venerdì 19 agosto 2011

Michael Haneke

Il settimo continente (Der siebente Kontinent) (1989)
Benny's Video (1992)
71 frammenti di una cronologia del caso (71 Fragmente einer Chronologie des Zufalls) (1994)
Das Schloss (1997)
Funny Games (1997)
Storie (Code Inconnu: Recit Incomplet De Divers Voyages) (2000)
La pianista (La pianiste/Die Klavierspielerin) (2001) - 3,5/5
Il tempo dei lupi (Le temps du loup/Wolfzeit) (2003)
Niente da nascondere (Caché) (2005)
Funny Games (Funny Games U.S.) (2007) - 3,5/5
Il nastro bianco (Das weiße Band) (2009)

Haneke (1942), austriaco, dopo aver studiato filosofia e psicologia, è diventato critico cinematografico. Dopo aver sperimentato la regia televisiva, si dà a quella cinematografica, realizzando pellicole di crudo e realistico nichilismo, spesso impregnate di pulsioni di morte e di personaggi senza speranza. Nel descrivere la violenza insensata del mondo Haneke pare trovare i suoi germi innati nell'animo umano, condannando quindi lo spettatore a riconoscersi negli abomini di cui i suoi personaggi sono artefici e vittime. esteticamente impeccabile, l'opera di Haneke è una riflessione drammatica (ma lucidamente realistica) sul male nel mondo, sempre originato dall'essere umano.

-La pianista
(La pianiste) - Francia/Austria - drammatico - 131min.

Tratto dal romanzo omonimo di Elfriede Jelinek.

Ritratto di Erika (Isabelle Huppert), pianista insegnante masochista e sessualmente disturbata, figlia di una madre possessiva con cui abita, vive e dorme, vittima di perverse fantasie erotiche sadomaso e con tendenze autolesioniste, che entra in crisi quando ricambia il sentimento che un giovane studente prova per lei.

Gran premio della giuria a Cannes, è un film scritto su misura per la Huppert, la cui recitazione è qualcosa di talmente straordinario che giustifica da sola la visione del film (il resto del cast fa un ottimo lavoro anch'esso, comunque). Haneke, che per la prima volta ha inserito dei brani musicali in un suo film (tutti pezzi classici), compone lunghi piani sequenza in spazi angusti dai colori desaturati conferendo al film un'atmosfera angosciosa e malsana. Ha il difetto di essere un pochino eccessivo pur cercando di essere realistico, col risultato di non convincere appieno dell'effettiva verosimiglianza della vicenda (seppure la scrittrice abbia ammesso che il romanzo è in parte autobiografico). La sua freddezza può essere disturbante per alcuni spettatori, data la spietatezza con cui Haneke descrive la follia di questa donna e la sua discesa nel baratro dell'abisso patologico. E' la rappresentazione dell'annientamento psicofisico di una persona, non dovuto a fatti esterni ma autoindotto; come sempre nei film del regista austriaco, non c'è la minima possibilità di salvezza.

Voto: 3,5/5

-Funny Games (2007)
di Michael Haneke - Gran Bretagna/USA/Francia/Austria/Germania/Italia 2007 - thriller - 111 min.

Remake del Funny games originale, diretto dallo stesso regista risalente al 1997. Haneke ha rigirato la sua pellicola in modo identico, inquadratura per inquadratura, battuta per battuta. Questa versione è però stata girata in America (l'originale era stato filmato in Austria, paese natale del regista), ed il cast è ovviamente rinnovato. Ora, vi aspetterete che vi esponga la trama; lo farò per dovere di cronaca, anche se ho la sensazione che vi lascerà insoddisfatti: una famiglia (padre,madre,figlio,cane) giunge dalla città nella casa di villeggiatura sul lago. I coniugi si mettono daccordo con i vicini per una partita di golf il giorno seguente; intanto notano due ragazzi sconosciuti parlare, appunto, con i loro vicini. Arrivano a casa, si sistemano. Lei (La splendida e brava Naomi Watts) rimane in cucina per preparare la cena, lui (l'ottimo Tim Roth de Le iene, un'altra giovinezza, la leggenda del pianista sull'oceano) va col figlio sul molo a preparare la barca a vela. Uno dei due ragazzi visti poco prima bussa alla porta di casa. Lei gli apre la porta. Il ragazzo chiede gentilmente se ha delle uova da prestargli per la cena. Lei gliele dà. Il ragazzo sta per uscire ma gli cadono le uova dalle mani. Ne chiede altre. Lei, spazientita, acconsente. Mentre attende, il ragazzo si appoggia al lavandino della cucina, dove fa cadere il cellulare della donna. Lei, indispettita, gli consegna le uova e gli intima di andarsene. il ragazzo esegue. Tutto sembra finito. Poco dopo il ragazzo, in compagnia dell'altro che la famiglia aveva visto assieme ai vicini poco prima, bussano nuovamente. Il ragazzo delle uova si scusa, ma il cane lo ha spaventato, gli è saltato addosso e...non è che può darmi altre uova?
Eh, no, ora basta. Lei intima loro di uscire. Loro si guardano e guardano lei, mortificati. Le chiedono scusa, lei è irremovibile. Intanto torna il marito. Parla coi ragazzi e gli intima di uscire. Prima con le buone. Poi, dopo un commento arrogante di uno dei due, con le cattive. Non avrebbe mai dovuto farlo....

E' l'inizio della fine: quasi due ore di sadici giochi, giochi "divertenti" e perversi che i due ragazzi/sequestratori si divertono ad attuare nei confronti della famigliola, lasciandola senza alcuna via di scampo. La prima domanda che sorge spontanea è: "sarebbe successo ugualmente se lei avesse consegnato altre uova al ragazzo?"; ma la domanda è sbagliata: qui non è questione di "cosa sarebbe successo se...", qui la questione è "le cose vanno così perchè vanno così, perchè il regista ha voluto che andassero così e non le ha fatte andare come vuole lo spettatore."; qui non c'è lieto fine, non c'è il movente. E "allora perchè non ci uccidete e basta?" "dimentica l'importanza dello spettacolo!", è la risposta. E lo spettatore inizia ad interrogarsi: "che razza di film è mai questo? è un thriller, ma girato con lunghi piani sequenza e pacata linearità; è un film violento, certo, ma la violenza non si vede mai! é un film provocatorio, ma cosa provoca?"
disgustorifiutosconvolgimentoansiasbigottimento. Ma rifiuto soprattutto. Sono andato a vederlo con un mio amico che ne è uscito scioccato: "ma che merda! cosa vuole dire? non capisco! non ha senso!"
E' questo il bello: lo spettatore si domanda perchè il film non è finito bene? perchè non c'è nemmeno uno spiraglio di speranza? insomma, perchè le cose non sono andate come avrebbe voluto lui? Dopotutto, in ogni thriller che si rispetti prima o poi l'incubo finisce, si scoprono le ragioni del killer, c'è persino qualche momento di ironia, e bene o male ci si diverte chiedendosi cosa accadrà? come si salveranno? perchè sicuramente qualcuno si salverà...

Niente di tutto questo: Funny games è programmato, e lo spettatore sa già come deve finire dopo poco più di mezz'ora di film. Glielo anticipano i killer stessi! Dopo aver preso in ostaggio la famiglia, i killer fanno con loro una scommessa: "noi scommettiamo che per le Nove di domani mattina sarete tutti...caput!"
Inutile opporsi a questa triste verità: è così che finirà e non ci si può fare nulla. Ma visto che gli ostaggi si rifiutano di collaborare con gli aguzzini, essi si rivolgono allo spettatore: più volte nel corso del film, il ragazzo biondo interpretato da Michael Pitt guarda fisso in camera, dritto negli occhi dello spettatore, per coinvolgerlo o comunicare con lui. Per attrarre la sua morbosa attenzione. Per scuoterlo e farlo rabbrividire! inchiodarlo con lo sguardo alla sua sedia! costringerlo ad ammettere l'amara verità...che ci sta provando gusto. Che ci ha sempre provato gusto. Ogni volta che Ha visto un thriller, un horror, un film di guerra o di azione violenta, ogni volta che ha visto persone uccidersi sullo schermo lo spettatore ci ha provato più o meno gusto. Ma ormai è tardi per alzarsi dalla sedia e scappare: stavolta é LO SPETTATORE STESSO AD ESSERE STATO PRESO IN OSTAGGIO DAL FILM! ora sarà lui a subire le sevizie che tante volte ha visto sullo schermo. Ma tali sevizie sono molto particolari e differenti:
-LA DELUSIONE: lo spettatore rimane deluso perchè questo non è il film che si aspettava, non va come dice lui e lo lascia spiazzato. Voleva un pò di violenza sullo schermo e non la vede (però la immagina). voleva un lieto fine e non c'è.
-L'ANSIA: la pellicola è angosciosa, stressante, deprimente. Non lascia vie di fuga: i ragazzi esercitano pressione psicologica sulle vittime , e di conseguenza sullo spettatore (perchè con Funny games il film è carnefice e lo spettatore vittima)
-LO SBIGOTTIMENTO: questo è dovuto, come già detto, alle ripetute rotture della finzione scenica, con battute rivolte al pubblico stesso, nonchè la ormai già celebre scena "del telecomando", che non posso descrivere perchè bisogna vederla e non voglio togliere la sorpresa.

-DELUSIONE+ANSIA+SBIGOTTIMENTO= RIFIUTO. categorico rifiuto del film una volta usciti dalla sala. Forse non ci si accorge che è proprio quello l'obbiettivo di Haneke. Che Haneke aveva già previsto tutto dall'inizio: i vostri sentimenti sereni nel vedere la bella famiglia all'inizio, il vostro spaesamento nella sequenza delle uova, il vostro dolore per la morte del bambino e/o del cane (o è la rabbia di non aver visto la scena?) eccetera...tutto previsto nel dettaglio. Come il vostro rifiuto finale: quale altro giudizio esprimere su un film che vi lega alla sedia, vi stritola per bene e vi scaraventa fuori dalla sala ancora frastornati?
ma poi tornate a casa, ci ripensate, ed ecco che...Dio mio, tutto era calcolato, per filo e per segno, tutto calibrato, studiato nel dettaglio...e cercate allora di trovare un senso nel film, perchè un senso deve esserci: una denuncia dell'eccessiva violenza che i mezzi di informazione ci propinano in tutte le salse 24 ore al giorno? il sottile confine tra realtà e finzione? temi che sicuramente ci sono. Ma forse dimenticate l'elemento più importante: voi stessi. Lo scopo del film è scioccare lo spettatore: per quale motivo? farlo inorridire senza scene di violenza, farlo angosciare senza elementi orrorifici, far sì che rifiuti il film...
ma una cosa non è chiara. perchè lo spettatore rifiuta questo film? Molte volte ha visto film che non gli sono piaciuti, ma mai come stavolta vorrebbe non averlo visto. Perchè?

perchè non può ammettere che gli sarebbe piaciuto vedere di più: voleva vedere il sangue, voleva vedere la violenza in primo piano, bene in vista, voleva vedere i cattivi morire di una morte atroce e goderne. E invece no, è stato colto sul fatto e castigato per questo.
Funny games obbliga lo spettatore a riconoscere la propria anima morbosa e vouyeristica e lo punisce. Anzi fa sì che ci si punisca da soli. perchè dopo il rifiuto del film, dopo averci ripensato sopra, si scopre l'amara verità e si odia se stessi.

Ma calma, era solo un film! E' tutto finito! Lode ad Haneke che ha saputo scavare così profondamente nella psiche umana da indurci ad un'autoanalisi! Pochi sono i film che inducono ad un esame di coscienza, Funny games è uno di questi. Siamo sommersi ogni giorno dalla violenza, così tanto che non ci fa nessuna impressione. Allora perchè non scioccare il pubblico senza mostrargliela? A pensarci bene Haneke è geniale: fa inorridire la platea senza mostrare praticamente nulla! merito anche di una recitazione sublime, di dialoghi di stampo quotidiano, di una fotografia pulita e nitida, della quasi totale assenza di colonna sonora e di una trama ridotta all'osso.

Funny games è un film strano che a molti non piacerà. Molti continueranno a rifiutarlo per tutta la vita, ma io dico loro: provate a rifletterci su, vi troverete molti aspetti interessanti e vi renderete conto di aver visto un film ben fatto e che induce a pensare.

Voto: 3,5/5

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