumori d'ambiente.




Il film si apre con I pugni in tasca, leitmotiv del film che verrà ripreso con qualche variante nel corso della pellicola. E' quasi un vocalizzo a cappella, commentato solo da isolate note di pianoforte che si fanno via via più fitte ed insistenti, con un forte riverbero; una musica fantasmatica che non fa presagire nulla di buono.

A 07.00 inizia una lunga sequenza di cena attorno ad un tavolo, totalmente priva di commento musicale e quasi totalmente di dialogo, in cui l'atmosfera di pesantezza e di tensione fra i componenti della famiglia è evidenziata dall'esaltazione dei micro-rumori d'ambiente: posateria, legno cigolante, miagolio del gatto.

A 9.20 inizia Stranissimi giochi, una breve ripresa del leitmotiv suonato da dei legni, inframezzato da un motivetto di carillon, che sembra evidenziare la condizione di infantilismo in cui vivono Leone, Alessandro e Giulia.

A 12.30 inizia Subdolo, una ripresa del tema principale per soli archi, che sembra sottolineare la disperazione della condizione di Sandro e Giulia per la loro instabilità mentale.

A 13.18 inizia I pugni in tasca, pt. 2, (si tratta in effetti di un frammento musicale de La Traviata di Verdi) una serie di note di piano in staccato dall'incedere solenne che si legano ossimoricamente alla scena (il risveglio di Sandro chiamato dal bambino cui insegna); la musica inizialmente pare extradiegetica, mentre poi si scopre provenire da un vinile che era fuori campo.

A 15.00 Sandro, uscito sul balcone, declama un paio di versi dall'Inno a Roma, canzone del 1919 messa in musica da Puccini e poi fatta propria dal fascismo. La sua mise, avvolto nella coperta del letto, lo fa sembrare una parodia di un antico romano, con una dissacrazione dei valori patrii.

A 19.00 c'è una breve ripresa di Stranissimi giochi, in corrispondenza del “gioco” che Sandro perpetua ai danni del bambino: non c'è dubbio sul fatto che lui abbia inclinato il tavolo di proposito.

A 19.30, la madre canta sommessamente un paio di versi dall'aria dell'atto II del Rigoletto “Ciel dammi coraggio”, con cui Gilda, figlia di Rigoletto, gli rivela come sia stata sedotta dal Duca (per cui Rigoletto lavora) che si era spacciato per uno studente povero. Questo dà sia un'indicazione descrittiva della famiglia (in casa si ascolta Verdi, il che giustifica l'ascolto della Traviata), sia accenna ad uno dei temi portanti del film, cioè il gioco di seduzioni ed inganni reciproci fra i protagonisti.

A 21.40 c'è un frammento musicale molto breve che parrebbe una ripresa di Subdolo, in corrispondenza di un breve momento di abbandono di Sandro che confessa il suo male di vivere.

A 24.38 c'è una ripresa di I pugni in tasca, pt. 2, in corrispondenza di Sandro che fa ripartire il vinile che ha in camera. E' lo stessa tema musicale precedente suonato stavolta dagli archi invece che dal piano, e sembra un pezzo tragico di un'opera, tant'è che Sandro mima un suicidio molto teatrale.

A 25.40 la musica si interrompe improvvisamente per lasciar posto ai gemiti di Leone, che ha un attacco epilettico: la tragedia irrompe nella realtà, la vita della famiglia è in effetti una tragedia.

A 28.30 inizia Subdolo, pt.2, in corrispondenza della prima maturazione del piano omicida di Ale. Non ci sono altri suoni se non il rombo della macchina, molto attutito: come se l'attenzione di Augusto fosse tutta per le parole di Sandro, che esprime un desiderio incofessabile per l ostesso Augusto.

A 34.00 c'è un brevissimo momento in cui Ale intona un Kyrie Eleison nella vasca da bagno.

A 36.00 inizia Non è un dramma, sostanzialmente si tratta del leitmotiv suonato da campane accompagnate da archi stridenti: si sta attuando il piano omicida di Sandro, che lascia scritta una lettera per Augusto in cui espone il suo piano.

Dopo una breve scena di intermezzo, la musica sfocia in Stranissimi giochi, pt. 2, un breve incalzare di note gravi di pianoforte, mentre Augusto legge la lettera lasciatagli da Ale; la musica riprende brevemente dopo una scena di inseguimento di auto in cui gli unici suoni sono i rumori di gomme e motori e le voci dei personaggi.

A 41.45 si riprende Subdolo, ma in un momento della traccia che non è ancora comparso, una musica quasi dolce anche se il contenuto della scena è drammatico: inconsapevolmente Giulia chiede ad Ale cos'abbia pensando che stia male, mentre lui è deluso perchè non è riuscito nel suo proposito di ucciderli tutti, ma dice ad alta voce di essere sicuro di aver preso una decisione che vuol portare fino in fondo.

A 48.05 inizia Twist, un deciso cambio di atmosfera: siamo nella città, in mezzo alla società civile, in un'atmosfera rilassata ed elettrizzante per Augusto, che sogna di viverci abbandonando la villa di campagna. La provenienza della musica è incerta, non si sa se provenga dalla filodiffusione del bar o se sia extradiegetica. Questo momento di apparente spensieratezza è subito contraddetto dalla violenza della scena successiva, la caccia ai topi, dove predomina il rumore delle fucilate.

A 55.00 viene ripresa Stranissimi giochi: si compie finalmente il proposito omicida di Ale che ammazza la madre; la musica è un tipico crescendo fino al culmine dato dall'urlo della madre, che la interrompe bruscamente. Subito dopo torna brevemente il tema principale a cappella, mentre Ale chiude gli occhi e respira, come liberato da un peso.

A 58.00 ci sono le preghiere in coro delle suore davanti al feretro materno che fanno da sottofondo alla scena.

A 1.06.43 c'è un brevissimo commento musicale, forse proveniente da Subdolo, che assieme alla panoramica dalla terrazza in cui si vede la nevicata, serve da raccordo e da segnalazione di ellissi temporale.

A 1.08.00 c'è la ripresa del leitmotiv riarrangiato, con degli archi ossessivi in staccato su cui il pano suona la melodia con note acute; è un tema incalzante che si sposa con un montaggio veloce e ripetitivo dello sgombero della stanza della madre e la gioia che ne consegue per Giulia e Ale.

A 1.13.00 si riprende il tema principale mentre Leone cerca di salvare il salvabile dal rogo attizzato in cortile.

A 1.16.00 c'è una breve ripresa di Subdolo, quando Giulia chiede ad Ale se ha intenzione di ripetere l'esperienza con le prostitute; è una ripresa del disagio esistenziale e del rapporto morboso tra i due, infatti questo tema c'è solo in corrispondenza di scene dove sono entrambi presenti.

A 1.18.00 inizia I pugni in tasca, pt. 1 (lounge music), una musica intradiegetica che è quella su cui si sta ballando alla festa. Nel corso della lunga sequenza si alternano 3 brani (pt.1, pt.2 e pt.3), corrispondenti a due lenti ed uno veloce di ballo, tutte intradiegetiche.

A 1.26.48 c'è una breve ripresa del leitmotiv suonato da piano e legni e da quello che sembra essere un glockenspiel.

A 1.30.07 inizia Chiuso nel bagno, altra attuazione criminosa di Ale; il tema è un riarrangiamento del leitmotiv rallentato esponenzialmente e suonato sommessamente da glockenspiel e piano, con successiva entrata dei legni. Man mano che il piano si attua, la musica aumenta di volume ed anche di ritmo, in un crescendo simile a quello dell'uccisione della madre. Anche qui il climax si interrompe con l'annegamento di Leone.

A 1.34.00 c'è la ripresa di Stranissimi giochi, in un punto non ancora sentito; è il momento della consapevolezza di Giulia, che scopre il secondo omicidio e cade dalle scale; un momento fortemente drammatico che la musica interpreta con note gravi di pianoforte ad alto volume che riprendono il leitmotiv con un ritmo marziale.

A 1.43.00 inizia una musica intradiegetica, un altro vinile di Ale, che un'aria della Traviata dall'atto I, “Sempre Libera” in cui il personaggio di Violetta afferma che per esser felice dev'essere appunto libera, non legata a nessun uomo per sempre. Come Ale vuol liberarsi di ogni legame famigliare per non sentirsi oppresso. Tuttavia la sua malattia finisce epr ucciderlo facendogli effettuare nell'agonia un grottesco “balletto” sulle note dell'aria.

Il film si conclude con la ripresa del leitmotiv sui titoli di coda.

Voto: 4/5

-Sorelle Mai
di Marco Bellocchio - Italia 2011 - drammatico/sperimentale - 105min.

Nato dalle sperimentazioni condotte da Bellocchio con i suoi studenti di Fare Cinema presso Bobbio, paese natale del regista che ospita tra l'altro un festival annuale di cinema indipendente, è un film suggestivo e misterioso, forse il primo esempio di compiuta postmodernità nel cinema italiano.

La vita della famiglia Mai, composta da Giorgio, attore senza successo, la sorella Sara che tenta anch'essa una strada nel mondo dello spettacolo, la figlia di lei Elena che è accudita da due zie/sorelle residenti nell'antica magione di famiglia a Bobbio, più un amico di famiglia che si occupa dell'amministrazione della casa.

Composto di 6 episodi, che si dipanano tra il 1999 ed il 2008 (e sono stati girati nei rispettivi anni, per un totale di circa un decennio di lavoro) il film è sconnesso, pieno di ellissi, enigmatico ed affascinante. La sua attrattiva risiede innanzitutto nell'ambientazione: rigirando nei luoghi del suo scioccante film d'esordio I pugni in tasca, Bellocchio sembra voler chiudere i conti, a quarant'anni di distanza, con un fantasma che è ancora lì: il film è inframezzato da frammenti della pellicola sovracitata, quasi a rendere la casa di Bobbio (set di entrambi i film nonchè casa del regista stesso) un'abitazione stregata da uno spettro filmico assetato di ri-proiezione. Tutti i personaggi principali del film sono parenti del regista: figli, nipote e sorelle. Proprio queste ultime danno il titolo al film: sorelle che (nel film come nella realtà) non hanno mai abbandonato la casa natìa perchè non si sono mai sposate, e rimangono testimoni, allora come oggi, di situazioni conflittuali e disturbanti all'interno del nucleo famigliare (e non solo). Certo le stridenti cotrapposizioni fra individui non si traducono più in pulsioni tanato-incestuose come ne I pugni in tasca, ma si fanno forse più sotterranee e meno evidenti, all'insegna del non detto, del rimpianto, di un'amarezza esistenziale.
In tutto questo, sorprendentemente, ecco che Bellocchio inserisce parentesi di inaspettato umorismo (come l'episodio del consiglio di classe in cui una professoressa, interpretata da Alba Rohrwacher, si batte per la promozione di uno studente pusillanime) o di spiazzante, magico mistero (il finale, mistico ed emozionante, un colpo di genio registico).
Il tutto senza trascurare la vivace realizzazione tecnica: girato con svariati modelli di handycam digitali, quindi con gradi di definizione diversi, fotografia sgranata e spesso fuori fuoco, girato a colori eppure spesso così simile ad un film in B/N per le sue scale di blu e di grigi, autocitazionista, diegeticamente frammentario.
Cinema postmoderno italiano, da consumarsi preferibilmente dopo il film del 1965.

Voto: 3/5

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