venerdì 1 luglio 2011

Tim Burton

Vincent (corto) (1982)
Frankenweenie (corto) (1984)
Pee-wee's Big Adventure (1985) - 2,5/5
Beetlejuice - Spiritello porcello (1988) - 3/5
Batman (1989) - 3,5/5
Edward mani di forbice (1990) - 4/5
Batman - Il ritorno (1992) - 3/5
Ed Wood (1994) - 3,5/5
Mars Attacks! (1996) - 2,5/5
Il mistero di Sleepy Hollow (1999) - 3,5/5
Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie (2001) - 2/5
Big Fish - Le storie di una vita incredibile (2003) - 3,5/5
La fabbrica di cioccolato (2005) - 2,5/5
La sposa cadavere (2005) - 3/5
Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007) - 2/5
Alice in Wonderland (2010) - 1,5/5
Dark Shadows (2012) - 3/5
Frankenweenie (2012) - 2,5/5

Burton (1958) è una delle menti più creative e fantasiose mai uscite dal mercato cinematografico americano. Iniziando come disegnatore per la Disney, attività presto abbandonata, si dedica alla produzione di alcuni corti. Dopo il discreto successo del suo secondo lungometraggio, "Beetlejuice", ottiene la direzione della mega-produzione "Batman", che è probabilmente il miglior film attualmente realizzato sul personaggio di Bob Kane. In seguito a questo successo di pubblico e critica, inizia a collaborare con Johnny Depp, lanciandolo con il fiabesco "Edward mani di forbice".
regista talentuoso e visionario, Tim Burton è stato capace nel corso degli anni di mettere d'accordo pubblico e critica realizzando pellicole spiritose e commoventi, impegnate e non, specializzandosi in realtà fiabesche e scenografie accattivanti e soprattutto conferendo alle sue pellicole una personalità unica, tant'è che è facile guardando un suo film che non si è mai visto riconoscere subito che:"questo è Tim Burton!" o usare il suo cinema come metro di paragone: "questo è un personaggio un pò burtoniano, questa sembra una situazione da Tim Burton, questa musica mi ricorda quelle di Burton (il cui compositore di fiducia è Danny Elfman)". Peccato per l'andazzo degli ultimi anni, in netta discesa e calo d'ispirazione.

-Pee Wee's Big Adventure
USA 1985 - comico - 90min.

Lo strampalato Pee Wee perde la sua amatissima bicicletta superaccessoriata. Interrogando una fattucchiera, scopre che il mezzo è stato portato ad Alamo (Messico); inizia quindi la sua avventura, all'insegna degli incontri più strani e delle situazioni più assurde, per ritrovarla.

Pee Wee Herman è un personaggio della tv americana degli anni '80-90, inventato ed impersonato da Paul Reubens, attore comico che lo aveva creato già nel 1977, per poi renderlo famoso col The Pee Wee Herman Show, spettacolo trasmesso per anni dalla Hbo a partire dal 1981. In seguito ad uno scandalo sessuale del 1991 che ne ha frenato la carriera per anni, l'attore non ha più ripreso il personaggio per anni, per poi rispolverarlo in tempi recentissimi in un nuovo show per la tv americana.

Nel 1984 Tim Burton troncò i suoi rapporti con la Disney, presso cui lavorava come disegnatore, a causa del divieto ai minori di quattordici anni imposto dall'azienda per il cortometraggio Frankenweenie, realizzato dal regista in quello stesso anno. Fortuna volle che a Paul Reubens capitò di visionare il corto, e che gli piacque tanto da proporre Burton come regista della trasposizione cinematografica di Pee Wee.
L'anno seguente, attingendo a piene mani dallo slapstick (genere comico ipercinetico tipico del cinema americano degli anni '10) di Mack Sennett e contando sulla performance di Reubens, tutta tic e risatine isteriche, il regista californiano realizzò quindi il suo primo lungometraggio, Pee Wee's Big Adventure.

le coloratissime scenografie fanno già presagire un futuro onirico e surreale del regista che, pur a servizio dell'attore, dirige con personalità una pellicola divertente e senza pretese, costruito sostanzialmente come un insieme di gag fisico-verbali dell'esuberante protagonista. La regia di Burton comunque dimostra competenza nei tempi comici e nel dosaggio del ritmo, ed inoltre mostra già in nuce sprazzi di idee che saranno sviluppate seguito: la sequenza iniziale della "colazione automatizzata", ad esempio, rimanda a quella analoga presente nel successivo Edward mani di forbice.
La farsa scombiccherata protratta senza alcuna logica potrà forse infastidire, ma i momenti spassosi non mancano, in particolare il finale ambientato nei veri studi della Warner, in cui inconsapevolmente Pee Wee si intrufola causando i danni più svariati.
Altro elemento da sottolineare per capire l'importanza che questo film avrà per la carriera futura di Burton è il sodalizio artistico che lo lega fin da questa pellicola con Danny Elfman, all'epoca membro del gruppo jazz-rock Oingo-Boingo, presenza che si rivelerà vitale per molte future produzioni del regista.
In definitiva il film non vale più di qualche risata, ma è ben confezionato e gradevole se si è nello spirito.

Voto: 2,5/5

-Beetlejuice - spiritello porcello
USA 1988 - fantastico - 92 min.

Peripezie di Adam (Alec Baldwin) e Barbara (Geena Davis), coppia di "novelli deceduti" che, anche da fantasmi, non intendono tollerare che la loro casa venga abitata da una insopportabile famiglia altoborghese in cui solo la figlia Lydia (una giovanissima Winona Rider), goth-girl in costante stato di depressione, sembra avere un pò di sale in zucca; l'unica possibilità per cacciare gli odiosi aristocratici è forse quella di affidarsi ad un losco spiritello, Betelgeuse (Michael Keaton) che assicura loro di avere la soluzione a portata di mano.

Dopo il successo del primo lungometraggio Pee Wee's Big Adventure di quattro anni prima, Tim Burton aveva visionato vari soggetti e scritti a sua volta, ma senza risultati soddisfacenti, finchè non visionò quello di Beetlejuice, scritto da Michael McDowell (1959-1999), noto scrittore e sceneggiatore americano di stampo horror (collaborò ancora con Burton alla stesura della storia di The Nightmare Before Christmas).
Il regista accolse con entusiasmo il copione, soprattutto dato il fatto che il progetto di Batman, cui stava già lavorando, era fermo per mancanza di mezzi.

Spassosa commedia nera che prende in giro la borghesia americana, Beetlejuice garantisce il divertimento attraverso le trovate burlone della coppia di fantasmi ai danni dei fastidiosi intrusi (memorabile la scena della possessione, che induce gli abitanti della casa a ballare la Day-O) e dalla volontà di non prendersi per nulla sul serio. Visivamente il film è notevole per il numero di effetti speciali (i vermoni giganti di Saturno ad esempio, che hanno qualche affinità con quelli di Dune di David Lynch, di quattro anni prima), le mortifere ed al tempo stesso coloratissime scenografie del mondo dei morti contrapposte al serioso grigiore del mondo dei vivi, contrapposizione che sarà ripresa diciassette anni dopo ne La sposa cadavere) i costumi ed il trucco (premiato con l'Oscar) spesso esilaranti dei non-morti, lo spassoso trattamento di un tema macabro con un umorismo surreale e grottesco.

Il cast è indubbiamente uno dei punti forti del film: accanto all'ottimo Michael Keaton, inizialmente riottoso a partecipare alle riprese in quanto fortemente dubbioso riguardo l'esito commerciale del film, è da ricordare la presenza di Winona Rider, probabilmente una delle scelte più azzeccate di sempre di Burton per quanto riguarda il casting; Lydia, a metà fra una emo dei nostri giorni e Mercoledì della famiglia Addams, è una forte presenza scenica oltre che un ottimo personaggio “malincomico”. Divertente è anche Alec Baldwin, forse per la prima volta alle prese con un personaggio non drammatico, rivelando le sue doti di attore da commedia.
Forse l'apparato tecnico pesa un po' troppo sul risultato finale, lasciando gioco facile alla regia non particolarmente inventiva, ed alla sceneggiatura, che a fronte di un'ottima idea di base non ha sviluppi particolarmente brillanti.

In conclusione Beetlejuice risulta un ottimo film per svagarsi, ancor di più se visto con amici. Non è affatto detto che piaccia solo ai bambini: risulterà piacevole a chiunque abbia voglia di viaggiare con l'immaginazione.

Voto: 3/5

-Batman
di Tim Burton - USA 1989 - fantastico - 126 min.

A Gotham City (immaginaria ed oscura megalopoli americana), vive la famiglia Wayne, che deve la sua fortuna al padre di famiglia Thomas, un ricco industriale e benefattore. Una sera padre, madre e figlio incappano in un rapinatore, che inizia una colluttazione con Thomas Wayne, la quale finisce in tragedia: i genitori rimangono uccisi, ed il giovane Bruce viene affidato alle cure del maggiordomo di famiglia, Alfred, vivendo così la fanciullezza in solitudine. L'assassino non sarà mai catturato, e l'inestinguibile desiderio di vendetta di Bruce lo porta a prendere un impegno: non permetterà che nella sua città qualcuno debba soffrire come ha sofferto lui a causa del crimine. Così, sfruttando appieno il patrimonio finanziario paterno si fabbrica costume, attrezzature di ogni tipo e mezzi di trasporto iper-tecnologici. Nasce così il mito di Batman. Ma a Gotham City viene ben presto a crearsi una minaccia imprevista, Joker, criminale reso folle e sfigurato proprio dall'eroe stesso, in una delle sue prime azioni eroiche.
Lo scontro sarà inevitabile.

Batman ha avuto una travagliatissima genesi: i diritti sul personaggio furono acquistati già nel 1979 dal produttore Benjamin Melniker e dall'ex-fumettista Michael E. Uslan, ed in seguito venduti alla Warner Bros nel 1981.
Il copione scritto da Tom Mankiewicz nel 1983 fu rimaneggiato diverse volte negli anni seguenti. Tim Burton venne contattato per il ruolo di regista già nel 1985, dopo il successo del suo primo lungometraggio, Pee Wee's Big Adventure, e venne in seguito confermato grazie agli ottimi incassi di Beetlejuice.

Il film presenta presenta un cast notevole: Michael Keaton fu scelto dal regista per la parte del Cavaliere Oscuro, sebbene la produzione fosse molto dubbiosa in proposito, dato che propendeva per un abitué di film d'azione; anche molti fan del fumetto furono scontenti della scelta, in quanto Keaton era famoso per i suoi ruoli comici, e gli aficionados del personaggio temevano un'ennesima ridicolizzazione dell'Uomo Pipistrello come nella serie omonima con Adam West. Per il ruolo di Joker, invece, la scelta fu più semplice, dato che sia Uslan sia lo stesso Bob Kane (creatore di Batman) propendevano già da tempo per Jack Nicholson (furono comunque prese in considerazione altre possibilità, fra cui Willem Dafoe e David Bowie!). Kim Basinger venne invece scritturata per il ruolo della giornalista Viky Vale, che si innamorerà prima dell'alter-ego di Batman, Bruce Wayne, ed in seguito dell'eroe stesso, non sapendo che l'identità dell'uno coincide con quella dell'altro.

Altro punto di forza è l'evocativa colonna sonora di Danny Elfman (che per gli arrangiamenti collaborò con gli altri membri della sua band, gli Oingo Boingo), sicuramente una delle vette della sua carriera, che verrà utilizzata anche per la successiva serie a cartoni animati degli anni '90. Il tema musicale di Joker fu invece scritto da Prince.

L'apparato scenografico messo in piedi da Anton Furst, con evidenti richiami all'espressionismo tedesco e a Metropolis di Fritz Lang, è fra i migliori dei film del regista (che aveva pensato a Furst già per Beetlejuice, ma non aveva potuto ottenerlo poiché quest'ultimo era già impegnato con un altro film): le atmosfere lugubre della città depravata ma sempre un pò surreali da comic fantascientifico contribuiscono alla resa finale del film, che porta lo spettatore ad intraprendere un viaggio cupo ma salvifico, attraverso le radici della psiche e delle scelte che cambiano la nostra vita una volta per sempre. Batman è il simbolo della volontà di un uomo di ottenere giustizia non solo per sè, ma per l'intera umanità, la volontà cioè di cambiare le cose, di ribellarsi ad una rassegnata accettazione di ciò che accade, della consapevolezza di poter fare qualcosa di concreto per dare un senso alla nostra vita. Per questo è ciò che l'eroe rappresenta per la gente a rendere tanto imponente la sua figura; o come dice l'Uomo Pipistrello stesso nel penultimo film a lui dedicato, Batman Begins (2005) :"non è tanto chi sono, quanto quello che faccio, che mi qualifica."


Grande macchina di intrattenimento, record di incassi al botteghino, eppure Batman riesce ad essere un film molto personale, in cui Burton riesce a sviluppare le sue consuete tematiche senza snaturare un personaggio con cui ha un'indubbia affinità.
Il regista riprenderà il personaggio nel seguito Batman – Il ritorno, e figurerà anche come produttore esecutivo del terzo film della serie, Batman Forever.


Voto: 3,5/5


Edward mani di forbice
(Edward scissorhands) - USA 1990 - fantastico - 100 min.


A mio parere questo è il capolavoro di Burton e il film principale per cui sarà ricordato. Lo spasso si combina con la pietà per il protagonista e la vergogna nei confronti dei "normali", che come il caro vecchio Tod Browning insegna (Freaks, 1932), spesso sono molto più incivili e barbari degli "anormali". Un vecchio scienziato che abita in un castello in cima ad una collina che sovrasta un piccolo paesino americano, è un geniale inventore (Vincent Price nella sua ultima interpretazione). Un giorno ha la folgorante idea di costruire un automa che impari a comportarsi come un essere umano. Riesce ad infondere in lui le emozioni umane, ma muore prima di riuscire a portarlo a termine. Edward, questo il suo nome, rimane così incompiuto, con lame taglienti al posto delle mani. Passano gli anni, ed ecco che una signora di mezza età, rappresentante di una ditta di cosmetici e residente nel paese sottostante, si avventura nel castello alla ricerca di un acquirente e trova Edward, che non aveva mai visto altre persone oltre al suo inventore. sarà per Edward l'occasione di scoprire quanto ci sia di bello e buono, ma soprattutto, suo malgrado, di cattivo e abominevole, nel genere umano.
Raccontato come una fiaba, è sia un atto di accusa scagliato dal regista contro l'ipocrisia delle persone, la cattiva informazione della stampa e della tv, in particolar modo di quella americana (anche se si può allargare il discorso in senso generale), sia una commovente storia d'amore. le musiche di Elfman e le stupende scenografie fanno il resto. Le numerose situazioni comiche che si vengono a creare nel corso della vicenda fanno sorridere, le angherie subite da Edward arrabbiare, il finale piangere.
Da vedere assolutamente.


Voto: 4/5


(Batman Returns) - USA 1992 - fantastico - 126 min.

Il Cavaliere Oscuro stavolta deve confrontarsi con il Pinguino (Danny de Vito), rampollo deforme di una famiglia aristocratica che l'ha abbandonato al suo destino a causa del suo orribile aspetto, l'imprenditore senza scrupoli Max Shreck (Christopher Walken) coinvolto in affari poco puliti per la costruzione di una centrale elettrica, e Catwoman (Michelle Pfeiffer), segretaria scomoda di Schreck che quest'ultimo ha tentato di eliminare e che ora è diventata una spietata e sexy dark lady.

Il successo del primo Batman spinse la Warner alla creazione ovvia di un sequel, per il quale Burton fu subito ricontattato. Il regista intanto aveva girato uno dei suoi migliori film di sempre, Edward mani di forbice, il primo nato da un soggetto ed una scrittura totalmente suoi, avendo dato prova di talento artistico nonché di occhio nella scelta degli attori, instaurando la sua lunga collaborazione con Johnny Depp. Memore dell'ingerenza dello Studio nelle scelte di realizzazione del primo film, Burton accettò di dirigerne il seguito solo a condizione che gli fosse garantita la massima autorità decisionale.

Ne risulta un film con diverse differenze rispetto all'originale: un po' meno cupo (anche se alcuni sostengono l'esatto contrario!), con più personaggi principali tutti egualmente ben caratterizzati e ben interpretati, e soprattutto una grande sceneggiatura di Daniel Waters, in perenne oscillazione tra il thriller più cupo e la black comedy, condito da spettacolari scene d'azione. La regia ha ritmo e la fotografia si esalta a giocare con luci ed ombre, coadiuvata dalle imponenti scenografie di Bo Welch, collaboratore di Burton già in Edward e Beetlejuice (inizialmente fu richiamato Anton Furst, scenografo del primo Batman, che però rifiutò e si suicidò a tre mesi dall'inizio delle riprese).
L'atmosfera natalizia del film lo rende meno tetro del film precedente, sebbene le ombre non manchino: il covo di Pinguino nelle fogne, il cimitero di Gotham (topos ripreso spesso dal regista) metaforizzano tematiche come il tormento interiore dei personaggi, la mancanza di legami col proprio passato (sia Batman che Pinguino sono privati dell'infanzia e dei genitori), andando a creare diversi livelli di lettura che fa apprezzare il film anche ad un pubblico non avvezzo al genere supereroistico.

Batman – Il ritorno non raggiunge il livello del capostipite: è meno gotico, non c'è più l'effetto novità del personaggio di Batman che viene quindi un po' sacrificato in favore di un numero maggiore di villains; in compenso è più libero, più giocherellone, più burtoniano, meno schematico ed anche più adatto ad un pubblico di bambini perchè meno lugubre.
Un film che ben concilia la personalità autoriale con le esigenze di mercato.

Voto: 3/5

USA 1994 - biografico - 124 min.

Biografia di Edward D. Wood Jr. (1924-1978, considerato da molti il peggior cineasta di tutti i tempi, regista di Plan 9 from outer space, considerato da molti il peggior film della storia del cinema, eterosessuale che ama travestirsi da donna, senza un soldo ma pieno di ambizioni; interpretato da Johnny Depp) durante gli anni '50 a Hollywood, mentre tenta di farsi un nome realizzando B-movies con la partecipazione di Bela Lugosi (Martin Landau), vecchia star dell'horror ormai sul viale del tramonto, ed altri improbabili colleghi di lavoro.

Nel 1994 Tim Burton è un regista affermato, ha già diretto il suo miglior film (Edward mani di forbice) e riscosso enorme successo al botteghino con il dittico su Batman. I primi anni Novanta lo vedono impegnato principalmente come produttore di serie tv (Family Dog, 1993) e film (The Nightmare Before Christmas, 1993; Crociera fuori programma, 1994), finchè gli capita tra le mani la sceneggiatura di questo film, scritta da Scott Alexander e Larry Karaszewski. Appassionatosi alla figura di Ed Wood, Burton decide di dirigere il film, liberamente adattato dalla biografia di Wood intitolata Nightmare of Ecstasy, scritta da Rudolph Grey.

I film di Wood (horror, sci-fi e softcore) sono stati in parte rivalutati negli anni, guadagnandosi schiere di ammiratori. Dopo aver visto questa biopic viene davvero voglia di vederli. Un regista/attore così sgangherato probabilmente non si vedrà mai più nella storia e Tim Burton ce ne regala una sua simpatica visione, filmando in B/N in conformità al periodo storico in cui il cinema era ancora privo di colore.
Da segnalare che si tratta della prima collaborazione fra il regista ed un compositore diverso da Danny Elfman, cui è stato preferito Howard Shore, abile nel tratteggiare con una colonna sonora riecheggiante quella dei film hollywoodiani di quegli anni, un'atmosfera vagamente surreale intonata con questa vicenda che in effetti ha dell'incredibile.

Molto bene il cast, con una folta schiera di comprimari a spalleggiare i due protagonisti: Johnny Depp, alla sua seconda collaborazione con il regista, si conferma duttile attore, in grado di conferire al personaggio un atteggiamento surreale che non eccede mai nell'inverosimile; la parte del leone spetta però Martin Landau (Oscar per migliore attore non protagonista) che impersona il grande divo dell'orrore Bela Lugosi a fine carriera, povero e drogato, un personaggio malinconico e misero ma buono e gentile, cui ci si affeziona. Il rapporto di stima reciproca e di forte empatia che si viene a creare tra i due nel corso del film, amicizia sincera e leale in un mondo dove a dettare legge sono le regole di mercato, e in cui Hollywood assomiglia molto ad una prigione dorata più che ad un mondo dove tutto è possibile, è il fulcro del film, e proprio in questo riconosciamo la poetica burtoniana che in apparenza può sembrare offuscata nella cornice del biografismo. La pellicola è invece notevole proprio per questo motivo: è la dimostrazione di come la personalità di un autore si riconosca qualunque cosa faccia, e farebbe piacere se fungesse da motivazione per Burton ad una svolta di genere, dopo i risultati altalenanti degli ultimi anni.

Voto: 3,5/5

Mars Attacks!
USA 1996 - fantascienza/comico - 103 min.


Assurda e sconclusionata parodia dei film di fantascienza, sembra propro un film di Ed Wood riproposto ai giorni nostri. Tantissimi personaggi, gag a non finire e coloratissimi effetti speciali sono i componenti di questo cocktail di divertimento e follia allo stato puro. Grande spasso, ma non certo uno dei migliori film di Burton. Valido se volete divertirvi.


Voto: 2,5/5


Il mistero di Sleepy Hollow
(Sleepy Hollow) - USA 1999 - fantastico (horror) - 105 min.


Favola cupa, con elementi horror e paesaggi fiabeschi, ha un atmosfera che ricorda Frankenstein di Mary Shelley (il libro), nonchè the Village di M.N.Shyamalan. Ancora una volta Depp è il protagonista di questo racconto dark, seppur divertente, ambientato alla fine dell'Ottocento nel nebbioso paesino di Sleepy Hollow, che sembra afflitto dalla maledizione di un misterioso cavaliere senza testa che scorrazza di notte in cerca di vittime. L'investigatore-scienziato Ichabod Crane arriva da Londra per risolvere il mistero...Colpi di scena e atmosfera sono gli elementi vincenti della pellicola, che consta anche di notevoli scene di azione. Bambini molto piccoli potrebbero forse impressionarsi vedendo alcune scene. Da vedere rigorosamente di sera al buio, preferibilmente in non più di due-tre persone...


Voto: 3,5/5



USA 2001 - fantascienza - 119 min.

2029. Poco lontano da una stazione spaziale si sta scatenando una tempesta elettromagnetica. Un pod contenente un primate addestrato viene inviato nei pressi della turbolenza per raccogliere informazioni a riguardo, ma scompare dai radar. Leo Davidson (Mark Wahlberg) si lancia al suo recupero con un'altra navicella, ma è ballottato dalla tempesta fino a precipitare su un pianeta sconosciuto, in cui ben presto scopre che le scimmie hanno il dominio assoluto e gli umani sono braccati come bestie e rivenduti come schiavi o animali da compagnia. Fuggito con un gruppo di prigionieri e due primati contrari al maltrattamento degli umani, Davidson si incammina verso il segnale radio che presuppone provenire da una squadra di soccorso alla sua ricerca.

Nel 1963 lo scrittore Pierre Boulle diede alle stampe il suo tredicesimo romanzo, Il pianeta delle scimmie. Cinque anni dopo fu realizzato l'adattamento cinematografico omonimo, diretto da Franklin J. Schaffner, che diede vita ad altri quattro film, ad una serie tv e ad una di cartoni animati.
L'idea per un remake più recente risale addirittura al 1988, con un progetto che fu poi abbandonato in fase di pre-produzione. Nel 1999 il progetto ripartì con la stesura della sceneggiatura da parte di William Broyles Jr. e Tim Burton fu contattato dalla 20th Century Fox per dirigerlo.

Il regista ha tentato di fare un film di SF dai toni cupi, con elementi action e finale apocalittico, ma la resa generale lascia molto a desiderare. Vari fattori negativi contribuiscono al risultato finale: in primo luogo la storia cigola, risulta frettolosa e mancante di approfondimento riguardo la storia del pianeta e dei singoli personaggi, tratteggiati con brevi linee di dialogo che li rendono stereotipati e antipatici, quando non inutili. Il protagonista Leo Davidson è insipido, per colpa della scrittura e non di Wahlberg, che fa né più né meno ciò che il suo ruolo di eroe comporta. I personaggi carismatici cui Burton ci ha abituato nelle sue pellicole precedenti sono del tutto assenti, fatta forse eccezione per il villain di turno, il generale Thade (uno scimmiesco Tim Roth feroce e spietato). Altri invece sono pessimi e ridicoli, come l'imbambolata stangona bionda interpretata da Estella Warren.
Il plot inoltre non si discosta mai dai binari sicuri della quest medievale, con il manipolo di eroi alla ricerca del manufatto risolutore, ostacolati da nemici ed impedimenti vari. Solo nella scena finale si riesce ad imbastire un colpo di scena di buon impatto, divertente ed inquietante al tempo stesso.

Le scene d'azione sono al di sotto della media delle pellicole odierne per intensità e coinvolgimento, colpa probabilmente imputabile a Burton, poco avvezzo a gestire scene di massa e/o di combattimento; i momenti più riusciti sono altri, come il prologo nella stazione spaziale, la cena nella casa dei primati, il dialogo fra Thade ed il padre morente.
Ma il difetto più notevole è il fatto che il film non riesca a compensare le carenze di cui è affetto con un po' di autoironia, di momenti divertenti, di dialoghi stimolanti, ed è in queste carenze che Burton, abituè del surreale onirico, della giocosità fantasiosa e della scoppiettante inventiva, lascia perplessi e delusi i suoi ammiratori.
Il regista ha fatto più che bene ad uscire dai suoi canoni abituali (cui, dopo le stroncature critiche su questo film, si è prontamente rifugiato per non uscirne più, con un conseguente calo di performance negli ultimi anni), ma l'amalgama fra sceneggiatura e regia non ha funzionato.
Sarebbe comunque ingiusto non citare positivamente scenografie e costumi: le prime ispirate e convincenti nel delineare il paesaggio di un mondo alieno ma comunque abitabile, i secondi notevoli soprattutto per quanto riguarda i volti dei primati, in grado di mimare i muscoli facciali di un vero volto e quindi di comunicare emozione. Buono anche il commento musicale di Danny Elfman, mix riuscito di suggestioni fantascientifiche e tambureggianti motivi tribali.

Nonostante aspetti tecnici positivi, Il pianeta delle scimmie risulta essere uno dei punti deboli della carriera cinematografica di Tim Burton.


Voto: 2/5



Big Fish - le storie di una vita incredibile
USA 2003 - fantastico (commedia) - 125 min.


Dopo la caduta precedente, il regista si rifà con un ottimo film, più nei suoi canoni anche se distante dalle sue classiche realizzazioni. Meno fantasmagorico, ma non per questo meno divertente o affascinante, il film mischia finzione e realtà in una combinazione che risulta vincente, avvincente e spassosa. Il vecchio Ed (ma si chiamano tutti così i personaggi di Burton???) sta ormai per morire. Suo figlio ha la sensazione di non averlo mai conosciuto davvero, per via di tutti gli aneddoti, chiaramente impossibili, che il padre racconta a proposito della sua vita. Decide allora, saputa la notizia dalla madre, di andare a trovarlo per capire una volta per tutte chi sia suo padre. scoprirà di sapere più di quanto pensi.
Ottimamente realizzato, strepitosamente interpretato in special modo da Ewan McGregor, Jessica Lange e Helena B. Carter, visivamente e cromaticamente spettacolare, è un film sui rapporti umani e sul labile confine tra realtà e immaginazione, razionalità e fantasia, che coinvolge ed è adatto a tutti. Sicuramente il miglior Burton del dopo Duemila.


Voto: 3,5/5



(Charlie and the chocolate factory) - USA 2005 - fantastico - 115 min.

Charlie Buckett (Freddie Highmore) è un ragazzino poverissimo che vive con i genitori ed i nonni in una stamberga fatiscente di una cittadina della provincia americana, nella cui skyline svetta l'immensa fabbrica di cioccolato del misterioso Willy Wonka (Johnny Depp), il cioccolataio più famoso del mondo, che non esce mai dal suo possedimento.
Con l'avvicinarsi delle feste, Wonka mette in palio dei cinque biglietti d'oro, nascosti in altrettante confezioni di cioccolato vendute in tutto il mondo, che permetteranno ai fortunati estratti di visitare l'interno della fabbrica e scoprire i segreti della fabbricazione del dolce. Il giovane Charlie sarà uno dei fortunati, assieme ad altri quattro ragazzini, due maschi e due femmine, tutti più o meno odiosi, che verranno accompagnati durante la visita da un loro parente (per quanto riguarda il protagonista sarà il nonno a fungere da accompagnatore).

Ancora una collaborazione con Johnny Depp.
Stavolta il soggetto è un adattamento del romanzo omonimo di Roald Dahl, dato alle stampe per la prima volta nel 1964, da cui era già stato tratto film Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato nel 1971, diretto da Mel Stuart, con Gene Wilder nel ruolo del cioccolataio.
Il romanzo “Il grande ascensore di cristallo” (1972), seguito del primo, non è invece stato preso in considerazione (se non per la presenza, nel film, del suddetto ascensore).

Famiglia: questo il tema principale della pellicola, assieme alla perdita degli affetti e alla tristezza della solitudine. E poi: come la solitudine produce insicurezza e timore verso gli altri. Così Burton e Depp tratteggiano Wonka, uno squinternato, enigmatico ed inquietante eremita con propositi tutt'altro che chiari, allucinato e sempre sopra le righe (troppo), con un penoso passato. L'avventura vissuta da Charlie all'interno della fabbrica, un mondo a sé popolato da Oompa Loompa (bizzarri nanerottoli tutti uguali, tutti impersonati da Deep Roy) e strutturato secondo le più impossibili architetture, è un percorso attraverso la personalità schizoide di Wonka, vero protagonista del film in quanto è l'unico che intraprende un percorso di cambiamento interiore. Charlie infatti rimane sempre uguale a sé stesso, già adulto e maturo da bambino, mentre il cioccolataio si trova ancora prigioniero di un'infanzia dalla quale non è mai uscito. Probabilmente è questo stravolgimento delle psicologie tipiche di adulto e bambino che farà la gioia dei piccoli spettatori.

Tutto ciò accompagnato da una fantasmagoria di luci, da un tripudio di colori, che fanno di questo film un giocattolone per tutte le età, anche se il risultato finale non riesce a coinvolgere come alcuni film precedenti di Tim Burton che, con meno effetti speciali ma più sostanza, sapeva essere più poetico e commovente grazie a storie e personaggi maggiormente azzeccati (penso a Edward mani di forbice o a Ed Wood).
Grande spazio alla frastornante colonna sonora di Danny Elfman, che oltre ai consueti temi gotico-fiabeschi può permettersi di spaziare anche in sonorità rock per le innumerevoli parentesi canore degli Oompa Loompa che, sebbene divertenti, spezzano un po' troppo il ritmo.
Non fra i migliori Burton per una sgradevole vocazione all'eccesso audiovisivo (avete presente quei videogiochi iper-colorati ed iper-rumorosi cui i bambini sono soliti giocare? Ecco!), compensata però da una sana dose di divertimento e da un'indubbia, fervidissima immaginazione.

Voto: 3/5

-La sposa cadavere
(Corpse Bride) - USA 2005 - animazione - 74min.


Victor van Dort deve sposarsi, controvoglia, con Victoria Everglot, rampolla di una nobile famiglia decaduta. Disperato, Victor si aggira nel bosco circostante la sua cittadina (una non specificata città mitteleuropea) risvegliando involontariamente la sposa cadavere, che lo trascina nel regno dei morti.


Ispirandosi ad una fiaba ebraica, Burton, più che mai a corto di idee ultimamente, ritenta il colpo di Nightmare Before Christmas usando la medesima tecnica di ripresa in stop motion. Il risultato, ancor più rifinito, pulito e fludio del precedente, è sicuramente e una gioia per gli occhi e, grazie al sempre valido Elfman, anche per le orecchie. I pregi del film si limitano ad una bella confezione, essendo questo film nullapiù che una riproposizione pedissequa della tecnica già esibita nel film precedente (peraltro diretto da Selick, che aveva ben altro ritmo e vivacità rispetto a Burton). i personaggi secondari non sono ben caratterizzati e risultano piatti; i due protagonisti sono invece azzeccati, forse perché rivitalizzati dal doppiaggio di Depp e di Bonham Carter. Favola gotica tipicamente burtoniana, che in questo genere si è già cimentato molte volte con concept e risultati più originali di questo, il film è indubitabilmente ben fatto, ma ripetitivo e in definitiva poco interessante. Piacerà soprattutto se non si è visto Nightmare Before Christmas, dato che rimangono film abbastanza unici per tecnica realizzativa.


Voto: 3/5


-Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street
di Tim Burton - USA/Gran Bretagna 2007 - musical - 116 min.


Burton si è lanciato in quello che è stato definito "musical horror": Sweeney Todd, il perfido barbiere di Fleet Street che, assetato di vendetta, comincia ad offrire a chiunque gli capiti a tiro "la migliore rasatura della loro vita".


La pellicola è al di sotto delle capacità del regista. L'aura magica di molti suoi film qui si fa sentire per la sua assenza, e a dir la verità, la colonna sonora, pur ottimamente eseguita (molto bravo Depp a cantare), non sembra particolarmente ispirata; le canzoni sono belle, ma tutte sugli stessi toni, risultando alla lunga assai monotone.
Mi pare che il regista rimanga indeciso se fare un musical vero e proprio o un film a metà col thriller, genere in cui non si è mai cimentato, e si vede. Se avete l'intento di provare qualche brivido, di certo non vi consiglio questo film (infatti la definizione di musical horror è davvero idiota: casomai musical gotico). Se siete fan di Johnny Depp, scordatevi il nevrotico Sparrow, il sensibile ed ingenuo Edward o qualche altro suo personaggio: qui la recitazione di Depp è generalmente sotto le righe, quasi da sembrare poco ispirata (anche se rende abbastanza bene la malinconia del personaggio). H.B.Carter, moglie di Burton e protagonista femminile, è probabilmente quella che se la cava meglio nel film, e il suo personaggio risulta quello scritto con più brio. Stranamente anche i personaggi di contorno, solitamente punti di forza del cinema burtoniano, non sembrano essere stati accuratamente studiati. Applausi vanno invece a scenografie e ambientazioni, ottime come in tutti i film di Burton, nonchè alla resa cromatica davvero ben curata.


I difetti menzionati rendono il film imperfetto per diversi aspetti (compreso il frettoloso finale e il troppo lento inizio). Dal genio di Tim Burton è lecito aspettarsi molto di più.


Voto: 2/5


-Alice in Wonderland
Di Tim Burton - USA 2010 - fantastico - 108min.


Ispirato ai due libri di Lewis Carroll, "Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie" (1865) e "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò" (1872): Nell'Inghilterra vittoriana, Alice, diciassettenne, viene accompagnata ad un ricevimento dalla madre, che ha in realtà già combinato il suo fidanzamento con un giovane rampollo della nobiltà. Al momento della richiesta di quest'ultimo Alice fugge nel bosco antistante la villa inseguendo un coniglio bianco nella sua tana sotto ad un albero, precipitandovi. Si ritrova così nel Sottomondo, popolato da animali fantastici e creature grottesche. Scopre di esservi già stata da bambina, pur non ricordandoselo, e di essere destinata a salvare Sottomondo dai perfidi piani di dominio della Regina Rossa.


Che il regista abbia perso lo smalto di un tempo era indiscutibile già da "Sweeney Todd", con questa pellicola non fa altro che confermarlo. Evitando (giustamente) di fare una copia del cartone animato con attori in carne ed ossa, il regista ha purtroppo dirottato il fiabesco racconto verso una dimensione epica degna delle Cronache di Narnia, con tanto di eserciti contrapposti e Alice con spada e armatura che affronta un drago malefico. La poesia della fiaba è insomma sacrificata in favore di un tripudio di effetti speciali supportati dal 3D aggiunto in post-produzione, del tutto inutile. La colonna sonora di Danny Elfman è funzionale ma non significativa. La recitazione è buona ma non eccelsa: ciò è in parte anche colpa di Burton, che dà troppo spazio al suo amato Johnny Depp nella parte del Cappellaio Matto, spesso sacrificando ingiustamente il ruolo da protagonista che Alice dovrebbe avere.


La sensazione è insomma che sia un film fatto solo per stupire i bambini con la sua fantasmagorica messinscena, ed in questo centra sicuramente l'obbiettivo. Per tutti gli altri la pellicola risulta invece noiosa, anche perchè si sa già dall'inizio come si svilupperà la vicenda, e se ci si aspetta un qualche colpo di scena si resterà delusi. Burton ha trasformato l'originalissimo racconto di Carroll in una classica e stereotipata fiaba fantasy (l'eroe cui è affidato un compito da portare a termine per riportare ordine nel caos, supportato da degli aiutanti, ostacolato da qualche antagonista la cui sconfitta può avvenire solo previa acquisizione dell'oggetto magico custodito da una belva, eccetera), raccontata senza brio e con una protagonista non particolarmente simpatica, realizzando forse il suo peggior film.
Deludente.


Voto. 1,5/5

-Dark Shadows
USA 2012 - fantastico - 113min.

Ispirato alla soap opera americana omonima (1966-71) creata da Dan Curtis, che ha generato peraltro vari film: La casa dei vampiri (House of Dark Shadows, 1970), La casa delle ombre maledette (Night of Dark Shadows, 1971), Dark Shadows 2004, per la tv) ed altre miniserie correlate.

Barnabas Collis (Johnny Depp) è un inglese ramopollo di una famiglia che si arricchita emigrando nel Maine dove ha fondato un'azienda ittica attorno a cui è sorto il villaggio di Collinsport. Innamorato della bella Victoria (Bella Heathcote) suscita la gelosia della malvagia e seducente strega Angelique (Eva Green), che lo tramuta in vampiro e lo rinchiude in una bara dopo aver provocato la morte della rivale. 196 anni dopo, nel 1972, Barnabas riesce a liberarsi dalla sua prigionia e torna alla magione famigliare con l'intenzione di riprendere gli affari di famiglia, attualmente amministrati da Elizabeth (Michelle Pfeiffer) e la sua grottesca famiglia. L'azieda Collins è sull'orlo della bancarotta a causa della rivale AngelBay, gestita neintemeno che dalla strega Angelique. Si riapriranno le rivalità di un tempo.

Fermo restando che ormai Burton è una dark shadow dell'autore che era una volta (ed infatti ormai ricorre sempre più di rado a soggetti originali) , la mano registica non l'ha persa ed in questo film emerge più nitidamente rispetto agli ultimi. La prima metà del flm è un divertente pastiche di vampirismo e cultura pop tutto giocato sul divertimento del mash-up postmoderno. Un vampiro ottocentesco che dialoga con un gruppo di hippie fumati non è cosa che si veda frequentemente. Il tono parodico della prima ra po lascia il posto ad un più canonico gotico fiabesco in pieno stile Burton, pur senza sfiorare i fasti di un tempo. La storia in sè è risibile, ma un buon cast e battute ad effetto riescono a tenere desto l'interesse fino al finale, che invece è la aprte più canonica e quindi più noiosa dell'opera. Le scenografie ricalcano lavori passati in un'autocelebrazione che richiama due capisaldi della filmografia Burton-iana: Beetlejuice e Edward mani di forbice. Tuttavia gli ambienti sono pochi e finiscono per risultare ripetitivi dopo un po'. Alcune scene tendono ad assomigliarsi troppo dando l'impressione di una scarsità di inventiva (tutte le scene a tavola ad esempio), anche se potrebbe essere un retaggio della struttura seriale dell'opera originale.
Alla fine l'impressione è di aver visto una divertente cavolata, formalmente impeccabile ed in definitiva superflua. La colonna sonora imbottita di rock anni '70 vale da sè la visione.

Voto: 3/5

-Frankenweenie
USA 2012 - animazione/fantastico /commedia - 87min.

Remake del corto del 1984, stavolta in versione animata: Il giovane Victor perde l'amato cane Sparky, investito da un'auto. Pensa bene di riportarlo in vita con un esperimento a base di energia elettrica. La cosa imcredibilmente funziona e Sparky risorge, ma sorgeranno complicazioni che porteranno ad una proliferazione di mostri.

L'animazione è ancora in stop motion, in piena tradizione Burton-iana. Tutto il film è un'eco dei precedenti lavori del regista, in un autocitaziosimo ad oltranza. La scelta del B/N, come l'originale, confersce una bella atmosfera che omaggia gli horror anni '30, Frankenstein in primis. L'animazione è come sempre ai massimi livelli.
Tuttavia non aggiunge praticamente niente rispetto al mediometraggio originale: certo lo stop motion è sempre gradevole da vedere e la durata dilatata permette di inserire qualche gag in più, ma questo Frankenweenie è un tentativo di ritorno "back to the basics" utile ad accontentare i fans della prima ora.
In quest'ottica l'uso dell'animazione al posto che della live action corre il rischio di risultare un mero accessorio (utile ad attrarre i bambini cresciuti nell'era di Avatar) anzi personalmente la versione in live action era più efficace emotivamente parlando, proprio perchè il cane era vero e ciò aumentava molto l'empatia.  Il corto originale non era realistico nè verosimile, ma proprio la scelta di raccontare quella che, in fondo, è una fiaba, rinunciando alla dimensione del cartoon ed utilizzando il live action è il suo punto di forza, la sua caratteristica, ciò che lo differenzia dalla massa; qui invece Burton si adegua più che mai alla logica imperante della spettacolarizzazione animata, con tanto di battaglia finale tra mostri che è sì operazione citazionista degli sci-fi anni '50, ma è anche e più che mai canonicità hollywoodiana odierna.
Se non si è visto l'originale, comunque, è una visione piacevole e divertente.

Voto: 2,5/5

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